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Fame, prezzi, biocarburanti, clima: emergenze
vere e presunte |
Quattro grandi temi discussi al vertice Fao
Si
è concluso il vertice Fao 2008 denominato ufficialmente: «Conferenza di alto
livello sulla sicurezza alimentare mondiale: la sfida dei cambiamenti
climatici e delle bioenergie». Con un titolo onnicomprensivo di questo tipo
non ci si poteva aspettare molto. Così è stato: una risoluzione finale
generica, buona per tutte le stagioni. L’essere presenti, da parte di capi
di Stato, tra cui alcuni molto discussi, è stato lo scopo prevalente
rispetto alla discussione della sostanza dei temi.
Una conferenza inutile? Sembrerebbe di sì, ma vi è un lato positivo. Dopo
molti anni si è ricominciato a parlare dell’agricoltura in termini di
settore strategico dell’economia mondiale. L’agricoltura è «tornata di moda»
e numerosi sono i recenti rapporti delle agenzie internazionali.
Volendo sintetizzare, quattro sono i temi sul tappeto. Il primo è
drammatico: 850 milioni di persone hanno gravi carenze alimentari. Secondo:
il vertiginoso rialzo dei prezzi di molti prezzi agricoli da un anno a
questa parte. Terzo: l’uso di produzioni agricole alimentari per ricavarne
biocarburanti. Quarto e ultimo tema: l’influenza dei cambiamenti climatici
sulle produzioni agricole.
Anche se molti commentatori e politici hanno tendenza a collegare questi
argomenti tra loro, questa correlazione è a volte solo apparente. Partiamo
dalla fame del mondo: esiste ed è grave, è però in diminuzione. Dal 1993 a
oggi è diminuita del 20% (Fonte: Fao). Solo nell’Africa sub-sahariana appare
strutturale. Negli altri Paesi non è un problema agricolo, ma di
ridistribuzione delle risorse e pertanto squisitamente politico. Troppi sono
i regimi inefficienti e corrotti e troppe le guerre, dichiarate o meno, in
Africa e in Asia.
Il vertice Fao ha avuto il merito di focalizzare il discorso su questi
poveri. Se nel mondo vi sono popolazioni senza il cibo occorre farglielo
avere. Questo non rimuove le cause, ma non importa, poi si vedrà. Speriamo
che i soldi promessi dai Paesi donatori siano versati e utilizzati a questi
fini.
Veniamo ora al secondo e controverso punto: i prezzi agricoli alti. Ebbene,
i prezzi elevati sicuramente incidono sia sul volume degli aiuti, perché
alle organizzazioni internazionali servono più soldi per acquistare cibo,
sia sulla spesa delle popolazioni, spingendo famiglie, ora solo povere,
verso la fame.
Il criminalizzare gli alti prezzi agricoli è però un errore economico: se
esaminiamo i dati dei molti Paesi in via di sviluppo negli ultimi vent’anni
si vede chiaramente che i prezzi agricoli alti hanno favorito lo sviluppo
dell’agricoltura e l’aumento dei redditi delle famiglie e il passaggio
indolore delle popolazioni a settori non agricoli. Due esempi tra i tanti:
il cacao in Uganda, dove l’aumento del prezzo ha permesso il decollo di aree
rurali prima poverissime, e la Cina, la cui agricoltura si è sviluppata solo
dopo le riforme sui diritti di proprietà e la liberalizzazione dei prezzi (Ibrd,
2008).
Non dobbiamo avere paura dei prezzi alti: sono la cura, non la malattia
dell’agricoltura mondiale.
Terzo tema, le bionergie come causa di tutti i mali. Dal punto di vista
etico qualcosa stride vedendo usare prodotti alimentari come carburanti.
Trascurando il Brasile, che usa canna da zucchero, le superfici a mais
americane sul totale mondiale sono però molto modeste. Correlare i prezzi
alti delle commodity con i biocarburanti è azzardato. I prezzi agricoli sono
cresciuti essenzialmente per l’aumento della domanda alimentare. L’intera
Asia sta uscendo dal sottosviluppo e chiede maggiore e migliore cibo. Una
moratoria sulla destinazione del mais a biocarburante servirà a poco.
Quarto punto: l’ambiente. Abbiamo già citato su queste pagine le attendibili
proiezioni di centri studi internazionali sui futuri spostamenti delle
produzioni da alcune aree del pianeta ad altre a causa dei cambiamenti del
clima. L’India subirà trasmigrazioni verso il Nord delle colture del Sud,
compreso il riso.
I problemi sono inimmaginabili. Tutti questi elementi indicano la necessità
di una «nuova rivoluzione agricola» a livello mondiale. Se non si produrrà
di più, i prezzi saliranno ancora e solo i ricchi potranno nutrirsi, con
squilibri sociali forti.
L’avvenire è affidato all’aumento delle produzioni agricole e data la
carenza di terre coltivabili questi aumenti passano per l’aumento delle
rese. Aumenti possibili solo attraverso la ricerca scientifica, le scienze
biologiche prima di tutto, ogm compresi.
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