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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
19
 9 - 15 Mag.

  2008
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Attualità, L'Informatore Agrario UNIONE EUROPEA

L’Ue vuole regole meno severe per commercializzare l’ortofrutta

Il rischio è che la semplificazione metta in pericolo la qualità.
La proposta è di ridurre da 30 a 10 i regolamenti che disciplinano le norme di commercializzazione: il risultato sarebbe che per molti prodotti, dalle albicocche ai meloni, non ci sarebbe più alcuna omogeneità all’interno degli imballaggi.


Una proposta di regolamento comunitario mette in pericolo la qualità dell’ortofrutta europea: il legislatore vorrebbe infatti eliminare i regolamenti che disciplinano le norme di commercializzazione per oltre 20 prodotti ortofrutticoli mantenendone solo 10, scelti fra quelli giudicati più importanti in base alle quantità scambiate.
La recente riforma dell’ocm ortofrutta, come noto, ha riconfermato l’impostazione relativa alle norme di commercializzazione, prevedendo però la possibilità, in un secondo momento, di semplificare il tutto.
Il sistema comunitario attualmente in vigore si basa su oltre 30 regolamenti che disciplinano l’etichettatura di origine dei prodotti ortofrutticoli freschi, la classificazione del prodotto in categorie, i calibri e l’omogeneità dei prodotti presenti in un imballaggio, con le relative tolleranze, l’obbligo o la facoltatività di riportare in etichetta la varietà o la tipologia.
Queste norme sono state frequentemente portate sul banco degli accusati, quale esempio di cattiva legislazione comunitaria o di eccessiva proliferazione burocratica, disciplinando, ad esempio, il numero di semi nelle clementine, la lunghezza delle zucchine, la dimensione delle mele.
È chiaro che alcuni dettagli sono eccessivi, che certi aspetti sono da semplificare, ma ciò non toglie che le norme siano fondamentali nelle transazioni commerciali, a qualunque livello, al fine di avere un linguaggio commerciale univoco.
Se proprio si deve rilevare qualcosa, è sicuramente la sostanziale mancanza di rispetto delle norme che spesso si verifica a livello di dettaglio, grande e piccolo, con carenze nell’etichettatura, origine dei prodotti non veritiera, scarsa omogeneità, frequenti difetti da parassiti o da manipolazioni poco attente.

Semplificazione pericolosa
L’impianto normativo viene ora messo in dubbio da questa proposta di regolamento comunitario che, partendo da una giusta esigenza di semplificazione, porterebbe all’eliminazione della disciplina di gran parte dei prodotti.
I regolamenti verrebbero ridotti a 10 riguardanti: mele, agrumi, cetrioli, kiwi, insalate in genere, pesche e nettarine, fragole, peperoni, uva da tavola e pomodori.
A parte l’evidente svista dei cetrioli (al loro posto dovrebbero esserci le pere!), per queste 10 tipologie di prodotti rimarrebbero i regolamenti che disciplinano le caratteristiche sopra ricordate, mentre per i rimanenti prodotti (oltre 20) verrebbero eliminati i regolamenti specifici attualmente in vigore. Verrebbero assoggettati a una generica definizione di merce sana, leale e mercantile, continuerebbe a sussistere l’obbligo di etichettatura del prodotto condizionato in imballaggi o di esposizione di adeguati cartelli per il prodotto commercializzato al dettaglio in forma sfusa, con l’indicazione del Paese di coltivazione.
Non ci sarebbe invece alcun adempimento per quanto riguarda l’omogeneità del prodotto all’interno degli imballaggi.
Così potremmo trovare nella stessa cassetta, ad esempio, pere di dimensioni molto differenti, oppure meloni di varietà diverse, o anche carote di diversa lunghezza, con problemi nelle transazioni commerciali per definire il giusto prezzo di una partita, ma ostacoli anche per i consumatori che, al dettaglio, troverebbero prodotti molto disomogenei, con maggiori difficoltà a valutare la convenienza di un canale di vendita rispetto a un altro.
In sostanza, tale decisione si tradurrebbe, quanto meno, in una minore trasparenza del mercato.
L’assurdità di questa scelta della Commissione risulta ancora più evidente se ripercorriamo alcune vicende degli ultimi anni, puntualmente riportate da L’Informatore Agrario. Si ricorderà, ad esempio, la scelta assurda di ridurre il diametro minimo previsto per la commercializzazione delle mele, salvo poi scoprire che ci poteva essere una sostanziale apertura a mele non solo piccole ma anche acerbe e tornare quindi sui propri passi per cercare di definire un parametro di maturazione che allontanasse questo rischio. O quando si voleva «castigare» la rugginosità delle pere, caratteristica invece di pregio di alcune nostre produzioni nazionali, o la non ancora sopita volontà di eliminare la definizione di pomodoro ciliegino.
È chiaro che tutto quanto viene oggi proposto, sull’onda emotiva delle pressioni di alcuni politici sparsi in diversi Paesi, si configura come una vera e propria rivoluzione nel settore.
Si spalancherebbero le porte a una vera deregulation, con la possibilità (assolutamente non remota, visto quanto successo in passato e non solo con Eurepgap, Globalgap, ecc.) che ancora una volta norme definite dalla distribuzione ci vengano fatte calare dall’alto.
Magari tante norme quante sono le centrali della distribuzione, con buona pace della semplificazione, degli operatori, dei consumatori e anche della Commissione.
È condivisibile la volontà di semplificare alcune norme eccessivamente complicate (un esempio per tutti i meloni e la loro classificazione secondo una complicata norma Ocse che obbligherebbe a etichettare il prodotto riportando la varietà o la tipologia in lingua francese o inglese, con il risultato di confondere il consumatore) e difficili da rispettare, che spesso hanno portato a multe salate per aspetti secondari, ma non si condivide l’annullamento delle regole e la totale mancanza di parametri di riferimento per prodotti diversi dai 10 proposti.
La posizione della filiera italiana è chiara: pere, albicocche, ciliegie, meloni, angurie, nocciole, noci, susine, aglio, asparagi, carciofi, carote, cavolfiori, aglio, zucchine, melanzane e porri devono essere assolutamente disciplinati.
La delegazione ministeriale italiana ha chiesto il mantenimento di regolamenti specifici per questi prodotti e una norma relativa all’omogeneità all’interno delle confezioni per i prodotti che saranno disciplinati solo attraverso una definizione di merce sana, leale e mercantile.
Gli operatori del settore chiedono che venga mantenuta una disciplina che tuteli la qualità dei prodotti ortofrutticoli posti in vendita sui mercati dell’Unione Europea, qualità che è il punto di forza del nostro comparto ortofrutticolo nazionale che nel corso del 2007 ha dato importanti segnali di ripresa con la crescita delle esportazioni.
 

Sommario Lorenzo Bazzana


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