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L'Informatore Agrario
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14
 4 - 10 Apr.

  2008
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Attualità, L'Informatore Agrario

La politica italiana deve fare di più

Intervista a Federico Vecchioni.
Il Forum di Confagricoltura svoltosi a Taormina ha visto la partecipazione dei principali esponenti politici nazionali che hanno garantito attenzione al mondo agricolo. La speranza è che questa volta alle parole seguano i fatti.



F. Vecchioni - Informatore Agrario«Se la qualità che ha fatto l’agricoltura italiana l’avesse fatta la politica, allora...non saremmo a questo punto». Lo ha detto il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni, rivolgendosi a uno dei candidati premier che sono intervenuti al Forum di Confagricoltura, svoltosi a Taormina dal 27 al 29 marzo. Eppure sia Veltroni, sia Casini, sia Berlusconi hanno ampiamente rassicurato la platea circa la centralità del settore agricolo nei programmi politici.
Abbiamo chiesto a Vecchioni di tracciare un bilancio della seconda edizione del Forum dedicato quest’anno al tema: «L’agricoltura forza decisiva per la ripresa dell’Italia».



Presidente è sempre convinto che la politica debba fare di più e meglio?
Vediamo cosa succederà alle elezioni. Noi vigileremo come sempre. Però i tre o quattro punti che abbiamo messo in evidenza a Taormina credo siano stati messaggi chiari e ben recepiti. Parlo in particolare di una fase costituente per dare al Paese le riforme che permettano la governabilità; di rivedere le norme costituzionali in materia di federalismo; di nuovi strumenti di politica internazionale per il governo dei mercati.
Qualche passo avanti si sta facendo e forse siamo riusciti a trasferire le ragioni dell’alleanza imprenditoriale presenti nel mondo della produzione (nonostante le visioni diverse che persistono, su cosa deve fare un Governo per l’agroalimentare) al mondo della politica, che ora ammette di non aver sempre ben compreso, in passato, cosa stava succedendo nelle nostre imprese.
Lei ha chiesto che il presidente del Consiglio, chiunque sarà, si occupi personalmente di agricoltura. Perché?
Il tema agricolo ha bisogno dell’attenzione dell’esecutivo ed è dispersivo immaginare deleghe specifiche sull’agricoltura. È una materia che deve fare capo alla presidenza del Consiglio ed eventualmente il premier deve tenerne l’interim. La rilevanza strategica che il settore ricopre depone a favore di questa tesi. A noi farebbe molto piacere che il premier parli di agricoltura così come fa Sarkozy in Francia.
Può riassumere le richieste fatte agli esponenti politici che sono intervenuti a Taormina?
Innanzitutto ho chiesto che la politica prenda atto del fatto che l’agricoltura è un settore maturo, fondamentale per la crescita economica del Paese ed è una forza decisiva per la ripresa dell’Italia. A nostro parere la crisi della politica va superata attraverso la riforma del sistema elettorale e della «governance» soprattutto a livello di enti locali oggi portatori di un «federalismo imperfetto», centralizzando le scelte fondamentali di politica economica, le politiche infrastrutturali della sicurezza e dell’istruzione. Questa riforma si dovrebbe fare attraverso un’assemblea costituente democraticamente eletta. Una scelta che sarebbe stata preferibile al ricorso anticipato alle urne.
Penso anche che nell’acceso dibattito in corso in Italia, tra sostenitori del mercato e protezionisti, la giusta via non sia nella radicalizzazione di queste posizioni, ma in una presenza e in un ruolo più attivi della politica.
Per quanto riguarda il contesto internazionale penso che sia necessaria una governance per definire regole e limiti mentre per ottenere risultati concreti, sia a livello comunitario sia mondiale, il futuro Governo dovrà fare più politica, trovando le giuste alleanze tra i Paesi e strategie e tattiche più efficienti, sempre tenendo conto delle regole comuni. Finora abbiamo oscillato tra l’acquiescenza verso ciò che dice Bruxelles e tentativi di imporre scelte nazionali.
Un anno fa le imprese di punta erano una minoranza trainante, oggi parlate di una maggioranza emergente. Perché?

Cresce il numero delle aziende di punta, con un più elevato livello di fatturato, il cui reddito è in aumento.
Siamo convinti che una rappresentanza unitaria di questo modo di fare impresa, non solo in campo agricolo ma in tutti i settori dell’economia sino ai servizi finanziari delle assicurazioni e del credito, potrà contribuire davvero a superare la fase negativa e portare il sistema economico del Paese verso nuovi traguardi.
Nel corso del Forum sono stati sottoscritti alcuni accordi. Può illustrarli?
Per vincere la sfida delle energie rinnovabili bisogna agire concretamente e rapidamente: per questo abbiamo firmato un protocollo d’intesa con Umberto Quadrino, amministratore delegato della Edison, il secondo operatore italiano nel settore dell’energia elettrica.
Con Gian Pietro Beghelli, presidente dell’omonimo gruppo, abbiamo siglato un accordo volto alla diffusione della cultura dell’efficienza energetica, per gestire con intelligenza l’energia ed evitare sprechi. Confagricoltura e Unacoma hanno poi sottoscritto un protocollo d’intesa che impegna le due organizzazioni su iniziative di internazionalizzazione.
Infine abbiamo firmato con il pastificio Antonio Amato un accordo per un’operazione di logistica industriale dal produttore al consumatore.
Tutti, e in particolare Berlusconi, hanno dato attestati di stima nei suoi confronti e nei confronti della autorevolezza della Confagricoltura.
Posso dire che è stata una soddisfazione personale. È un obiettivo importante che stiamo dando a Confagricoltura che io ho avuto la fortuna di poter presiedere lavorando con un gruppo dirigente, a cominciare dal direttore generale Vito Bianco, e una giunta molto motivati che ci ha permesso di avere sempre più autorevolezza.

 

Sommario Letizia Martirano


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