Chitosani e ozono: consigli e modalità d’uso in cantina

Igiene cantina

Il controllo microbiologico in cantina, inteso come contrasto a microrganismi alterativi della qualità del vino, è problema antico, ma di straordinaria attualità. Il rinnovamento delle cantine italiane a cavallo degli anni Duemila e il progresso nelle competenze tecniche sembravano aver messo da parte molte «malattie del vino» combattute da generazioni di enologi.
Oggi ci troviamo a dover affrontare nuovamente alcune di queste problematiche e nuove difficoltà legate al mutare delle condizioni agro-climatiche e alle richieste dei consumatori.

Alcuni degli strumenti impiegati in passato non sono più accettabili per le produzioni enologiche di qualità, come i trattamenti di pastorizzazione. Altri strumenti rivelano nelle condizioni attuali una modesta efficacia, come nel caso dell’anidride solforosa, o risultano sconvenienti all’impiego per la scarsa accettabilità da parte dei consumatori, si pensi al lisozima o ad altri preservativi con potenziali rischi per persone sensibili. Fortunatamente nuove tecnologie sono a disposizione degli enologi per contrastare problematiche emergenti sia riguardo al controllo microbiologico nei vini sia per la sanificazione degli impianti e delle cantine.

I chitosani

In enologia i chitosani sono utilizzati da anni come agenti chiarificanti, come antiossidanti e chelanti verso i metalli pesanti. Più recentemente osservazioni empiriche ne hanno dimostrato la spiccata attività antimicrobica nelle condizioni enologiche, utile a contrastare i microrganismi alterativi tra cui Brettanomyces bruxellensis.

L’Organizzazione internazionale della vite e del vino ha autorizzato all’impiego nel vino solo i chitosani di origine fungina, principalmente ricavati da A. niger.  In enologia i chitosani trovano oggi principale applicazione nel contrasto a Brettanomyces bruxellensis durante le fasi post-fermentative.
Si suggerisce di aggiungere il polimero alla massa di vino contaminata con un’accurata dispersione e travasare, separando il residuo contenente cellule e chitosani, dopo 7-10 giorni.

Non vi è evidenza che un trattamento prolungato danneggi il vino, ma è stato osservato che i chitosani separano efficacemente le cellule dal vino senza tuttavia inattivarle completamente se la contaminazione è molto elevata.
Soste lunghe potrebbero portare a una nuova contaminazione del vino:  nel test privo di agitazione i chitosani tendono a depositarsi sul fondo del contenitore, lasciando spazio allo sviluppo delle cellule superstiti nel mezzo di coltura. Dunque i chitosani ben si prestano a un contrasto a contaminazioni da parte di Brettanomyces non eccessivamente alte.

L’Ozono

L’ozono è una forma triatomica, instabile, dell’ossigeno. Tende a degradarsi liberando ossigeno nella forma nativa e forme radicaliche che reagendo con componenti essenziali della cellula, come le molecole cicliche e i doppi legami, causano danni irreparabili e dunque la morte dei microrganismi.

Come tutti i sanificanti basati sull’azione ossidante, l’ozono tende a degradarsi a contatto con la sostanza organica e dunque le superfici da trattare devono essere ben pulite. Prima di tutto la superficie da trattare deve essere ben pulita da residui organici e devono essere eliminati i residui di tartrati che potrebbero proteggere i microrganismi.
Nel caso si intenda usare ozono gassoso sarà opportuno asciugare anche le superfici dato che un film d’acqua superficiale potrebbe ostacolare il contatto dell’ozono con i microrganismi. Se si intende invece utilizzare ozono sciolto in acqua è necessario raffreddare bene il serbatoio per aumentare la quantità di gas che può sciogliersi e verificare la curva di accumulo di ozono nell’acqua che dovrà prima ossidare la sostanza organica presente nel fluido.
Il trattamento delle superfici, solitamente di vasi vinari, dovrà essere protratto per un tempo adeguato, in funzione della contaminazione microbica e solitamente nell’ordine di alcune decine di minuti.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 3/2020
Chitosani e ozono consigli e modalità d’uso in cantina
di R. Guzzon
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