Vietare l’urea ci costerà più di 1 miliardo di euro

piantina di frumento con granuli di urea sul terreno

Il futuro della produttività agricola italiana è stato al centro di un vivace dibattito organizzato da Federchimica-Assofertilizzanti  per il suo 40° anniversario, tenutosi a Roma all’Auditorium dell’Ara Pacis.
L’incontro, dedicato alla «Valutazione d’impatto dei fertilizzanti azotati e dell’urea nell’agricoltura italiana», ha sollevato forti preoccupazioni riguardo al previsto divieto di utilizzo dell’urea nel bacino padano a partire dal
1° gennaio 2028, come stabilito dal Piano nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 178 del 2 agosto scorso).
L’obiettivo del Piano è allineare l’Italia agli obblighi europei e risolvere le procedure di infrazione pendenti.
Il fulcro della giornata è stata la presentazione dello studio di Nomisma – realizzato con il contributo scientifico di Amedeo Reyneri, docente all’Università di Torino, illustrato da Ersilia Di Tullio, responsabile strategic advisor di Nomisma.
L’analisi si è concentrata sulle colture cerealicole del bacino padano (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), un’area strategica che produce il 43% della produzione agricola nazionale ed è fondamentale per la coltivazione di mais (oltre l’80%), frumento tenero (70%) e riso (quasi la totalità).
Lo studio ha elaborato piani di concimazione e curve di risposta per valutare impatti produttivi, sul suolo, qualitativi e la valorizzazione merceologica. Ha evidenziato che, mentre nel breve termine il suolo manterrebbe una buona fertilità, nel lungo termine la mancanza di reintegrazione dell’azoto porterebbe a un progressivo impoverimento del suolo, con conseguenze molto più sensibili in termini di resa e qualità.

Conto salato per la Pianura Padana

L’urea, insomma, è un elemento essenziale per la fertilità dei terreni e per la resa e la qualità delle colture; sebbene rappresenti solo il 16% del volume totale dei fertilizzanti distribuiti, contribuisce per il 44% all’apporto totale di azoto.
Il suo alto titolo in azoto (46%) le conferisce anche un vantaggio in termini di costi, praticità e logistica, rendendola difficile da sostituire.
In uno scenario di totale assenza di urea – come calcolato da Nomisma – il valore totale della produzione in Pianura Padana crollerebbe del 45% (perdita di 1,18 miliardi di euro) mentre, in caso di totale assenza di fertilizzazione azotata, la contrazione sarebbe del 71% (perdita di 1,85 miliardi di euro).
Una vera débâcle, se si considera che l’attuale valore complessivo delle colture cerealicole in Pianura Padana si attesta a 2,6 miliardi di euro.
L’analisi di Nomisma ha contestualizzato il dibattito ambientale, evidenziando che l’agricoltura italiana è già su un percorso virtuoso.
Negli ultimi vent’anni l’uso complessivo di fertilizzanti in Italia è diminuito del 26%, con la fertilizzazione minerale in calo del 48% a favore dell’organica. Il contributo dell’urea alle emissioni è minimo: solo lo 0,1% delle emissioni totali e l’1,3% di quelle agricole. Inoltre, l’Italia è già al di sotto degli obiettivi di riduzione delle emissioni di ammoniaca fissati per il 2030.

Produttori e industriali concordi

Il presidente di Nomisma Paolo De Castro e i rappresentanti delle organizzazioni agricole (il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, il vicepresidente di Confagricoltura Giordano Emo Capodilista e il vicepresidente di Cia Agricoltori Stefano Francia) sono stati ampiamente concordi: un divieto dell’urea senza una chiara strategia di sostituzione e adattamento del sistema comprometterebbe significativamente la sostenibilità economica e la produttività. Pertanto, c’è bisogno di soluzioni che siano valide sia dal punto di vista tecnico che economico.

da sin.: Amedeo Reyneri, Paolo De Castro, Paolo Girelli, Giordano Emo Capodilista, Stefano Francia, Ettore Prandini
Un momento della Tavola Rotonda. Da sinistra: Amedeo Reyneri, Paolo De Castro, Paolo Girelli, Giordano Emo Capodilista, Stefano Francia, Ettore Prandini

Il presidente di Assofertilizzanti Paolo Girelli ha sottolineato che l’urea è fondamentale non solo per l’agricoltura, ma anche come materia prima essenziale per l’industria italiana dei fertilizzanti. «Anche per questo motivo – ha detto Girelli – un divieto generalizzato non è giustificabile. L’industria ha già sviluppato soluzioni estremamente innovative con un impatto ambientale ridotto e una maggiore efficienza per unità fertilizzante distribuita. Le soluzioni esistono – ha concluso Girelli – e per questo è cruciale avviare una discussione onesta, aperta e costruttiva con gli organismi che dovranno trasformare questo provvedimento in norme regolatorie».

Gabriele Erba