Tante opportunità dal decreto Biometano

Torretta Federico

C’è tempo fino al 30 giugno 2026. Entro quella data, infatti, solo gli impianti biogas riconvertiti a biometano o quelli di nuova realizzazione che saranno entrati in funzione potranno beneficiare degli incentivi previsti dal decreto Biometano: un contributo in conto capitale fino al 40% delle spese ammissibili per l’investimento sostenuto e una tariffa incentivante applicata alla produzione netta di biometano immesso in rete per un periodo di 15 anni.

I requisiti introdotti per beneficiare degli incentivi, oltre all’entrata in esercizio degli impianti entro il 30 giugno 2026, prevedono che il biometano prodotto e destinato ai trasporti riduca le emissioni di gas serra di almeno il 65%, mentre quello destinato ad altri usi deve raggiungere una riduzione di almeno l’80%. Infine, la produzione deve prevedere l’esclusivo utilizzo di specifiche biomasse di origine agricola e agroindustriale indicate dal decreto.

A pochi mesi dalla scadenza prevista, possiamo stilare un primo bilancio in grado di consegnarci una fotografia, seppur non definitiva, di come il mondo agrozootecnico ha accolto questa opportunità che riguarda sia gli impianti a biometano di nuova realizzazione sia quelli a biogas esistenti che si intende riconvertire. Lo facciamo con Federico Torretta, direttore generale di Sebigas, un’azienda italiana nata nel 2008, specializzata nella progettazione e costruzione di impianti per la produzione di biogas e biometano.

Torretta, come sta procedendo la conversione di impianti a biogas verso il biometano a pochi mesi dalla scadenza degli incentivi? Direi abbastanza bene. Grazie al decreto Biometano l’Italia ha visto un’accelerazione significativa. Sul territorio italiano si stimano 200-250 impianti in realizzazione, di cui il 60% circa destinati alla riconversione di impianti esistenti, un segmento che per la nostra azienda è strategico. Come Sebigas, infatti, stiamo gestendo una decina di progetti di riconversione commissionati da clienti di vecchia data ma anche di nuova acquisizione.

Quali sono le aree geografiche dove si concentrano gli impianti di nuova realizzazione e qualè la tipologia più richiesta? In prevalenza si tratta di impianti agricoli. La maggior parte delle nuove costruzioni si trova nel Centro Sud, e più in particolare in Campania, Puglia, Lazio, Basilicata e Sicilia; d’altronde sono aree geografiche con ampia disponibilità di biomasse e pochissimi impianti costruiti in passato. Lombardia ed Emilia-Romagna, spostandoci al Nord, sono le regioni che registrano un significativo incremento di nuovi impianti.

Si tratta prevalentemente di impianti singoli o consortili? Il decreto offre spunti interessanti per la creazione di consorzi ma per il momento, in Italia, parliamo di impianti singoli. In una prospettiva di medio-lungo periodo però il mercato potrebbe sfruttare le potenzialità offerte dalla creazione di impianti consortili attraverso percorsi virtuosi che valorizzino maggiormente il digestato ottenuto dalle biomasse. Un esempio, pur con le dovute differenze geografiche, arriva dalla Danimarca dove sono stati costruiti grandi impianti presso i quali vengono conferite tutte le biomasse della zona circostante: si stima che entro il 2030 il gas immesso in rete sarà 100% green. Le potenzialità per creare dei consorzi esistono, ma possono avere un valore significativo se diventano un punto di riferimento e raccolta di tutti i residui zootecnici.

Qual è la tecnologia che Sebigas utilizza nel processo di purificazione del biogas? Attualmente la tecnologia più utilizzata anche a livello europeo è quella cosiddetta a membrane: un sistema a tre stadi che garantisce massima affidabilità e giusto compromesso tra costi di investimento e operativi. In funzione del tipo di cliente e applicazione, potrebbe però essere necessario ricorrere ad altre tecnologie.

Quali sono le potenzialità del settore e quali le criticità da superare? Le potenzialità sono tante, soprattutto in termini di contributo alla decarbonizzazione e alla possibilità di sfruttare i benefici del digestato. Purtroppo, la filiera di approvvigionamento biomasse e la gestione del digestato attualmente non godono della meritata attenzione nella fase di sviluppo delle iniziative. Inoltre, le lentezze burocratiche legate alle autorizzazioni e una certa rigidità da parte degli istituti finanziari per la concessione del credito non permettono al settore di esprimere numeri ancora più rilevanti.

Il decreto Biometano ha messo sul campo più di 500 opportunità, ma probabilmente solo la metà verrà costruita. Inoltre, il nostro Paese conta qualcosa come 2.000 impianti in cogenerazione realizzati a partire dagli anni 2010-2012 e proprio per questo sono ormai alla fine della tariffa incentivante: l’auspicio è che dopo il 30 giugno 2026 venga introdotto un ulteriore decreto che estenda l’incentivo alla conversione da biogas a biometano, dando continuità a un settore che ha ancora tanto da offrire al territorio italiano.

di Anna Mossini