Negli ultimi decenni sono state introdotte diverse definizioni di agricoltura per indicare approcci gestionali alternativi alla pratica convenzionale. L’obiettivo comune è migliorare sostenibilità e redditività, rispondendo a sfide come aumento dei costi dei mezzi tecnici, tutela ambientale e innovazione tecnologica. Oggi coesistono modelli apparentemente incompatibili – biologica, di precisione, digitale, conservativa e rigenerativa – che hanno influenzato ricerca, sviluppo di macchine e strategie aziendali. L’imprenditore agricolo deve orientarsi tra soluzioni molto diversificate, alcune complementari, altre in contrasto, evitando approcci ideologici e improvvisazioni.
Agricoltura di precisione
Nata negli anni 80, punta a interventi agronomici differenziati in base alle condizioni del campo. Si fonda su tecnologie come sistemi di posizionamento, pesatura e distribuzione a dose variabile. Ha suscitato interesse per l’alto contenuto tecnologico, ma la scarsa attenzione iniziale agli aspetti agronomici ne ha rallentato la diffusione.
Oggi l’integrazione hardware/software è cruciale: le macchine sono diventate centri di raccolta dati, con sensori e display interattivi, richiedendo elevata professionalità. La gestione delle informazioni è sempre più supportata da software dedicati per individuare aree da trattare in modo mirato.
Agricoltura digitale
È la forma più recente e trasversale, basata sulla condivisione rapida di dati tra applicativi per interventi mirati alle esigenze della pianta. Non si limita alla meccanizzazione, ma coinvolge infrastrutture extra-aziendali come sistemi cloud, interconnessione macchina/server e piattaforme di analisi. L’obiettivo è semplificare la gestione di grandi quantità di dati e trasformarli in decisioni operative, rendendo l’agricoltura più reattiva e integrata.

Agricoltura biologica
Unica regolamentata per legge, si fonda sull’eliminazione di mezzi tecnici di sintesi e sul rispetto delle risorse ambientali. La fertilità del suolo è centrale, con pratiche come sovescio e fertilizzanti organici. Tuttavia, la riduzione delle lavorazioni resta complessa, influenzando la meccanizzazione e richiedendo interventi indiretti per contenere infestanti e migliorare la struttura del terreno.
Agricoltura conservativa
Propone di ridurre l’intensità delle lavorazioni per preservare la fertilità del suolo, contrastando fenomeni come compattamento e perdita di carbonio organico. Dalla semina su sodo si è passati a soluzioni più versatili, integrate con colture intercalari per aumentare sostanza organica e contenere infestanti. La varietà di macchine disponibili ha generato disorientamento, evidenziando che la conservazione richiede un approccio organico all’intero processo produttivo, non solo alla lavorazione del terreno.
Agricoltura rigenerativa
Evoluzione della conservativa, mira a ripristinare la fertilità del suolo e incrementare il carbonio organico, contribuendo al sequestro di gas serra. Non pone vincoli rigidi, consentendo l’uso di tecniche e strumenti diversi, ma rischia di focalizzarsi solo sul suolo, trascurando altre risorse fondamentali come acqua e aria. La rigenerazione è un processo complesso e di lungo periodo, che richiede colture intercalari e strategie integrate.

Cosa accadrà nella pratica
Nessuna forma ha coinvolto tutte le aziende, creando frammentazione gestionale. Per il futuro serve un approccio integrato, capace di combinare tecnologia e conoscenze agronomiche, adattato alla realtà aziendale. Solo così sarà possibile garantire redditività e sostenibilità, evitando ideologie e improvvisazioni. Le soluzioni digitali possono accelerare la comprensione delle condizioni di campo, ma non devono far perdere di vista il ruolo delle risorse naturali. L’agricoltura del futuro dovrà essere unica nella sua capacità di integrare esperienze e strumenti, calibrata sulla struttura produttiva e sulla capacità di investimento di ogni azienda.
Tratto dall’articolo pubblicato su MAD n. 6/2025
Quale agricoltura per il futuro?
di M. Bertocco
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