Marketing del vino, come approcciarsi ai turisti USA

Vecchio e Nuovo mondo: un approccio diverso rispetto al prodotto

È risaputo tra gli addetti ai lavori che tra il Vecchio e il Nuovo Mondo del vino ci sono sostanziali differenze nell’approccio al marketing. Nel Vecchio Mondo, e quindi di Italia, Francia e Spagna, per citare i principali Paesi produttori, il marketing si focalizza soprattutto sul prodotto. Per dirla in parole povere, “faccio questo vino e cerco di trovare i mercati adatti”.

Nel Nuovo Mondo si parte invece dal consumatore nella propria strategia di marketing, e quindi ci si chiede anzitutto: “che cosa vuole il consumatore?” Il caso di Yellow Tail, il vino australiano lanciato negli Stati Uniti da Casella Wines all’inizio del millennio ne è probabilmente l’esempio più emblematico e di successo.

La cantina come luogo di esperienze, come spazio di aggregazione

Quello che si offre in California, andando in cantina, non è il prodotto, ma l’esperienza. Non si fa didattica, spiegando i processi di produzione, si fa intrattenimento. Ed è un’esperienza sfaccettata: c’è il museo, ci può essere il tour della cantina, c’è la degustazione più o meno approfondita, più o meno erudita, ma c’è soprattutto la cantina come luogo dove passare qualche ora, ovviamente accompagnandola col vino. E i produttori californiani hanno trasformato una necessità – l’impossibilità di offrire cibo, salvo chi ha permessi particolari – in una virtù: così al di là del punto vendita con una selezione di formaggi e di salumi già affettati che, onestamente, ricorda un po’ l’offerta di un supermercato con le sottilette, coinvolgono altre imprese con food truck, ma, soprattutto permettono ai visitatori di portarsi il cibo da casa: a volte ci mettono anche il barbecue, e in ogni caso ci sono tavoli e ombrelloni. L’abbinamento che noi consideriamo essenziale passa in secondo piano. Uno scandalo, penseranno alcuni.

La cantina diventa addirittura uno spazio per le famiglie, con tanto di giornate e spazi – labirinti, giochi – dedicati. In un Paese in cui già dagli anni Ottanta il luogo di incontro non era la piazza ma lo shopping mall, il centro commerciale – direzione verso cui sembra purtroppo puntare anche l’Italia – la cantina diventa luogo di aggregazione, e il vino come sempre fa da facilitatore.

Che lezione si può trarre da questi esempi? Innanzitutto, è bene capire che un enoturista straniero, soprattutto se viene dal nuovo mondo, ha un’idea diversa della visita in cantina, e di conseguenza saranno differenti le sue aspettative. Il che non vuol dire che ci si debba adeguare, ma ci aiuta ad avere maggiore consapevolezza di quanto si sta offrendo, per valorizzare quanto facciamo già. Inoltre, possiamo prendere spunto anche in Italia da questo accento dato alle esperienze, prima ancora che al vino.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 1/2020
Marketing, come approcciarsi ai turisti Usa
di  S.G. Scarso
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