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2006 |
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ORTO |
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E' tempo di seminare la cima di rapa, un ortaggio
di cui si mangiano foglie e fiori |
La coltivazione della cima di rapa può risultare un’esperienza
positiva specialmente per i piccoli coltivatori del nord Italia, dove questo
ortaggio è ancora poco conosciuto. Coltivarla è piuttosto semplice visto che
si adatta a vari tipi di terreno e non richiede particolari cure. Negli orti
familiari può riuscire senza alcun intervento antiparassitario. Fornisce un
prodotto molto gradito ai buongustai
La coltura della cima di rapa – o broccoletto oppure
broccoletto di rapa – è diffusa nel centro Italia (Lazio) e ancora di più
nel meridione (Puglia, Campania, Basilicata, Calabria) dove rappresenta un
ortaggio caratteristico legato ad usanze alimentari ben radicate.
Nel nord Italia è invece un prodotto meno conosciuto, soprattutto perché non
vi sono piatti tipici tradizionali legati alla cima di rapa come avviene nel
meridione.
Bisogna però dire che, specialmente dall’autunno avanzato fino a marzo, pure
nelle regioni settentrionali si trova con discreta facilità presso i più
riforniti rivenditori di prodotti ortofrutticoli.
La conoscenza via via maggiore di piatti tipici delle nostre cucine
regionali dovrebbe comunque portare ad un apprezzamento maggiore della cima
di rapa, così come è successo per il broccolo verde (o calabrese).
Nel settentrione ripetute coltivazioni, anche se in superfici non molto
estese, hanno dimostrato che si può ottenere un prodotto di qualità
limitandosi però, per motivi climatici, alla coltura di varietà precoci.
Come si presenta la pianta
Quando è completamente formata, la pianta della cima di rapa (1)
può avere un’altezza variabile da circa 40 centimetri nelle varietà precoci
ad un metro e più in quelle tardive a ciclo lungo.
Le foglie hanno forme un po’ diverse, ma quasi sempre risultano evidenti dei
lobi ed il picciolo. La lunghezza complessiva delle foglie può superare
facilmente i 30 centimetri. Sono in genere lisce ed hanno colore verde
medio-verde chiaro.
I fiori sono riuniti in infiorescenze (2) e rappresentano,
assieme alle foglie che le circondano, la parte che si utilizza.
L’infiorescenza è larga attorno ai 5 centimetri nelle varietà dotate di
maggiore precocità, mentre in quelle più tardive raggiunge i 10 centimetri.
I fiori sono di colore giallo. Quando viene raccolta l’infiorescenza (con i
fiori chiusi), se le condizioni climatiche lo consentono si sviluppano dei
germogli laterali, i quali emettono infiorescenze secondarie che vanno
raccolte e utilizzate sempre quando i fiori sono ancora chiusi.
Le radici si sviluppano abbastanza in superficie e sono piuttosto simili tra
loro (fascicolate), soprattutto nelle piante sottoposte a trapianto.
La durata del ciclo di coltivazione dipende dalla maggiore o minore
precocità delle varietà. In quelle precoci è di 50-60 giorni dalla
germinazione del seme, in quelle più tardive arriva a 170-180 giorni.
La cima di rapa predilige un clima mite
La cima di rapa è un ortaggio caratteristico delle zone mediterranee e
dimostra minore resistenza al freddo rispetto alla rapa.
Ripetute gelate, come quelle che si verificano in pianura padana in
prossimità dell’inverno, possono danneggiarla in modo piuttosto serio. Per
questo è più adatta alle zone miti del centro e del meridione. Comunque nel
nord si può programmarne la coltivazione in modo da raccoglierla
completamente prima dei grandi freddi.
Nelle zone del meridione in cui rappresenta una coltura tradizionale, la
cima di rapa viene coltivata, pur se in misura decisamente minore rispetto
al periodo autunno-invernale, anche nei mesi caldi.
Non appena si forma l’infiorescenza questa viene subito raccolta altrimenti
i fiori si aprono e il prodotto risulta di qualità gustativa inferiore.
Per fornire elevate produzioni abbisogna di ripetute irrigazioni,
specialmente nella fase estiva della coltura ed anche in autunno – almeno
nella prima parte – se le piogge fossero scarse.
In commercio si possono trovare diverse varietà
I semi di cima di rapa si trovano abbastanza facilmente presso i rivenditori
anche nel nord Italia. La differenza tra le varietà si basa soprattutto
sulla durata del ciclo colturale e sullo sviluppo delle piante che, di
regola, è maggiore in quelle più tardive.
Le varietà più diffuse sono:
Quarantina (A),
Sessantina (B),
Novantina (C),
Centoventina (D), o 120 giorni o Gennarese. Di queste varietà
esistono alcune selezioni.
Nelle regioni settentrionali è consigliato adottare quelle più precoci
(Quarantina, Sessantina) per poter raccogliere prima delle forti gelate
invernali.
Nel centro-sud sono in commercio, oltre a quelle menzionate, varietà e
selezioni che si possono trovare localmente, come
Aprilatica (E)
e diverse altre.
Si adatta a vari tipi di terreno
L’adattabilità della cima di rapa a vari tipi di terreno è piuttosto
elevata. Essendo una coltura che trascorre spesso nel terreno l’autunno e
pure l’inverno, bisogna curare che lo sgrondo dell’acqua dalle aiole avvenga
nel modo più rapido possibile.
La reazione (pH) del terreno più adatta è attorno a 7 (suoli neutri).
È necessario lasciar trascorrere almeno due anni prima di far tornare la
cima di rapa nella stessa aiola o dopo ortaggi che appartengono alla sua
stessa famiglia botanica, quella delle Crucifere (o Brassicacee), come ad
esempio cavolo cappuccio, verza, broccolo, cavolfiore, cavolo di Bruxelles,
cavolo toscano, cavolo rapa, cavolo cinese, rapa ed anche ravanello e
rucola.
Qualche suggerimento pratico per la coltivazione
Concimazione organica. Per quanto riguarda la
concimazione, bisogna essere molto prudenti nella distribuzione di concimi
azotati perché questo ortaggio può accumulare nitrati (soprattutto nello
stelo e nelle foglie),
sostanze che potrebbero presentare problemi per la nostra salute.
In un piccolo orto si può fare anche a meno di usare concimi azotati,
accontentandosi di produzioni meno abbondanti. È pure sconsigliabile
distribuire letame o compost prima dell’impianto. È invece opportuno mettere
a dimora la cima di rapa dopo una coltura letamata (per esempio lo zucchino)
perché possa usufruire di quanto la coltivazione precedente ha lasciato nel
terreno (fertilità residua).
Concimazione minerale. Per completare/integrare la dotazione
di elementi nutritivi del terreno si possono poi distribuire, se possibile
metà quando si vanga e metà durante i lavori di lavorazione superficiale
prima del trapianto, circa 40 grammi per metro quadrato di perfosfato
minerale-19 e 25-30 grammi di solfato di potassio-50.
È opportuno impiegare l’azoto solo nei terreni più poveri e nelle
coltivazioni più stentate e solamente alla coltura in atto – cioè in
copertura – a seconda di come si presenta la vegetazione. Si potrebbe
intervenire in media tre volte impiegando in totale 15-25 grammi di solfato
ammonico-20 per metro quadrato (5-8 grammi per volta).
La concimazione in copertura inizia, dopo il trapianto, quando le piante
sono ben attecchite, e si ripete a intervalli di 10-12 (15) giorni. Solo in
caso di vegetazione stentata si può eseguire un’altra concimazione azotata
in copertura, che in ogni caso va effettuata lontano dall’inizio della
raccolta (almeno un mese).
Per la concimazione sia prima dell’impianto che in copertura si possono
adoperare concimi contenenti guano (ammessi nelle colture biologiche)
facendo attenzione perché contiene azoto (bisogna verificare la percentuale
di azoto nel concime che si usa e attenersi per le quantità da impiegare
alle istruzioni allegate ai singoli prodotti).
Sistemazione del terreno. Prima di trapiantare – o seminare
direttamente – bisogna curare la sistemazione delle aiole in modo che
sgrondi facilmente l’acqua. In suoli compatti e pesanti è consigliabile
sistemare il terreno a porche (quindi formando le aiole ad arco).
Semina. Pur essendo possibile e praticata la semina diretta seguita
dal diradamento, un piccolo coltivatore può prodursi facilmente le piantine
con il pane di terra da trapiantare.
A questo scopo la semina si esegue direttamente in contenitori alveolati (ad
esempio delle dimensioni di cm 50x30, con 45-50 alveoli), sempre utilizzando
l’apposito terriccio per semine, ponendo per sicurezza due semi per alveolo
(una volta avvenuta la germinazione si tiene la piantina migliore). In un
grammo sono contenuti in genere più di 500 semi.
La temperatura migliore per la germinazione è attorno ai 25° C. Le piantine,
in genere, sono pronte per la messa a dimora dopo 25-35 giorni dalla semina.
In pianura padana l’epoca di semina più indicata per questa coltura è
compresa tra la fine di giugno e la fine di luglio. Per le altre zone della
penisola, a mano a mano che ci si sposta verso il meridione, le semine si
possono ritardare fino a tutto settembre, tranne nelle aree più fresche dove
è opportuno seminare circa nello stesso periodo della pianura padana. Al
contrario, nelle località con i climi più miti parte delle semine vengono
eseguite pure in inverno per raccolte primaverili. In ogni caso la coltura
più diffusa nei piccoli orti è quella che va da metà-fine estate ad inizio
primavera.
Nel meridione è diffusa la semina diretta. In questo caso, al momento della
semina si tengono tra le file le distanze che si ritengono più adatte alla
varietà coltivata (40-50 centimetri). In seguito, non appena le piantine si
possono maneggiare, si diradano sulla fila, sempre in rapporto allo sviluppo
delle varietà (20-30 centimetri). Per seminare un metro quadrato si
impiegano 0,1-0,15 grammi di seme. Il seme va interrato pochissimo, al
massimo 2-3 millimetri.
Trapianto. Le distanze d’impianto sono abbastanza variabili perché
possono andare, a grandi linee, da 40-50 centimetri tra le file e 20-30
centimetri sulla fila. In ogni caso tali distanze dovranno venire adeguate
allo sviluppo delle varietà, che è maggiore in quelle tardive.
Nel nord Italia per ottenere un regolare sviluppo delle piante è
consigliabile trapiantare non oltre la terza decade di agosto.
Qualora si disponesse di piante troppo cresciute in altezza, invece che
affondarle maggiormente nel terreno, è consigliabile sorreggerle con un
piccolo tutore.
Pulizia dalle erbe infestanti. I lavori di coltivazione si limitano
al diserbo – che si esegue con una piccola zappa e/o con un estirpatore –
che deve essere molto accurato quando le piantine sono nelle prime fasi di
crescita. In seguito le cime di rapa, sviluppandosi, ricoprono (ombreggiano)
il terreno e gli interventi quindi si diradano o terminano.
Pacciamatura. Anche per questa coltura la pacciamatura (in special
mo-do se si esegue il trapianto), pur non essendovi mol-te esperienze,
potrebbe dare buoni risultati. Si possono impiegare teli plastici scuri –
pure degradabili nel terreno – oppure paglia.
Irrigazione. Le colture vanno seguite già dal momento del trapianto
con moderate e ripetute irrigazioni fino a quando è avvenuto
l’attecchimento.
In seguito vanno irrigate in modo costante, specialmente nelle annate con
andamento stagionale siccitoso.
È necessario però evitare eccessi che possono provocare ristagni e causare
ingiallimenti alle foglie.
Si può coltivare senza interventi antiparassitari
Di regola la cima di rapa si ottiene senza alcun trattamento
antiparassitario. Tuttavia in alcune annate potrebbero verificarsi forti
attacchi di rapaiola (Pieris rapae, attorno ai 30 mm, vedi
foto sotto) che potrebbero risultare particolarmente dannosi quando le
piante sono nelle prime fasi di sviluppo. Se le larve sono in numero
limitato è possibile raccoglierle a mano, mentre in caso di forti
infestazioni si può intervenire con un prodotto a base di Bacillus
thuringiensis, < COLOR="#36a6e8">non classificato
(10-20 grammi in 10 litri d’acqua, 3 giorni di tempo di sicurezza, ammesso
nelle colture biologiche). È più indicato trattare quando le larve sono nei
primi stadi di sviluppo e verso sera.
La coltivazione organica (biologica)
La coltivazione organica risulta simile a quella sopra esposta. Nelle
colture organiche invece dei concimi minerali indicati sopra è possibile
adoperare, come accennato, fertilizzanti a base di guano, con la prudenza
suggerita dal fatto che contengono azoto.
I prodotti antiparassitari a base di Bacillus thuringiensis indicati
sopra sono ammessi anche in agricoltura biologica.
In commercio sono disponibili sementi che provengono da coltura organica
(varietà Sessantina).
La raccolta si esegue prima che i fiori si aprano
La raccolta si esegue quando le infiorescenze sono completamente formate.
Bisogna però eseguire il taglio prima che i piccoli fiori inizino ad
aprirsi. Quando si raccoglie in ritardo, ed i fiori si presentano aperti, le
cime di rapa perdono qualità. Assieme all’infiorescenza si raccolgono anche
le foglie che la circondano.
Una volta asportata l’infiorescenza principale, se le condizioni climatiche
lo permettono, si sviluppano i germogli laterali, che a loro volta si
raccoglieranno non appena giunti a maturazione.
Quando si raccoglie l’infiorescenza principale si deve eseguire il taglio
piuttosto «alto», in modo da non impedire la formazione dei germogli
laterali (occorre lasciare almeno 15 centimetri di fusto). Per la raccolta
si può usare un coltello ben affilato, oppure forbici da potatura.
Le cime di rapa, una volta raccolte, si pongono con delicatezza in una
cassetta e si portano in un locale riparato. È da ricordare che le
infiorescenze ed i germogli sono particolarmente delicati e quindi bisogna
trattarli con tutte le cautele necessarie per evitare rotture che possano
togliere pregio a questo prodotto.
Da 10 metri quadrati di coltivazione si possono raccogliere da 10 a 20-25
chilogrammi di prodotto, a seconda del numero di raccolte (infiorescenza
principale più germogli laterali; in genere si ottengono minori quantità con
le varietà precoci) che è possibile eseguire.
Va tenuto presente che nelle regioni meridionali, dove la coltura è più
diffusa, il prodotto si può trovare tutto l’anno, con maggiore richiesta tra
settembre e maggio.
Ecco come cucinarla
Il piatto più classico con le cime di rapa è quello che si prepara unendole
alle orecchiette, possibilmente confezionate a mano. Sono apprezzate anche
come contorno, semplicemente lessate e condite, oppure ripassate in padella
con un po’ di aglio. Così cucinate si accompagnano bene ai formaggi,
soprattutto a quelli stagionati ad iniziare dal pecorino.
Sono ottime se cucinate con le salsicce, ma nel centro-meridione i modi per
prepararle sono numerosi.
Si può poi, mettendo assieme un prodotto del nord come il riso e del sud
come le cime di rapa, preparare un gustoso risotto.
Una particolare attenzione si dovrà prestare nel pulirle per eliminare,
eventualmente, le parti un po’ troppo «dure» (come ad esempio alcuni
piccioli delle foglie o una loro porzione).
Va ricordato che dopo la scottatura in acqua bollente, ed il completo
raffreddamento, si può conservarle in congelatore in sacchetti di
polietilene per alimenti.
(1) Il nome botanico della cima di rapa
(che appartiene alla Famiglia delle Crucifere o Brassicacee) è Brassica
rapa, ma in alcuni testi viene espresso in modo più preciso: Brassica rapa,
subspecie sylvestris varietà esculenta.
(2) L’infiorescenza della cima di rapa è un corimbo, i singoli
fiori cioè sono portati da peduncoletti di lunghezza diversa in modo che
dall’esterno paiono tutti alla stessa altezza.
Di seguito riportiamo l’indirizzo di alcune ditte
sementiere che dispongono di semi di cima di rapa delle varietà citate
nell’articolo; tra parentesi sono riportate le varietà che hanno in
catalogo:
– F.lli Ingegnoli - Via O. Salomone, 65 - 20138 Milano - Tel. 02
58013113 - Fax 02 58012362, vendono a privati e per corrispondenza (A-B-C-D).
Sconto «Carta Verde»:
5% valido fino al 30/11/2006.
– Hortus Sementi - Via Emilia, 1820 - 47020 Longiano (Forlì Cesena) -
Tel. 0547 57569 - Fax 0547 57499, segnalano il rivenditore (A-B-C-D-E).
– L’ortolano - Via Calcinaro, 2425 - 47023 Cesena (Forlì Cesena) -
Tel. 0547 381835 - Fax 0547 639280, segnalano il rivenditore (A-B-C-D).
– Oxadis - Via Cappuccini, 4/B - 26100 Cremona - Tel. 0372 434943 -
Fax 0372 435572, segnalano il rivenditore (B-C).
– Royal Sluis - Via Pacinotti, 10 - 41037 Mirandola (Modena) - Tel.
0535 24157 - Fax 0535 21750 (A-B-C-D).
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