Le quotazioni da record non aiutano il mais italiano

Basta cercare sul dizionario i termini «congiunturale» e «strutturale» per rendersi conto che quello che sta succedendo sui mercati dei cereali è un momento storico caratterizzato da avvenimenti particolari, una congiuntura appunto, destinato a risolversi in un periodo temporale circoscritto, mentre il termine strutturale in economia ha significato contrario.

Di conseguenza, l’aumento dei prezzi del mais di queste ultime settimane è congiunturale, mentre il calo delle superfici, che continua da diversi anni, è strutturale, cioè una vera e propria emergenza.

«Il vero argomento su cui dibattere oggi non è il mais a 410 euro/t, che peraltro una sparuta minoranza di agricoltori è riuscito a spuntare, ma l’estrema volatilità dei prezzi sul medio periodo e il fatto che il punto di pareggio per questa coltura, con l’aumento del costo dei mezzi tecnici, è passato da 185 euro/t di un anno fa agli attuali 240 euro/t. Senza contare i costi per l’essiccazione, che in pochi mesi sono cresciuti del 75%».

Cinque punti per rilanciare il mais

Per Cesare Soldi, agricoltore e presidente dell’Associazione maiscoltori italiani (Ami), il nocciolo del problema è che in questi anni nulla di concreto si è fatto per rilanciare la coltura del mais e in questo momento è inutile fare allarmismi, ma è fondamentale attivare nel più breve tempo le proposte che sono già state presentate al Ministero: «Sono 5 punti, alcuni dei quali mutuati dal Piano maidicolo stilato nel 2019.

Cesare Soldi

Il primo è la richiesta dell’aiuto accoppiato al mais subordinandolo all’adesione del contratto di filiera, sappiamo bene quanto l’eliminazione di questo aiuto abbia influito sul calo delle superfici in questi anni.

Il secondo è l’aumento della dotazione finanziaria per i contratti di filiera (l’attuale plafond del Fondo per la competitività delle filiere è di 6 milioni di euro per il mais) con l’eliminazione del vincolo dei 50 ha e dei pagamenti de minimis (cioè il limite dell’importo massimo di 25.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari).

Il terzo punto prevede di liberare le superfici a EFA e greening già con l’attuale regime Pac; il quarto è rivedere le accise e l’Iva sui mezzi tecnici, gasolio in primis (con il decreto legge del 20 marzo è stata decisa, ma solo per i prossimi 30 giorni, la riduzione delle accise sulla benzina e sul gasolio impiegato come carburante per autotrazione pari a 25 centesimi di euro al litro) e il quinto e ultimo punto è la richiesta di revisione ai limiti delle micotossine, oggi troppo stringenti».

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 11/2022
I prezzi elevati non aiutano il mais italiano
di L. Andreotti
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