
Il settore primario opera in un contesto in vertiginosa evoluzione, stretto tra sfide globali e nazionali. Per fare il punto su priorità e strategie necessarie ad affrontare questo scenario, abbiamo incontrato Cristiano Fini, presidente di Cia – Agricoltori italiani.
Presidente, quali sono le sfide più urgenti per l’agricoltura italiana?
La prima grande sfida è la crisi climatica, che riduce le rese e quindi i redditi agricoli. Il clima estremo divide l’Italia, con eccessi idrici al Nord e siccità al Centro-sud, favorendo anche la diffusione di insetti alieni. Altre sfide urgenti sono la carenza di manodopera, in particolare in settori come ortofrutta, vitivinicoltura e florovivaismo,
e l’eccessivo carico burocratico che richiede una semplificazione degli adempimenti, sia legati alla Pac sia generali.
Qual è la posizione di Cia sui dazi USA e quali strategie propone per tutelare il settore agroalimentare?
La nostra posizione è stata molto chiara fin da subito e la manteniamo: negoziare con l’amministrazione USA per limitare i danni reciproci. Abbiamo sostenuto la minaccia di contro-dazi, ma non la loro applicazione, che riteniamo controproducente. In queste settimane di sospensione (parziale, dato che il 10% dei dazi è operativo), andrà cercata una soluzione a un tavolo di trattative USA-UE in cui l’Italia dovrà avere un ruolo preminente dati i suoi interessi.
Ci spieghi la filosofia della proposta di rimodulare la Pac, di redistribuire i contributi, favorendo le aree interne e fragili.
La filosofia si basa sulla necessità di sostenere maggiormente l’agricoltura nelle aree interne, dove l’attività è più complicata ma fondamentale per la tenuta idrogeologica e sociale del territorio. Per fare questo, in una situazione in cui poche aziende ricevono la maggior parte dei contributi, proponiamo un tetto agli aiuti per le grandi aziende per redistribuirli meglio, favorendo chi opera nelle aree interne del Paese.
Come interpreta la disaffezione verso il sistema assicurativo?
Il sistema assicurativo attuale non soddisfa le aspettative degli agricoltori. AgriCat va riformato perché non fornisce le risposte necessarie. Serve un meccanismo a livello europeo che coinvolga pubbliche amministrazioni, assicurazioni e imprese con un fondo per la gestione delle emergenze, capace di coprire almeno i costi di produzione in caso di eventi estremi. Siamo favorevoli alla discussione a livello europeo su un terzo pilastro della Pac dedicato alla gestione del rischio, poiché garantire la sostenibilità economica delle aziende minacciata dalla crisi climatica è essenziale.
Di fronte alla progressiva limitazione dei fitofarmaci a livello europeo, qual è la posizione di Cia?
Innanzitutto, le regole all’interno dell’Unione europea devono essere uguali per tutti, senza che un Paese tenda a eliminare un principio attivo e un altro no. Dopodiché, c’è un tema di reciprocità con i Paesi extra UE, le regole che valgono per noi devono valere anche per le merci che importiamo. La sostenibilità ambientale e quella economica devono andare avanti di pari passo e per fare questo servono degli strumenti. Uno di questi è dato dalle Tecniche di evoluzione assistita (TEA) che, vorrei sottolinearlo, nulla hanno a che vedere con gli ogm e che permettono di ridurre l’uso di input chimici e idrici. In questa fase di transizione riteniamo necessario prevedere l’utilizzo di
alcune molecole che permettano alle aziende agricole di difendersi da fitopatie o altro.
Ad ora rimane inascoltato l’appello Cia per rimuovere il divieto di produzione delle infiorescenze di canapa.
Continueremo a esprimere il nostro forte dissenso se questo provvedimento dovesse restare in vigore, perché sta affossando tante aziende e lasciando a casa molti operatori, in gran parte giovani. e si ragiona in modo concreto e non ideologico, con l’obiettivo dichiarato di aiutare le imprese, in particolare quelle giovanili, trovarsi poi di fronte a provvedimenti come questo crea un evidente cortocircuito che va rivisto. Insieme alle associazioni canapicole cercheremo ogni strada e rimedio contro questa decisione inaccettabile.