POLITICA
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La suinicoltura italiana a rischio serrata |
Appuntamento al mipaaf il 28 maggio.
Se non ci saranno schiarite sul fronte dei prezzi pagati agli allevatori si
bloccherà la filiera dei salumi dop.
Da alcune settimane gli allevatori, in segno di protesta contro i bassi
prezzi dei suini nazionali inseriti nel circuito dei Consorzi di Parma e San
Daniele, hanno dato vita, con il sostegno delle organizzazioni agricole
nazionali Cia, Coldiretti e Confagricoltura, al cosiddetto «sciopero del
prosciutto» che consiste nel consegnare i suini privi della certificazione
dop.
I certificati intermedi relativi agli animali sono stati, infatti,
consegnati alle Apa che si sono rese disponibili a raccoglierli rilasciando
una ricevuta. Ogni Apa ha poi trasmesso ad Anas il numero di suinicoltori
che hanno aderito, con il totale delle loro produzioni annuali di suinetti e
di suini grassi.
Con questa protesta gli allevatori hanno inteso attirare l’attenzione delle
istituzioni e dei consumatori sul fatto che il prodotto di qualità viene
retribuito meno di quello anonimo di importazione. E uno dei primi temi che
verrà posto all’attenzione del nuovo ministro Luca Zaia sarà certamente la
grave e preoccupante crisi del comparto suinicolo: l’incontro al Ministero
con tutta la filiera suinicola è già stato fissato per il 28 maggio.
La protesta ha riscosso sempre più adesioni da parte degli allevatori, segno
del disagio crescente. All’ultimo appuntamento, tenutosi il 20 maggio a
Reggio Emilia, sono stati consegnati al Comitato di coordinamento i timbri
per certificati di oltre 1.200 allevamenti.
Il Comitato di coordinamento, partecipato dalle Organizzazioni agricole
nazionali, soddisfatto del risultato finora raggiunto, ha spiegato le
ragioni della protesta al fine di incontrare i rappresentanti dei
macellatori e dei trasformatori, oltre ai due principali Consorzi del
Prosciutto di Parma e San Daniele, per verificare tutte le possibili azioni
da sottoporre alle Amministrazioni nazionali e comunitarie per il rilancio
della filiera.
In particolare il Comitato ha steso un promemoria nel quale ha riportato i
sette punti in cui sono state riassunte le seguenti rivendicazioni dei
suinicoltori.
- Una precisa distinzione della filiera dop da altri tipi di produzione.
- Il rafforzamento dell’identificazione e della comunicazione dell’origine
italiana del prodotto (etichettatura, decollo del marchio Gsp - Gran suino
padano, igp che prevedano l’utilizzo di carni suine italiane, ecc.).
- La programmazione quanti-qualitativa dei circuiti dop.
- La previsione di una differenziazione di prezzo per i suini certificati
per le dop.
- La rivisitazione del cosiddetto «decreto salumi» a tutela dei salumi
prodotti con carni di suini nati ed allevati in Italia e a favore di una
trasparente informazione del consumatore.
- La valutazione della fattibilità, in particolare dal punto di vista
economico, dell’implementazione di una filiera per la produzione di un suino
medio-pesante di 130-135 kg con destinazione diversa dal circuito dop e con
l’obiettivo di diversificare la produzione italiana.
- L’individuazione dei contenuti di un provvedimento da chiedere al Governo
finalizzato a favorire il riequilibrio dei rapporti economici tra i
produttori e i trasformatori con la distribuzione e in particolare la grande
distribuzione organizzata.
La Cia ha definito lo sciopero del prosciutto come «una mobilitazione per
redditi più equi e contro costi di produzione che rischiano praticamente di
mettere fuori mercato le nostre produzioni di pregio».
Gli allevatori – è stato ribadito anche dal Comitato di coordinamento
nazionale a Reggio Emilia – sono allo stremo e non possono più operare in
queste condizioni, con i redditi che in poco tempo si sono dimezzati. Sono,
quindi, nell’impossibilità di proseguire la produzione di suini pesanti,
stante un prezzo di mercato che non li differenzia dal prodotto leggero da
macelleria e, soprattutto, da quelli esteri che sono meglio pagati.
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