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La politica italiana deve fare di più |
Intervista a Federico Vecchioni.
Il Forum di Confagricoltura svoltosi a Taormina ha visto la partecipazione
dei principali esponenti politici nazionali che hanno garantito attenzione
al mondo agricolo. La speranza è che questa volta alle parole seguano i
fatti.
«Se
la qualità che ha fatto l’agricoltura italiana l’avesse fatta la politica,
allora...non saremmo a questo punto». Lo ha detto il presidente di
Confagricoltura Federico Vecchioni, rivolgendosi a uno dei candidati premier
che sono intervenuti al Forum di Confagricoltura, svoltosi a Taormina dal 27
al 29 marzo. Eppure sia Veltroni, sia Casini, sia Berlusconi hanno
ampiamente rassicurato la platea circa la centralità del settore agricolo
nei programmi politici.
Abbiamo chiesto a Vecchioni di tracciare un bilancio della seconda edizione
del Forum dedicato quest’anno al tema: «L’agricoltura forza decisiva per la
ripresa dell’Italia».
Presidente è sempre convinto che la politica debba fare di più e meglio?
Vediamo cosa succederà alle elezioni. Noi vigileremo come sempre. Però i tre
o quattro punti che abbiamo messo in evidenza a Taormina credo siano stati
messaggi chiari e ben recepiti. Parlo in particolare di una fase costituente
per dare al Paese le riforme che permettano la governabilità; di rivedere le
norme costituzionali in materia di federalismo; di nuovi strumenti di
politica internazionale per il governo dei mercati.
Qualche passo avanti si sta facendo e forse siamo riusciti a trasferire le
ragioni dell’alleanza imprenditoriale presenti nel mondo della produzione
(nonostante le visioni diverse che persistono, su cosa deve fare un Governo
per l’agroalimentare) al mondo della politica, che ora ammette di non aver
sempre ben compreso, in passato, cosa stava succedendo nelle nostre imprese.
Lei ha chiesto che il presidente del Consiglio, chiunque sarà, si occupi
personalmente di agricoltura. Perché?
Il tema agricolo ha bisogno dell’attenzione dell’esecutivo ed è dispersivo
immaginare deleghe specifiche sull’agricoltura. È una materia che deve fare
capo alla presidenza del Consiglio ed eventualmente il premier deve tenerne
l’interim. La rilevanza strategica che il settore ricopre depone a favore di
questa tesi. A noi farebbe molto piacere che il premier parli di agricoltura
così come fa Sarkozy in Francia.
Può riassumere le richieste fatte agli esponenti politici che sono
intervenuti a Taormina?
Innanzitutto ho chiesto che la politica prenda atto del fatto che
l’agricoltura è un settore maturo, fondamentale per la crescita economica
del Paese ed è una forza decisiva per la ripresa dell’Italia. A nostro
parere la crisi della politica va superata attraverso la riforma del sistema
elettorale e della «governance» soprattutto a livello di enti locali oggi
portatori di un «federalismo imperfetto», centralizzando le scelte
fondamentali di politica economica, le politiche infrastrutturali della
sicurezza e dell’istruzione. Questa riforma si dovrebbe fare attraverso
un’assemblea costituente democraticamente eletta. Una scelta che sarebbe
stata preferibile al ricorso anticipato alle urne.
Penso anche che nell’acceso dibattito in corso in Italia, tra sostenitori
del mercato e protezionisti, la giusta via non sia nella radicalizzazione di
queste posizioni, ma in una presenza e in un ruolo più attivi della
politica.
Per quanto riguarda il contesto internazionale penso che sia necessaria una
governance per definire regole e limiti mentre per ottenere risultati
concreti, sia a livello comunitario sia mondiale, il futuro Governo dovrà
fare più politica, trovando le giuste alleanze tra i Paesi e strategie e
tattiche più efficienti, sempre tenendo conto delle regole comuni. Finora
abbiamo oscillato tra l’acquiescenza verso ciò che dice Bruxelles e
tentativi di imporre scelte nazionali.
Un anno fa le imprese di punta erano una minoranza trainante, oggi parlate
di una maggioranza emergente. Perché?
Cresce il numero delle aziende di punta, con un più elevato livello di
fatturato, il cui reddito è in aumento.
Siamo convinti che una rappresentanza unitaria di questo modo di fare
impresa, non solo in campo agricolo ma in tutti i settori dell’economia sino
ai servizi finanziari delle assicurazioni e del credito, potrà contribuire
davvero a superare la fase negativa e portare il sistema economico del Paese
verso nuovi traguardi.
Nel corso del Forum sono stati sottoscritti alcuni accordi. Può
illustrarli?
Per vincere la sfida delle energie rinnovabili bisogna agire concretamente e
rapidamente: per questo abbiamo firmato un protocollo d’intesa con Umberto
Quadrino, amministratore delegato della Edison, il secondo operatore
italiano nel settore dell’energia elettrica.
Con Gian Pietro Beghelli, presidente dell’omonimo gruppo, abbiamo siglato un
accordo volto alla diffusione della cultura dell’efficienza energetica, per
gestire con intelligenza l’energia ed evitare sprechi. Confagricoltura e
Unacoma hanno poi sottoscritto un protocollo d’intesa che impegna le due
organizzazioni su iniziative di internazionalizzazione.
Infine abbiamo firmato con il pastificio Antonio Amato un accordo per
un’operazione di logistica industriale dal produttore al consumatore.
Tutti, e in particolare Berlusconi, hanno dato attestati di stima nei
suoi confronti e nei confronti della autorevolezza della Confagricoltura.
Posso dire che è stata una soddisfazione personale. È un obiettivo
importante che stiamo dando a Confagricoltura che io ho avuto la fortuna di
poter presiedere lavorando con un gruppo dirigente, a cominciare dal
direttore generale Vito Bianco, e una giunta molto motivati che ci ha
permesso di avere sempre più autorevolezza.
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