Import di mais: un costo ormai insostenibile

La terribile annata 2022 ha ovviamente lasciato il segno sul mais italiano: la resa media di granella è scesa dal già modesto valore del 2021 di 10,3 t/ha a 8,3 t/ha, oltretutto con una forte presenza di aflatossine.
L’import per la campagna 2022-2023, di conseguenza, potrebbe aumentare a 7,6 milioni di tonnellate, che significherebbero un valore anche superiore ai 2 miliardi di euro.

È un vero e proprio grido di allarme quello scaturito dagli interventi dei tanti relatori della Giornata del mais organizzata dal CREA – Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali di Bergamo, accomunati da un imperativo: il nostro comparto agricolo, in primis quello agroalimentare, non può permettersi di perdere ulteriori ettari.

«I cali di resa più gravi sono ascrivibili al Veneto e alla Lombardia – ha evidenziato Dario Frisio, economista agrario dell’Università di Milano – rispettivamente del 30 e del 21%. Ma il problema è stato comune anche nel resto dell’UE, tanto che la situazione di dipendenza dall’import assumerà per la prossima annata di commercializzazione rilevanza europea».
Sul fronte italiano – ha evidenziato Frisio – il tasso di autoapprovvigionamento di granella di mais potrebbe arrivare al record negativo del 38%, un valore spaventoso se si pensa che nel 2021, con un tasso del 50%, abbiamo praticamente bruciato il valore dell’export di insaccati e formaggi dop.

In termini economici solo nei primi 10 mesi del 2022 l’import di mais e soia ci è costato circa 3,5 miliardi di euro, una cifra esorbitante.

Cambio di passo lavorando in filiera

Il calo delle superfici a mais nel nostro Paese non è legato solo al timore del cambiamento climatico, che mette a rischio rese e sanità delle produzioni, ma anche all’evoluzione della Pac: «L’introduzione nel 2003 del disaccoppiamento con la riforma Fischler è coinciso con un calo costante delle superfici a mais – ha sottolineato Gabriele Canali, economista agrario dell’Università Cattolica – e le successive modifiche hanno accentuato il problema. Per contenere questa emorragia serve una strategia condivisa da monte a valle che rafforzi le specificità delle nostre filiere zootecniche, realizzabile solo sviluppando contratti di filiera efficaci, ai quali aderiscano sempre più agricoltori».

La sala dell’evento

A queste tematiche ha fatto eco l’intervento di Cesare Soldi, presidente dell’Associazione maiscoltori italiani: «da almeno un decennio la redditività del mais è legata ai pagamenti della Pac, che con la versione entrata in vigore a gennaio penalizza non poco questa coltura.

Per le prossime semine l’innovazione sarà fondamentale, dai biostimolanti all’agricoltura di precisione passando per il biocontrollo. Per aumentare l’adesione ai contratti – ha aggiunto Soldi – è essenziale potenziare la dotazione finanziaria del decreto per la competitività delle filiere».

Il punto su sanità e ricerca

L’emergenza in termini di stress sia abiotici (siccità) sia biotici (funghi e micotossine, in particolare aflatossine) che si è palesata nel 2022 ha pregiudicato sia la quantità sia la qualità della produzione di mais: «I risultati del monitoraggio del contenuto di micotossine in granella condotto dalla Rete Qualità Mais – ha spiegato la coordinatrice Sabrina Locatelli del CREA di Bergamo – ha evidenziato nel 26% dei campioni analizzati un contenuto in aflatossine superiore ai 20 µg/kg (limite per l’impiego mangimistico per le vacche da latte), valore più elevato nell’ultimo decennio, e il 65% con fumonisine maggiori di 4.000 µg/kg».

«Il futuro del mais da granella, quindi, sarà sempre più legato alla vocazione dei territori, alla disponibilità della risorsa idrica e all’agricoltura di precisione» ha affermato durante la tavola rotonda Nicola Pecchioni, direttore del CREA Cerealicoltura e Colture Industriali, «ma la Ricerca non lavora per aumentare direttamente le rese a ettaro. Le linee di ricerca attive – ha aggiunto Amedeo Reyneri, docente dell’Università di Torino – sono indirettamente legate allo scopo di cui sopra e cioè il miglioramento dell’efficienza d’uso dei nutrienti, il ruolo del biocontrollo e dei biostimolanti e le tecnologie innovative per l’irrigazione».

Lorenzo Andreotti