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L'Informatore Agrario
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08
 22 - 28 Feb.

  2008
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Attualità, L'Informatore Agrario

I veri problemi della carne italiana

Intervista al presidente di Uniceb.
Secondo Renzo Fossato la zootecnia da carne bovina deve trovare ristalli a costi più accessibili e far accettare alla distribuzione provenienze anche diverse da quelle attuali.



R. Fossato - Informatore Agrario«Sa qual è il risultato del blocco della carne brasiliana deciso dall’Unione Europea? Che il prezzo sul mercato dei tagli adatti alla produzione della bresaola è passato in pochi giorni da 5.000 a 9.000 dollari/t, con tanta soddisfazione dei produttori irlandesi e francesi».
Renzo Fossato, presidente di Uniceb (Unione importatori, esportatori, industriali, commissionari, grossisti, ingrassatori, macellatori, spedizionieri carni, bestiame e prodotti derivati) ha le idee chiare su quella che, tanto per intenderci, chiamiamo «guerra della bresaola».
«E non si tratta di un problema congiunturale perché, come tutti sanno, veder salire i prezzi è molto facile, ma che poi scendano è tutto da verificare».

Sulla vicenda della carne brasiliana c’è stata, secondo Fossato, molta disinformazione: occorre, prima di tutto, distinguere tra importazioni di carne e importazioni di animali vivi.
«Va detto, per prima cosa, che metà dei nostri soci sono ingrassatori e noi difendiamo anche i loro interessi: il settore della zootecnia bovina da carne italiana è in crisi perché, oltre all’aumento del costo dei mangimi dovuto all’impennata dei prezzi di cereali e soia, deve fare i conti con i prezzi degli animali da ingrasso che compriamo in Francia, che sono ormai insostenibili. Dobbiamo assolutamente trovare altri fornitori che, a parità di livello qualitativo, siano economicamente convenienti».
Ristalli dal Brasile
E qui entra in gioco il Brasile: «Oltre due anni fa – dice Fossato – ci siamo orientati verso l’unico dei 27 Stati brasiliani indenne da afta epizootica, anche se non ufficialmente, e cioè quello di Santa Catarina. Abbiamo iniziato una collaborazione con esperti internazionali al fine di predisporre tutta la documentazione scientifica necessaria attestante la reale situazione sanitaria dello Stato in questione e, nel maggio 2007, l’Oie di Parigi (l’Organizzazione mondiale della sanità animale) ha dato il riconoscimento di Stato ufficialmente indenne da afta epizootica senza vaccinazione.
Successivamente – continua Fossato – si è cominciato a lavorare all’istituzione dell’Anagrafe bovina, così come richiesta dall’Unione Europea, condizione indispensabile per ottenere il via libera dalla stessa Ue per l’importazione di giovani bovini di razze francesi da carne quali quelle richieste dal nostro mercato».
«A questo proposito – precisa il presidente di Uniceb – è utile sottolineare che in Italia ci abbiamo messo 8 anni a mettere in piedi l’Anagrafe, e in Francia ce ne hanno messo 10. Pensiamo che un Paese-continente come il Brasile lo faccia dall’oggi al domani?».
C’è poi il terzo punto, quello dei dazi: «Il nostro obiettivo – spiega Fossato – è quello di ottenere un contingente per l’importazione nell’Ue di giovani animali senza il dazio doganale di 0,931 euro/kg più il dazio ad valorem del 10,2%, condizione indispensabile per rendere economicamente valida l’operazione». E qui entra in gioco il ministro delle politiche agricole Paolo De Castro: «A me non interessa difendere De Castro – spiega Fossato – dagli attacchi della Coldiretti, però ero con lui in Brasile lo scorso dicembre e so che la richiesta del ministro italiano andava proprio in questo senso, cioè nell’interesse degli allevatori italiani».
«Se il progetto Brasile andasse a buon fine – continua Fossato – potremmo puntare a importare già il primo anno circa 100.000 capi. Per quanto riguarda il trasporto abbiamo a disposizione le più belle navi del mondo, perfettamente attrezzate con aria condizionata e con la capacità di 60 ricambi di aria ogni ora: sarebbero quindi garantite tutte le condizioni richieste dalle norme sul benessere animale».
Resterebbe poi il problema di far accettare alla distribuzione la carne di animali nati in Brasile, un problema non da poco se pensiamo che un grande gruppo come Coop Italia prevede nel suo capitolato che la provenienza possa essere solo dalla Francia. «Ne stiamo discutendo – dice Fossato – anche perché va sottolineato il fatto che dal Brasile arriverebbero capi di circa 2 q o poco più, che restano poi in stalla da noi fino a 8 mesi: sarebbero cioè molto più «italiani» dei capi francesi, che arrivano da noi con un peso di 4 q e quindi in stalla ci restano molto meno».
Tornando alle importazioni di carne, resta il fatto che lo stop decretato dall’Unione Europea è motivato da questioni di sicurezza che dovrebbero avere la precedenza anche sui pur leciti interessi economici, ma anche su questo aspetto la posizione di Fossato è chiara: «Questi presunti problemi sanitari sono solo dei pretesti, perché la carne disossata che arriva dal Sudamerica non comporta alcun pericolo. E poi, diciamocelo chiaramente: se ne accorgono solo adesso? Per anni abbiamo importato carne da Argentina e Uruguay senza che ci fossero problemi; abbiamo forse avvelenato la gente?».
Sulle possibili alternative alla carne brasiliana per produrre bresaola, tipo quella di utilizzare carne di Podolica, la risposta è semplice: «La produzione della bresaola in Italia necessita di oltre 2.000 t di fese al mese e, pertanto, pensare che gli allevatori lucani della razza Podolica possano sostituire le carni brasiliane mi sembra solamente un atto di buona volontà».

 

Sommario Alberto Andrioli


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