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I veri problemi della carne italiana |
Intervista al presidente di Uniceb.
Secondo Renzo Fossato la zootecnia da carne bovina deve trovare ristalli a
costi più accessibili e far accettare alla distribuzione provenienze anche
diverse da quelle attuali.
«Sa
qual è il risultato del blocco della carne brasiliana deciso dall’Unione
Europea? Che il prezzo sul mercato dei tagli adatti alla produzione della
bresaola è passato in pochi giorni da 5.000 a 9.000 dollari/t, con tanta
soddisfazione dei produttori irlandesi e francesi».
Renzo Fossato, presidente di Uniceb (Unione importatori, esportatori,
industriali, commissionari, grossisti, ingrassatori, macellatori,
spedizionieri carni, bestiame e prodotti derivati) ha le idee chiare su
quella che, tanto per intenderci, chiamiamo «guerra della bresaola».
«E non si tratta di un problema congiunturale perché, come tutti sanno,
veder salire i prezzi è molto facile, ma che poi scendano è tutto da
verificare».
Sulla vicenda della carne brasiliana c’è stata, secondo Fossato, molta
disinformazione: occorre, prima di tutto, distinguere tra importazioni di
carne e importazioni di animali vivi.
«Va detto, per prima cosa, che metà dei nostri soci sono ingrassatori e noi
difendiamo anche i loro interessi: il settore della zootecnia bovina da
carne italiana è in crisi perché, oltre all’aumento del costo dei mangimi
dovuto all’impennata dei prezzi di cereali e soia, deve fare i conti con i
prezzi degli animali da ingrasso che compriamo in Francia, che sono ormai
insostenibili. Dobbiamo assolutamente trovare altri fornitori che, a parità
di livello qualitativo, siano economicamente convenienti».
Ristalli dal Brasile
E qui entra in gioco il Brasile: «Oltre due anni fa – dice Fossato – ci
siamo orientati verso l’unico dei 27 Stati brasiliani indenne da afta
epizootica, anche se non ufficialmente, e cioè quello di Santa Catarina.
Abbiamo iniziato una collaborazione con esperti internazionali al fine di
predisporre tutta la documentazione scientifica necessaria attestante la
reale situazione sanitaria dello Stato in questione e, nel maggio 2007, l’Oie
di Parigi (l’Organizzazione mondiale della sanità animale) ha dato il
riconoscimento di Stato ufficialmente indenne da afta epizootica senza
vaccinazione.
Successivamente – continua Fossato – si è cominciato a lavorare
all’istituzione dell’Anagrafe bovina, così come richiesta dall’Unione
Europea, condizione indispensabile per ottenere il via libera dalla stessa
Ue per l’importazione di giovani bovini di razze francesi da carne quali
quelle richieste dal nostro mercato».
«A questo proposito – precisa il presidente di Uniceb – è utile sottolineare
che in Italia ci abbiamo messo 8 anni a mettere in piedi l’Anagrafe, e in
Francia ce ne hanno messo 10. Pensiamo che un Paese-continente come il
Brasile lo faccia dall’oggi al domani?».
C’è poi il terzo punto, quello dei dazi: «Il nostro obiettivo – spiega
Fossato – è quello di ottenere un contingente per l’importazione nell’Ue di
giovani animali senza il dazio doganale di 0,931 euro/kg più il dazio ad
valorem del 10,2%, condizione indispensabile per rendere economicamente
valida l’operazione». E qui entra in gioco il ministro delle politiche
agricole Paolo De Castro: «A me non interessa difendere De Castro – spiega
Fossato – dagli attacchi della Coldiretti, però ero con lui in Brasile lo
scorso dicembre e so che la richiesta del ministro italiano andava proprio
in questo senso, cioè nell’interesse degli allevatori italiani».
«Se il progetto Brasile andasse a buon fine – continua Fossato – potremmo
puntare a importare già il primo anno circa 100.000 capi. Per quanto
riguarda il trasporto abbiamo a disposizione le più belle navi del mondo,
perfettamente attrezzate con aria condizionata e con la capacità di 60
ricambi di aria ogni ora: sarebbero quindi garantite tutte le condizioni
richieste dalle norme sul benessere animale».
Resterebbe poi il problema di far accettare alla distribuzione la carne di
animali nati in Brasile, un problema non da poco se pensiamo che un grande
gruppo come Coop Italia prevede nel suo capitolato che la provenienza possa
essere solo dalla Francia. «Ne stiamo discutendo – dice Fossato – anche
perché va sottolineato il fatto che dal Brasile arriverebbero capi di circa
2 q o poco più, che restano poi in stalla da noi fino a 8 mesi: sarebbero
cioè molto più «italiani» dei capi francesi, che arrivano da noi con un peso
di 4 q e quindi in stalla ci restano molto meno».
Tornando alle importazioni di carne, resta il fatto che lo stop decretato
dall’Unione Europea è motivato da questioni di sicurezza che dovrebbero
avere la precedenza anche sui pur leciti interessi economici, ma anche su
questo aspetto la posizione di Fossato è chiara: «Questi presunti problemi
sanitari sono solo dei pretesti, perché la carne disossata che arriva dal
Sudamerica non comporta alcun pericolo. E poi, diciamocelo chiaramente: se
ne accorgono solo adesso? Per anni abbiamo importato carne da Argentina e
Uruguay senza che ci fossero problemi; abbiamo forse avvelenato la gente?».
Sulle possibili alternative alla carne brasiliana per produrre bresaola,
tipo quella di utilizzare carne di Podolica, la risposta è semplice: «La
produzione della bresaola in Italia necessita di oltre 2.000 t di fese al
mese e, pertanto, pensare che gli allevatori lucani della razza Podolica
possano sostituire le carni brasiliane mi sembra solamente un atto di buona
volontà».
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