Editoriale di Antonio Boschetti
Il 2020 verrà ricordato senza dubbio come annus horribilis non solo per l’agricoltura, ma per le popolazioni e le economie globali.
Per quanto riguarda l’agricoltura e le attività connesse, alcuni comparti, in particolare quelli legati al turismo (agriturismi) e al mondo dell’horeca (hotellerie-restaurant-café) nazionale e internazionale, come ad esempio la vitivinicoltura, hanno subito a partire dallo scorso marzo danni pesantissimi e la fine di quest’anno, a causa delle restrizioni previste da Governo e Regioni, peggiorerà ulteriormente il conto.
Tuttavia, proprio per rilanciare l’economia agricola, Bruxelles ha deciso di iniettare ingenti risorse finanziarie nei primi due anni (2021-2022) della nuova Pac. Come scrive Ermanno Comegna a pag. 6 de L’Informatore Agrario n. 42/2020, si tratta complessivamente di 1,7 miliardi di euro in più rispetto al primo biennio della precedente programmazione finanziaria (2014-2020). C’è poi da considerare l’impatto dei 35 miliardi del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza che in parte finanzieranno opere normalmente realizzate con i danari destinati allo sviluppo rurale, liberando così ulteriori «energie» per le imprese agricole.
Questa grande quantità di risorse porta in capo alla politica nazionale una grande responsabilità, in passato troppo spesso disattesa.
L’Italia da sempre non brilla per capacità di gestione dei fondi pubblici, ma il forte calo degli investimenti e la crisi economica dell’ultimo periodo rendono questa volta inderogabile uno sforzo di pianificazione intersettoriale e tra ministeri per garantire una concreta ricaduta economica di lungo periodo delle somme destinate dall’Europa al nostro Paese.
Coordinare i progetti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, come la diffusione della banda larga o la gestione sostenibile della risorsa idrica, con gli investimenti sostenuti dai Psr (ad esempio per l’acquisto di macchine e attrezzature di nuova generazione o l’impianto di vigneti e frutteti) potrebbe portare, in virtù delle somme in gioco, a un concreto rilancio dell’agricoltura nazionale.
È richiesta pertanto alla classe dirigente la capacità di individuare le priorità e di perseguirle senza cedere all’abitudine tutta italiana di utilizzare fondi pubblici per «acquistare» consenso nel breve periodo. Per la messa a punto dei progetti ci si aspetta un confronto serrato con le filiere e le rappresentanze agricole individuando obiettivi chiari e misurabili, e tempi di realizzazione certi. Il rispetto delle scadenze imposte da Bruxelles è un altro vulnus del sistema Italia, come dimostrano i costanti ritardi nella spesa dei Psr e dei fondi strutturali, che potrebbe costarci parte della abbondante dotazione economica del biennio 2021-2022.
Al momento non ci sembra di ravvisare un particolare impegno sul fronte dell’analisi delle esigenze delle filiere. Anzi ci lascia perplessi, lo citiamo solo a titolo di esempio, l’intenzione della ministra delle politiche agricole Teresa Bellanova di destinare circa 1,2 miliardi di euro del Recovery Fund all’ammodernamento dei frantoi olivicoli, ipotizzando interventi sulla quasi totalità dei 3.000 impianti presenti in Italia (escluse le 1.500 microimprese). l di là della scarsa probabilità che tutti i frantoiani aderiscano al progetto e necessitino di ammodernarsi, resta il fatto che la produzione di olive nel nostro Paese continua a ridursi, pertanto ci si chiede: quali olive frangeranno i nuovissimi frantoi? Forse questa misura verrà affiancata a breve da un piano di rilancio e aiuti all’olivicoltura?
Vi lascio dandovi appuntamento a gennaio nella speranza che la politica abbia fatto il suo dovere.
Tanti auguri di buon Natale e buon anno a tutti voi e ai vostri affetti.
Antonio Boschetti
direttore de L’Informatore Agrario
Editoriale pubblicato su L’Informatore Agrario n. 42/2020



