POLITICA
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L'acqua è poca,diamoci da fare |
Intervista al presidente dell'Anbi Massimo Gargano.
La stagione primaverile comincia sotto auspici preoccupanti per la scarsità
di pioggia, a conferma che le stagioni siccitose non sono più un’eccezione.
È quindi sempre più urgente elaborare strategie per gestire al meglio la
risorsa acqua, a cominciare dal piano nazionale degli invasi.
L’inverno
che si sta concludendo, non particolarmente piovoso, fa temere una stagione
estiva ancora all’insegna della scarsità idrica. Su questo tema, anche alla
luce dell’approvazione del decreto «milleproroghe» che ha corretto una
«svista» della Finanziaria sul futuro dei consorzi di bonifica, abbiamo
rivolto alcune domande al presidente dell’Associazione bonifiche Massimo
Gargano.
Come si presenta, a oggi, la situazione idrica del Paese?
È preoccupante soprattutto in Puglia e Basilicata, dove abbiamo già chiesto
l’attivazione delle procedure d’emergenza per concertare l’uso dell’acqua
fra i diversi soggetti interessati, nel rispetto delle priorità stabilite
dalla legge. Anche al Nord i grandi laghi sono sotto le medie stagionali e
le indicazioni meteorologiche non fanno ritenere eventi tali da scongiurare
un’altra stagione siccitosa. È necessario prendere atto di una realtà
evidente: sono cambiate le condizioni climatiche; piove meno e in maniera
diversa, più concentrata nel tempo e nello spazio.
Conseguentemente, bisogna attrezzare il territorio; per questo, continuiamo
a richiedere il varo di un Piano nazionale degli invasi, che individui aree
dove creare piccoli e medi bacini in pianura o collina in sintonia con le
espressioni del territorio. Una rete di nuovi «laghetti artificiali» o di
casse di espansione a latere dei fiumi è indispensabile per raccogliere le
acque piovane da utilizzare nei momenti di crisi. È necessario prenderne
urgentemente coscienza.
La Finanziaria 2008 si occupa ampiamente delle risorse per i consorzi e
degli investimenti per la tutela dell’acqua. Come saranno gli anni a venire?
L’ultima legge finanziaria prevede la prosecuzione del Piano irriguo
nazionale (Pin) e concede un ulteriore contributo di 100 milioni di euro per
i prossimi 15 anni a decorrere dal 2011. Inoltre autorizza la spesa annuale
di 5 milioni di euro per gli anni 2008, 2009 e 2010 per la progettazione
delle opere previste nel Pin. Come Anbi lo riteniamo un risultato di grande
importanza perché ottenuto in un momento di limitati investimenti in
infrastrutture e che riconosce, quindi, la rilevanza assunta
dall’irrigazione nell’ambito della politica economica del Paese. Nel mercato
sempre più globalizzato, avere a disposizione acqua è un indispensabile
elemento di competitività agricola, da cui dipende gran parte del valore
produttivo di un settore sempre più vocato alla qualità e senza contare le
positive implicazioni di carattere ambientale che derivano da una ottimale
gestione del patrimonio idrico. Dobbiamo dare atto, in questo senso, dello
specifico impegno del ministro delle politiche agricole Paolo De Castro che
si è dimostrato particolarmente sensibile su questi temi.
In questo scenario quale potrà essere il ruolo dei Consorzi?
L’operato dei Consorzi di bonifica sul territorio, raccordato con l’azione
svolta dall’Anbi in sede nazionale, è fondamentale per l’attuazione del
Piano irriguo nazionale fondato su progetti immediatamente cantierabili,
redatti sulla base di esigenze territoriali non più rimandabili, accentuate
dalle variazioni climatiche in atto.
Proprio queste necessità ci fanno oggi affermare, come ho ricordato
all’inizio, il bisogno di un Piano nazionale degli invasi che, abbinando
esigenze ambientali e di salvaguardia idrogeologica, crei quelle
indispensabili riserve d’acqua da utilizzare nei sempre più ricorrenti
periodi di siccità.
Nei momenti di emergenza idrica, inoltre, i Consorzi di bonifica hanno
svolto un ruolo determinante non solo nel segnalare in tempo il problema e
sollecitare l’attivazione di «cabine di regia» dedicate al problema, ma
anche nel razionare l’uso della risorsa idrica nelle campagne, riducendo al
minimo le conseguenze per la produttività agricola e per tutto il
territorio.
I Consorzi devono rapportarsi anche con una mutata realtà ambientale.
I Consorzi di bonifica sono organi di autogoverno del territorio che,
affondando le radici nella storia, sono però realtà di straordinaria
modernità, essendo la concreta applicazione del principio costituzionale
della sussidiarietà e un esempio di federalismo applicato. Il loro futuro è
legato non solo all’indispensabile lavoro svolto quotidianamente al servizio
del territorio, ma alla capacità di saperlo comunicare, auspicando che una
maggiore serenità nel confronto politico permetta una reale conoscenza
dell’attività svolta dalla bonifica. Infatti, i Consorzi di bonifica sono
enti pubblici di autogoverno i cui costi per il funzionamento degli organi
amministrativi sono a carico della contribuenza degli utenti privati, che
eleggono democraticamente gli organi.
Presidente Gargano, come vede i Consorzi di bonifica fra dieci anni?
Rafforzando il ruolo di enti di autogoverno del territorio e mantenendo la
missione originale di gestione del reticolo idraulico minore a scopo
prevalentemente irriguo, nonché di difesa idrogeologica del territorio, i
Consorzi di bonifica avranno sicuramente crescenti responsabilità in campo
ambientale e nella salvaguardia della sicurezza alimentare. Quantità e
qualità delle acque di superficie sono un elemento determinante per il
futuro del nostro Paese e non solo per i già citati riflessi sulla
produttività agricola ma anche per la ricchezza originaria che è il nostro
territorio, elemento di cui l’Italia è dotata in maniera impareggiabile.
Qualsiasi ipotesi di sua valorizzazione in questi termini, nel futuro, non
potrà prescindere dall’attività dei Consorzi di bonifica. Già oggi, infatti,
sono molti i progetti di rinaturalizzazione affidati ai Consorzi di bonifica
oltre alle tecniche di ingegneria naturalistica applicate ormai da anni
nella gestione dei corsi d’acqua.
L’innovazione è sempre più indispensabile.
Per quanto riguarda l’innovazione, da tempo i Consorzi di bonifica sono
impegnati nella ricerca e nell’applicazione di soluzioni per
l’ottimizzazione d’uso della risorsa idrica in campo agricolo: dall’utilizzo
dei sistemi di rilevamento satellitare alle tecniche di fitodepurazione per
il riutilizzo della acque reflue, fino all’applicazione di una prassi
dimenticata, quale l’uso plurimo dell’acqua.
Il Piano irriguo nazionale, inoltre, contribuirà in maniera determinante
alla sostituzione delle reti di distribuzione irrigua ormai fatiscenti, la
cui modernizzazione ha già portato, negli anni più recenti, la soglia di
utilizzo dell’acqua in agricoltura al di sotto del 50% del fabbisogno idrico
del Paese.
Le Regioni possono ora procedere al riordino dei Consorzi di bonifica e
di miglioramento fondiario secondo i nuovi criteri definiti recentemente di
intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Cosa potrebbe cambiare?
Il testo del decreto «milleproroghe», recentemente convertito in legge, ci
soddisfa perché corregge un «abbaglio» che avrebbe comportato danni enormi
al già fragile equilibrio ambientale del nostro Paese e aumentato
esponenzialmente i costi dell’acqua ai fini irrigui e quindi ridotto la
competitività delle imprese agricole. Non è il riordino della bonifica che
ci spaventa, se questo vuol dire adeguare una normativa del 1933, ma è
necessario riconoscerne le nuove domande a cui bisogna rispondere, come ad
esempio sul fronte delle conseguenze derivate dai cambiamenti climatici.
Oggi ci preoccupa chi non riconosce la straordinaria modernità di un
istituto che costituisce un’esperienza unica di partecipazione democratica
all’autogoverno del territorio. Penso che i Consorzi di bonifica siano
un’esperienza concreta di federalismo applicato! Discuterli nel nome dei
«costi della politica», rischiando di mettere in crisi la già difficile
gestione idrogeologica del Paese (l’acqua non rispetta certo i confini
amministrativi di una Provincia o, peggio, di un Comune) o di consegnare in
mani private la gestione delle risorse idriche (con ovvi incrementi di costo
a carico delle imprese agricole e, quindi, dei consumatori), è sicuramente
lontano dalle vere esigenze del Paese.
L’ho già detto pubblicamente e lo ribadisco: noi non abbiamo alcun interesse
a difendere situazioni di inefficienza, anche quando la colpa sia da cercare
nella gestione di un Consorzio di bonifica.
Se l’obiettivo del legislatore è quello di ottimizzare il nostro impegno e
il nostro lavoro, siamo disponibili a ogni confronto, purché privo di
pregiudizi su enti che, nella stragrande maggioranza dei casi, operano
quotidianamente e in silenzio per garantire una sicura gestione delle acque,
condizione prima a ogni ipotesi di sviluppo del territorio e protezione
dalla straordinaria ricchezza del made in Italy agroalimentare, culturale,
paesaggistico e storico di cui il nostro Paese è ricchissimo.
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