Da marzo del 2021 Simone Nardin, 44 anni, ricopre il ruolo di amministratore delegato della John Deere Italiana. Originario di Latina, è un prodotto della «cantera» giallo-verde; entrò, infatti, nella squadra del Cervo nel giugno 2008 come dimostratore per le macchine da raccolta, un lavoro svolto per due anni. Successivamente è stato product line manager, territory manager, si è poi occupato di marketing, di service e training.
Il numero uno della filiale italiana proviene da una famiglia di agricoltori e il suo cognome riflette le origini venete; i suoi avi, infatti, negli anni 30 del secolo scorso si stabilirono nell’Agro Pontino come molti altri agricoltori di quella regione italiana.
Lo abbiamo incontrato, per l’intervista che segue, nel suo ufficio a Cassina de’ Pecchi (Milano) dove John Deere Italiana ha la sua sede all’interno della quale lavorano 27 persone.
Simone Nardin cosa è successo negli ultimi cinque anni nel mondo dell’agricoltura?
Nel nostro mondo siamo sempre stati abituati a dover fare fronte a ciclicità del business ma negli ultimi anni si sono aggiunti anche elementi di incertezza come la pandemia e lo scoppio di conflitti molto vicini a noi e che influenzano gli andamenti dei mercati senza dimenticare i repentini cambiamenti del clima. In questo scenario abbiamo dovuto necessariamente accelerare la nostra capacità di adattamento sia a livello di produzione, sia nel settore della distribuzione delle macchine agricole. Tutto questo tenendo conto anche della gestione dei contributi, prima con l’iper-ammortamento e successivamente il Credito d’imposta 4.0 che, assieme agli eventi precedenti, hanno creato delle notevoli fibrillazioni delle vendite.
Qual è stato il dato dei ricavi della John Deere Italiana nel 2023- 2024?
Il nostro anno fiscale si apre il 1° di novembre e si chiude il 31 ottobre dell’anno successivo. Negli ultimi tre anni abbiamo toccato il livello di fatturato record di circa 300 milioni di euro nel 2023 per poi assestarci a circa 200 milioni nel 2024 (anno in cui alle spedizioni e al fatturato abbiamo preferito la salvaguardia della rete distributiva). Sui nostri ricavi il comparto Turf (giardinaggio e golf) ) incide per il 10-15% mentre l’agricoltura, assieme ai ricambi, genera il restante 85% del fatturato.
Qual è stata la tendenza nei primi mesi dell’attuale stagione?
Noi monitoriamo le condizioni di mercato, e le classifichiamo in «normale per le condizioni di business» alla quale assegniamo un indice 100%, «extra ordinario» con indice tra 100 e 120% oppure «sfidante» quando l’indice del business oscilla tra l’80 e il 100%. Se facciamo il bilancio degli ultimi 4 anni siamo sempre stati oltre il livello normale, ad esclusione del 2024, quando abbiamo ceduto, per i trattori, il 2,7% di quota di mercato. Ma c’è una motivazione, abbiamo iniziato il 2024 con il tema dell’incertezza e uscivamo da anni extra ordinari (dal 2018 al 2023 lo share ha sempre oscillato tra l’8,8% e il 9,9% e tra la seconda e la terza posizione nella classifica di vendita dei trattori nel nostro Paese). Ci aspettavamo quindi un anno difficile, quello che è stato fatto a dicembre 2023 e gennaio 2024 è stata chiaramente un’azione di protezione della rete, e noi a fronte di un’incertezza abbiamo limitato in maniera importante gli ordini nonostante i concessionari avessero una visione ottimistica.
Nel 2013 avevate annunciato la strategia di distribuzione basata sul «Concessionario del futuro», un concetto rafforzato nel 2019.
Sì, ad Agritechnica 2019 ci fu un summit con tutti i dealer della Regione 2 (Europa e Paesi CIS) durante il quale ribadimmo il concetto, già espresso nel 2010, accelerando con il Concessionario di Domani. Un incontro durante il quale spiegammo che per far fronte alle sfide imminenti avremmo avuto bisogno di sviluppare aziende in grado di sostenere investimenti in persone e competenze perché eravamo convinti e lo siamo tuttora che il mercato non si basa solo sulle vendite ma va nella direzione dei servizi, della tecnologia e della consulenza.
Era passata l’informazione della necessità di avere dealer con minimi di fatturato, a regime, prima di 25 e successivamente nel 2019 addirittura di 100 milioni di euro.
Non abbiamo mai messo davanti ai nostri concessionari un numero fisso, tant’è vero che oggi, come dimostra la realtà italiana, siamo consapevoli che questo concetto non è applicabile su tutto il territorio; quello che conta al di là delle dimensioni e del fatturato è la «Customer success», il successo del cliente finale.
Avete però corretto la vostra strategia strada facendo, almeno per quanto riguarda il nostro Paese dalla dichiarazione del 2019.
Molto apertamente, nel 2019 è stato detto a tutti i nostri concessionari che John Deere tiene in considerazione le tendenze, l’evoluzione del mercato, e abbiamo chiesto di dirci come pensavano di affrontare queste sfide. Non abbiamo dato numeri, non abbiamo dato limiti, nessun parametro, il dato di 25 milioni di euro era di 20 anni fa, quello di 100 milioni euro era invece del 2019. Era di 100 milioni di euro ma chiaramente nelle realtà in cui sarebbe stato possibile raggiungerlo e anche in Italia qualcuno lo ha raggiunto.
Siete un marchio che «trasuda» tecnologia, ma com’è il rapporto tra i clienti finali e tutti questi nuovi sistemi? È vero che sono poco usati?
Quando oggi parliamo di tecnologia ci riferiamo a quella che il cliente ha installata sulle proprie macchine e a quella a disposizione del concessionario per agire proattivamente nei confronti del cliente finale. Oggi di- stinguiamo due parametri che sono: l’adozione della tecnologia, anche accelerata dagli incentivi degli ultimi anni e il reale utilizzo della stessa che cresce se il cliente percepisce il valore di quanto ha a bordo e in ufficio. Attualmente stiamo lavorando su quest’ultimo punto e cioè cerchiamo di aumentare la percentuale dei clienti che usano la tecnologia John Deere. Abbiamo diviso in categorie i nostri clienti: c’è un 25% che non usa alcun tipo di tecnologia e c’è poi un 75% suddiviso tra neofiti (quelli che sono al livello base, ad esempio solo con una guida satellitare, come una ventina di anni fa), intermedi, avanzati ed esperti. Si tratta di una classificazione basata su diversi parametri di utilizzo delle macchine o, per esempio, relativi alla frequenza di interscambio dati con il John Deere Operations Center. Quello che sappiamo come dato medio nazionale è che di quel 75% che usa la nostra tecnologia ancora più del 50% è legato alle prime due categorie con funzionalità quindi basiche come la guida satellitare o al massimo il controllo delle sezioni di una barra da diserbo o di uno spandiconcime. Il nostro obiettivo è quello di spostare sempre più clienti nel mondo dell’utilizzo e poi spostare gli altri oggi nelle fasce iniziali verso le fasce avanzata ed esperta.
Tratto dall’articolo pubblicato su MAD Macchine Agricole Domani n. 7-8/2025
Nardin: “obiettivo primario il successo dei clienti”
di M. Limina
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