Ortofrutticoltori italiani di fronte a nuove sfide

radicchio Treviso tardivo

L’eccessiva piovosità della tarda primavera, il mercato in continua evoluzione, le mobili e flebili dinamiche che regolano i prezzi, sono solo alcuni degli argomenti affrontati con Cesare Bellò, presidente di Italì, filiale commerciale controllata da Opo Veneto, veterano ed esperto del settore ortofrutticolo. Andiamo ad approfondire meglio.

Quali sono i nuovi mercati verso i quali si sta muovendo il settore ortofrutticolo?

Secondo un’analisi presentata nell’ambito di Fruit Logistica a Berlino, nel 2030 l’Asia e l’Oceania copriranno circa il 56% dei consumi mondiali di ortofrutta, diventando la principale arena competitiva mondiale e, quindi, un importante opportunità per le produzioni venete e italiane che saranno in grado di sostenere il mantenimento e il trasporto della merce a tali distanze. Parallelamente, per le produzioni orticole (spesso a rischio deperibilità) il mercato dell’Unione Europea rappresenta sicuramente una importante opportunità se concepito in un’ottica nuova, ovvero se iniziamo a considerare l’intera area come il nuovo «mercato nazionale».

Attualmente esso copre circa il 21% del consumo di ortofrutta mondiale. La libera circolazione delle merci, unita alle direttive e regolamenti comunemente condivisi dagli Stati membri, hanno creato una situazione di apertura che invita gli agricoltori a considerare l’intero continente come un solo mercato di sbocco che risponde alle stesse regole e alle medesime richieste. La prospettiva è quella che il mercato ortofrutticolo europeo si consolidi notevolmente nei prossimi anni, senza alcuna esclusione di area, spaziando da Nord a Sud, da Est a Ovest. Il margine è notevole e la prospettiva allettante.

Quali sono le sfide da affrontare?

Siamo reduci da una stagione agraria che ha visto una perdita del 75-80% delle ciliegie precoci coltivate in Italia, incidente dovuto alle piogge che hanno segnato in maniera eccessiva la stagione primaverile, con un impatto negativo generale sulla normale evoluzione dei trapianti e delle semine. Le stagionalità «tradizionalmente» conosciute dagli agricoltori stanno cambiando faccia, evolvendo verso una nuova dimensione difficilmente prevedibile. Le aziende produttive dovranno avere la capacità di adattarsi al cambiamento climatico in atto, pena la perdita della merce e del reddito. Questo vale per le ciliegie, tanto quanto per il resto dell’ortofrutta a campo aperto. La sfida sarà quella di ovviare alle vicende dettate dal meteo per riuscire, mediante la tecnologia e l’innovazione, a mantenere gli standard produttivi.

L’altra sfida è quella della sostenibilità che potrà essere affrontata sperimentando metodi di coltura finalizzati alla tutela o al ripristino della biodiversità, abbinate a politiche di riduzione nell’uso degli agrofarmaci, e, parallelamente, studiando nuove confezioni per i prodotti, nella consapevolezza che tra le determinanti delle scelte di consumo di generi ortofrutticoli c’è anche l’aspetto legato alla biodegradabilità delle confezioni.

Opo Veneto ha pertanto avviato il progetto Biofuture, finalizzato alla valorizzazione di produzioni ortofrutticole tipiche venete attraverso la messa a punto di modelli produttivi in grado di mantenere e incrementare la biodiversità in ambienti caratteristici. Il progetto è stato finanziato nell’ambito della Misura 16 «Cooperazione» del Programma di sviluppo regionale del Veneto 2024-2020. Biofuture ha l’obiettivo di dare avvio a un modello produttivo che, applicando buone pratiche agricolo-ambientali, sia in grado di conservare la biodiversità negli agro–ecosistemi e sia capace di garantire uno sviluppo economicamente sostenibile delle produzioni ortofrutticole.

Una ulteriore criticità è espressa dalla difficile gestione di domanda e offerta. Mancando una vera e propria aggregazione tra le 300 organizzazioni di produttori presenti in Italia (che controllano circa il 50% della produzione ortofrutticola) si generano spesso situazioni di eccesso di offerta che fanno crollare i prezzi. Un regime controllato del paniere commerciale, nonché un presidio bilanciato delle produzioni italiane (attraverso un catasto ortofrutticolo nazionale), consentirebbero di regolare la produzione, garantendo una costante fornitura, a un prezzo idoneo a remunerare il lavoro dei produttori.

Il consumatore sta diventando sempre più esigente, quali risposte devono dare i produttori ortofrutticoli?

È elemento ormai noto che i giovani siano il target di mercato più attento alla sostenibilità ambientale delle coltivazioni. Un atteggiamento che si sta diffondendo a macchia d’olio trasversalmente alle diverse generazioni, imponendo un nuovo trend di coltivazione. Infatti, alla richiesta di acquistare alimenti salubri, oggi si aggiunge una ulteriore istanza che riguarda il rispetto dell’ambiente nella gestione delle pratiche agronomiche. Agli agricoltori viene chiesto di coltivare in modo meno impattante e più rispettoso del suolo.

Le aziende che sapranno fare proprie le buone pratiche agronomiche e ambientali, otterranno un plus sul mercato. Il biologico risponde parzialmente a questa richiesta del consumatore, in quanto garantisce che il prodotto è stato coltivato senza agrofarmaci o additivi chimici. Ciò nonostante, anche l’agricoltura biologica viene sollecitata a migliorare, dimostrando di sapersi prendere cura anche dell’ambiente (oltre che del prodotto). Il Centro-Nord Europa sta procedendo a passo spedito verso questa direzione, dotando il sistema ortofrutta con un marchio di sostenibilità ambientale. Sono convinto che l’Italia dovrebbe seguire questo percorso di certificazione, assecondando, così facendo, sia il mercato sia le linee guida dettate da Bruxelles.

L’ortofrutta italiana rappresenta un settore particolare, particolarmente suscettibile agli agenti esterni e in continua evoluzione. Ciò implica la forte necessità di raggiungere un mercato di nicchia che cioè consenta di posizionare i prodotti tra le specialities, abbandonando definitivamente l’ambito commodities.

Ilenia Cescon