Sul latte si stanno addensano nubi che preoccupano gli allevatori. La questione neanche a dirlo riguarda il prezzo.
In questo semestre di quotazioni alte la produzione europea di latte è aumentata durante l’estate, soprattutto in Germania, Francia, Olanda e Irlanda. Per contro le esportazioni, proprio di questi Paesi, si sono contratte, dopo la svalutazione del dollaro americano voluta da Donald Trump, perché la valuta a stelle strisce è legata a quella di altri Paesi, come il dollaro australiano e neozelandese: due tra i principali importatori internazionali di commodities lattiero-casearie come burro e polveri.
Il latte e i derivati Ue che non partono più per raggiungere mercati internazionali di destinazione si sono quindi riversati sul mercato interno, vale a dire Italia, Grecia e Spagna, portando a un ribasso, tanto repentino quanto rilevante, delle quotazioni del latte spot.
I prodotti lattiero-caseari europei sono oggi i più cari del mondo, non tanto per il prezzo, quanto per una questione valutaria, che non sembra essere all’ordine del giorno delle istituzioni UE a partire dalla BCE.
In Italia
“La produzione di agosto-settembre in Italia è lievemente aumentata soprattutto nelle regioni vocate, ma prevalentemente per motivazioni zootecniche ovvero per l’andamento climatico favorevole e le migliori condizioni di benessere nelle stalle, sempre più provviste di ventilatori e doccette per la climatizzazione e con maggiori superfici a disposizione degli animali – ha dichiarato a L’Informatore Agrario Giovanni Guarneri, presidente Comitato lattiero-caseario di Confcooperative Fedagripesca – pertanto, la disponibilità di latte in inverno dovrebbe riallinearsi”.
“Anche a livello europeo – ha continuato Guarneri – non dobbiamo dimenticare che i vincoli ambientali in Olanda e le difficoltà nel passaggio generazionale in Francia continueranno a pesare sulla capacità di produrre latte”.
Intanto, in Italia alcuni grandi operatori, come ad esempio Galbani (gruppo Lactalis), hanno disdettato il latte con l’impegno a trattare il prezzo a partire da gennaio prossimo.
Bisogna ricordare che Lactalis attraverso i propri marchi in Italia ritira a oggi circa 31 milioni di quintali di latte dei 130 prodotti in Italia, pertanto le decisioni del gigante d’Oltralpe possono condizionare il mercato nazionale.
Lo spunto per cercare di trattare sul prezzo è arrivato sia dalla riduzione della quotazione media europea, legata alle difficoltà di export dei Paesi esportatori, sia alla correzione del prezzo del Grana Padano passato – quello stagionato 9 mesi – da 10,93 euro/kg a 10,53 a fine settembre (Fonte: clal.it).
“Il ritracciamento del prezzo del Grana Padano è dovuto a un eccesso di latte registrato in Italia nei mesi scorsi – ci ha riferito sempre Guarneri – che è stato assorbito dal sistema Grana Padano”.
L’eccesso di latte è legato alle questioni sopra citate ovvero valutarie e zootecniche per quanto concerne il nostro Paese.
“Si tratta però – ha proseguito Guarneri – di un contrazione delle quotazioni legata all’aspettativa, perché il formaggio prodotto oltre gli obiettivi del Piano strategico del Consorzio sarà sul mercato non prima di Pasqua e attualmente le performance di vendita ed export del Grana Padano sono in linea con quelle dei mesi scorsi”.
“Il Consorzio di tutela del Grana Padano sta già cercando di gestire la sovrapproduzione rispetto agli obiettivi del piano strategico e se le misure adottate saranno efficaci – ha concluso Guarneri – a gennaio avremo un prezzo del latte più basso ma l’atterraggio sarà morbido”.



