Con la dodicesima edizione, arricchita dal suffisso «Eco», il protocollo di coltivazione Combi Mais conferma che le agrotecniche innovative, se introdotte in modo razionale e tempestivo, sono realmente in grado di mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
Poche colture come il mais hanno risentito negli ultimi anni degli effetti dell’estremizzazione del clima, ma guardando i risultati degli ultimi dieci anni del protocollo, presentati da Mario Vigo lo scorso 29 settembre presso l’Az. agr. Folli di cui è titolare, la differenza di resa in granella con la gestione «convenzionale» si vede chiaramente: 175 q/ha per Combi Mais (media delle maggiori rese) contro i 115 q/ha delle media produttiva lombarda.
«L’approccio produttivo di Combi Mais rappresenta la risposta che l’agricoltura deve fornire per rispondere alle sfide rappresentate dall’instabilità geopolitica da un lato, e dal clima che cambia dall’altro – ha detto Amedeo Reyneri, da sempre responsabile scientifico del progetto.
Un concetto che si sintetizza in due parole: «intensificazione sostenibile».
«La sinergia tra fertilizzazioni organo-minerali, biostimolanti, genetiche innovative come i mais a taglia ridotta, e strategie di difesa mirate hanno fatto la differenza – ha aggiunto Reyneri – soprattutto in termini sanitari. Presenza praticamente nulla di micotossine, in un’annata complicata come quella appena passata, è il vero successo di questo protocollo».
Costi e redditività a confronto
Leonardo Bertolani, responsabile agronomico di Combi Mais, ha fatto il punto sull’annata 2025: «per quanto caratterizzata da precipitazioni abbastanza regolari e favorevoli, ha segnato temperature sopra ogni media storica. Per buona parte del periodo dal 1° giugno al 26 luglio − ha sottolineato Bertolani – le temperature medie sono state superiori ai 30 °C e nella settimana tra 9 e 16 agosto superiori ai 35 °C.
Dal confronto economico tra la coltivazione con il protocollo Combi Mais e quello con una gestione aziendale «convenzionale» si nota che, con una quotazione di 26,5 euro/q, rese sotto alle 13 t/ha di granella pareggiano a malapena i costi, perlomeno con i valori medi validi per l’areale lombardo, mentre produzioni come quelle del protocollo, sane dal punto di vista delle micotossine, ripagano ampiamente gli sforzi (tabella 1) – ha concluso Bertolani.
Di conseguenza investire di più in mezzi tecnici che aumentano concretamente le rese significa restituire redditività a questa coltura».
Mais lombardo verso la dop
Fare del mais lombardo un prodotto a marchio dop è l’obiettivo lanciato dall’assessore regionale all’agricoltura Alessandro Beduschi durante la presentazione dei risultati di Combi Mais. «La Lombardia – ha ricordato Beduschi – produce il 40% del mais e il 50% del latte nazionale.

È nostro dovere dare a questa filiera il giusto riconoscimento e rafforzarne la competitività, in un mercato oggi condizionato dalle importazioni che puntano solo sul prezzo, a scapito della qualità».
Serve l’impegno delle istituzioni
«In un’annata con poche luci e tante ombre – ha concluso Vigo – Combi Mais è riuscito a portare a casa produzione e sanità, senza dimenticare l’impostazione «Eco», che di fatto ha certificato un minore impatto ambientale di tutti i vari processi colturali rispetto alla gestione convenzionale.
Adesso la palla deve passare alle istituzioni; serve infatti anche il loro impegno per salvaguardare il nostro mais».
Lorenzo Andreotti