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Ridisegnamo i Consorzi di bonifica |
Intervista al presidente della Cia.
Pensare di abolire i Consorzi di bonifica è sicuramente sbagliato, sostiene
Giuseppe Politi, ma una razionalizzazione è necessaria, sia a livello di
strutture che di regole di contribuzione.
Nella
Finanziaria 2008, approvata lo scorso dicembre, c’erano una bella e una
brutta notizia per il settore della bonifica italiana: da una parte il Piano
irriguo nazionale veniva finanziato con 100 milioni di euro l’anno per 15
anni, dall’altra si prevedeva la soppressione dei Consorzi.
Sembra un destino ineluttabile, per i Consorzi di bonifica, essere
ciclicamente accusati di costituire solo strutture mangiasoldi senza alcuna
utilità, salvo poi veder confermato il proprio ruolo da svariate sentenze a
tutti i livelli.
Questo non vuol dire che tutto funzioni alla perfezione, vedi ad esempio la
recente decisione della Regione Siciliana di azzerare i vertici di tutti i
Consorzi, ma il sistema non va smantellato.
«Nell’ultima Finanziaria i Consorzi di bonifica sono finiti nel grande
calderone dei cosiddetti costi della politica – dice il presidente della Cia
Giuseppe Politi – ma è stato un errore. Si tratta di enti privati e non
pubblici e quindi lo Stato non può sopprimerli. Il decreto milleproroghe ha
messo una pezza all’errore, parlando di riforma e non più di soppressione».
Secondo quanto previsto nel decreto, le Regioni hanno tempo fino al 30
giugno per mettere mano al riordino del settore, seguendo linee generali
ancora da definire.
Se il pericolo sembra scampato, resta il fatto che nel settore delle
bonifiche occorre comunque mettere le mani.
«Non c’è dubbio che la missione della bonifica non è più quella di 30 o 40
anni fa: è cambiata come è cambiata l’agricoltura del nostro Paese – osserva
Politi – e occorre quindi adeguare i Consorzi al nuovo scenario».
«Una riforma è quindi necessaria, ma deve essere una riforma che salvaguardi
l’agricoltura perché c’è il rischio – rileva il presidente della Cia – che
ogni Regione si faccia la sua riforma creando disparità e problemi».
Se la capacità e la correttezza di chi governa questi enti dovrebbe
ovviamente essere un prerequisito, le cose pratiche su cui intervenire sono
diverse. «Ad esempio – continua Politi – occorre ridisegnare e
razionalizzare la rete dei Consorzi di bonifica: ce ne sono di piccoli e di
mega senza nessuna logica. E poi c’è una cosa importante da dire: secondo me
i Consorzi di bonifica devono abbandonare la vecchia politica delle grandi
opere, che devono essere di competenza di altre istituzioni pubbliche. I
Consorzi devono concentrarsi sui servizi, sulla corretta manutenzione delle
strutture».
«In molti Consorzi – chiarisce Politi – ci sono troppi ingegneri e pochi
acquaioli. Nulla contro gli ingegneri, ovviamente, ma voglio dire che spesso
servirebbe più personale che si occupi di pulire i canali dalle erbe».
Un altro problema da affrontare, probabilmente il più delicato, è quello
della contribuzione: a nessuno piace pagare balzelli, a maggior ragione se
non percepisce l’utilità del servizio che ottiene in cambio.
«Occorre mettere mano al sistema delle contribuzioni, diversificando e
riparametrando i pagamenti non solo tra agricoltori e cittadini, ma anche
tra agricoltori che ricevono un vantaggio diretto, ad esempio l’acqua per
l’irrigazione, e chi no. In questo senso le norme non possono essere
lasciate ai singoli Consorzi, servono regole condivise».
Quello della bonifica è comunque un problema molto complesso il cui esame
non si può certo esaurire in poche battute. Forse anche l’annunciata
Conferenza nazionale sull’agricoltura potrebbe essere una delle sedi in cui
confrontarsi per delineare il futuro del settore.
«La Cia ha sempre sostenuto la necessità della Conferenza nazionale e
abbiamo quindi salutato con soddisfazione l’avvio del percorso che dovrebbe
portare a questo appuntamento. Sono convinto che sottrarsi al confronto sia
sbagliato».
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