UNIONE EUROPEA
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L’Ue vuole regole meno severe per
commercializzare l’ortofrutta |
Il rischio è che la semplificazione metta in pericolo la qualità.
La proposta è di ridurre da 30 a 10 i regolamenti che disciplinano le norme
di commercializzazione: il risultato sarebbe che per molti prodotti, dalle
albicocche ai meloni, non ci sarebbe più alcuna omogeneità all’interno degli
imballaggi.
Una proposta di regolamento comunitario mette in pericolo la qualità
dell’ortofrutta europea: il legislatore vorrebbe infatti eliminare i
regolamenti che disciplinano le norme di commercializzazione per oltre 20
prodotti ortofrutticoli mantenendone solo 10, scelti fra quelli giudicati
più importanti in base alle quantità scambiate.
La recente riforma dell’ocm ortofrutta, come noto, ha riconfermato
l’impostazione relativa alle norme di commercializzazione, prevedendo però
la possibilità, in un secondo momento, di semplificare il tutto.
Il sistema comunitario attualmente in vigore si basa su oltre 30 regolamenti
che disciplinano l’etichettatura di origine dei prodotti ortofrutticoli
freschi, la classificazione del prodotto in categorie, i calibri e
l’omogeneità dei prodotti presenti in un imballaggio, con le relative
tolleranze, l’obbligo o la facoltatività di riportare in etichetta la
varietà o la tipologia.
Queste norme sono state frequentemente portate sul banco degli accusati,
quale esempio di cattiva legislazione comunitaria o di eccessiva
proliferazione burocratica, disciplinando, ad esempio, il numero di semi
nelle clementine, la lunghezza delle zucchine, la dimensione delle mele.
È chiaro che alcuni dettagli sono eccessivi, che certi aspetti sono da
semplificare, ma ciò non toglie che le norme siano fondamentali nelle
transazioni commerciali, a qualunque livello, al fine di avere un linguaggio
commerciale univoco.
Se proprio si deve rilevare qualcosa, è sicuramente la sostanziale mancanza
di rispetto delle norme che spesso si verifica a livello di dettaglio,
grande e piccolo, con carenze nell’etichettatura, origine dei prodotti non
veritiera, scarsa omogeneità, frequenti difetti da parassiti o da
manipolazioni poco attente.
Semplificazione pericolosa
L’impianto normativo viene ora messo in dubbio da questa proposta di
regolamento comunitario che, partendo da una giusta esigenza di
semplificazione, porterebbe all’eliminazione della disciplina di gran parte
dei prodotti.
I regolamenti verrebbero ridotti a 10 riguardanti: mele, agrumi, cetrioli,
kiwi, insalate in genere, pesche e nettarine, fragole, peperoni, uva da
tavola e pomodori.
A parte l’evidente svista dei cetrioli (al loro posto dovrebbero esserci le
pere!), per queste 10 tipologie di prodotti rimarrebbero i regolamenti che
disciplinano le caratteristiche sopra ricordate, mentre per i rimanenti
prodotti (oltre 20) verrebbero eliminati i regolamenti specifici attualmente
in vigore. Verrebbero assoggettati a una generica definizione di merce sana,
leale e mercantile, continuerebbe a sussistere l’obbligo di etichettatura
del prodotto condizionato in imballaggi o di esposizione di adeguati
cartelli per il prodotto commercializzato al dettaglio in forma sfusa, con
l’indicazione del Paese di coltivazione.
Non ci sarebbe invece alcun adempimento per quanto riguarda l’omogeneità del
prodotto all’interno degli imballaggi.
Così potremmo trovare nella stessa cassetta, ad esempio, pere di dimensioni
molto differenti, oppure meloni di varietà diverse, o anche carote di
diversa lunghezza, con problemi nelle transazioni commerciali per definire
il giusto prezzo di una partita, ma ostacoli anche per i consumatori che, al
dettaglio, troverebbero prodotti molto disomogenei, con maggiori difficoltà
a valutare la convenienza di un canale di vendita rispetto a un altro.
In sostanza, tale decisione si tradurrebbe, quanto meno, in una minore
trasparenza del mercato.
L’assurdità di questa scelta della Commissione risulta ancora più evidente
se ripercorriamo alcune vicende degli ultimi anni, puntualmente riportate da
L’Informatore Agrario. Si ricorderà, ad esempio, la scelta assurda di
ridurre il diametro minimo previsto per la commercializzazione delle mele,
salvo poi scoprire che ci poteva essere una sostanziale apertura a mele non
solo piccole ma anche acerbe e tornare quindi sui propri passi per cercare
di definire un parametro di maturazione che allontanasse questo rischio. O
quando si voleva «castigare» la rugginosità delle pere, caratteristica
invece di pregio di alcune nostre produzioni nazionali, o la non ancora
sopita volontà di eliminare la definizione di pomodoro ciliegino.
È chiaro che tutto quanto viene oggi proposto, sull’onda emotiva delle
pressioni di alcuni politici sparsi in diversi Paesi, si configura come una
vera e propria rivoluzione nel settore.
Si spalancherebbero le porte a una vera deregulation, con la possibilità
(assolutamente non remota, visto quanto successo in passato e non solo con
Eurepgap, Globalgap, ecc.) che ancora una volta norme definite dalla
distribuzione ci vengano fatte calare dall’alto.
Magari tante norme quante sono le centrali della distribuzione, con buona
pace della semplificazione, degli operatori, dei consumatori e anche della
Commissione.
È condivisibile la volontà di semplificare alcune norme eccessivamente
complicate (un esempio per tutti i meloni e la loro classificazione secondo
una complicata norma Ocse che obbligherebbe a etichettare il prodotto
riportando la varietà o la tipologia in lingua francese o inglese, con il
risultato di confondere il consumatore) e difficili da rispettare, che
spesso hanno portato a multe salate per aspetti secondari, ma non si
condivide l’annullamento delle regole e la totale mancanza di parametri di
riferimento per prodotti diversi dai 10 proposti.
La posizione della filiera italiana è chiara: pere, albicocche, ciliegie,
meloni, angurie, nocciole, noci, susine, aglio, asparagi, carciofi, carote,
cavolfiori, aglio, zucchine, melanzane e porri devono essere assolutamente
disciplinati.
La delegazione ministeriale italiana ha chiesto il mantenimento di
regolamenti specifici per questi prodotti e una norma relativa
all’omogeneità all’interno delle confezioni per i prodotti che saranno
disciplinati solo attraverso una definizione di merce sana, leale e
mercantile.
Gli operatori del settore chiedono che venga mantenuta una disciplina che
tuteli la qualità dei prodotti ortofrutticoli posti in vendita sui mercati
dell’Unione Europea, qualità che è il punto di forza del nostro comparto
ortofrutticolo nazionale che nel corso del 2007 ha dato importanti segnali
di ripresa con la crescita delle esportazioni.
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