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Vita in Campagna
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7-8
Luglio-Agosto

  2006
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ORTO
E' tempo di seminare la cima di rapa, un ortaggio di cui si mangiano foglie e fiori

 


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La coltivazione della cima di rapa può risultare un’esperienza positiva specialmente per i piccoli coltivatori del nord Italia, dove questo ortaggio è ancora poco conosciuto. Coltivarla è piuttosto semplice visto che si adatta a vari tipi di terreno e non richiede particolari cure. Negli orti familiari può riuscire senza alcun intervento antiparassitario. Fornisce un prodotto molto gradito ai buongustai

La coltura della cima di rapa – o broccoletto oppure broccoletto di rapa – è diffusa nel centro Italia (Lazio) e ancora di più nel meridione (Puglia, Campania, Basilicata, Calabria) dove rappresenta un ortaggio caratteristico legato ad usanze alimentari ben radicate.
Nel nord Italia è invece un prodotto meno conosciuto, soprattutto perché non vi sono piatti tipici tradizionali legati alla cima di rapa come avviene nel meridione.
Bisogna però dire che, specialmente dall’autunno avanzato fino a marzo, pure nelle regioni settentrionali si trova con discreta facilità presso i più riforniti rivenditori di prodotti ortofrutticoli.
La conoscenza via via maggiore di piatti tipici delle nostre cucine regionali dovrebbe comunque portare ad un apprezzamento maggiore della cima di rapa, così come è successo per il broccolo verde (o calabrese).
Nel settentrione ripetute coltivazioni, anche se in superfici non molto estese, hanno dimostrato che si può ottenere un prodotto di qualità limitandosi però, per motivi climatici, alla coltura di varietà precoci.
Come si presenta la pianta
Quando è completamente formata, la pianta della cima di rapa (1) può avere un’altezza variabile da circa 40 centimetri nelle varietà precoci ad un metro e più in quelle tardive a ciclo lungo.
Le foglie hanno forme un po’ diverse, ma quasi sempre risultano evidenti dei lobi ed il picciolo. La lunghezza complessiva delle foglie può superare facilmente i 30 centimetri. Sono in genere lisce ed hanno colore verde medio-verde chiaro.
I fiori sono riuniti in infiorescenze (2) e rappresentano, assieme alle foglie che le circondano, la parte che si utilizza. L’infiorescenza è larga attorno ai 5 centimetri nelle varietà dotate di maggiore precocità, mentre in quelle più tardive raggiunge i 10 centimetri.
I fiori sono di colore giallo. Quando viene raccolta l’infiorescenza (con i fiori chiusi), se le condizioni climatiche lo consentono si sviluppano dei germogli laterali, i quali emettono infiorescenze secondarie che vanno raccolte e utilizzate sempre quando i fiori sono ancora chiusi.
Le radici si sviluppano abbastanza in superficie e sono piuttosto simili tra loro (fascicolate), soprattutto nelle piante sottoposte a trapianto.
La durata del ciclo di coltivazione dipende dalla maggiore o minore precocità delle varietà. In quelle precoci è di 50-60 giorni dalla germinazione del seme, in quelle più tardive arriva a 170-180 giorni.
La cima di rapa predilige un clima mite
La cima di rapa è un ortaggio caratteristico delle zone mediterranee e dimostra minore resistenza al freddo rispetto alla rapa.
Ripetute gelate, come quelle che si verificano in pianura padana in prossimità dell’inverno, possono danneggiarla in modo piuttosto serio. Per questo è più adatta alle zone miti del centro e del meridione. Comunque nel nord si può programmarne la coltivazione in modo da raccoglierla completamente prima dei grandi freddi.
Nelle zone del meridione in cui rappresenta una coltura tradizionale, la cima di rapa viene coltivata, pur se in misura decisamente minore rispetto al periodo autunno-invernale, anche nei mesi caldi.
Non appena si forma l’infiorescenza questa viene subito raccolta altrimenti i fiori si aprono e il prodotto risulta di qualità gustativa inferiore.
Per fornire elevate produzioni abbisogna di ripetute irrigazioni, specialmente nella fase estiva della coltura ed anche in autunno – almeno nella prima parte – se le piogge fossero scarse.
In commercio si possono trovare diverse varietà
I semi di cima di rapa si trovano abbastanza facilmente presso i rivenditori anche nel nord Italia. La differenza tra le varietà si basa soprattutto sulla durata del ciclo colturale e sullo sviluppo delle piante che, di regola, è maggiore in quelle più tardive.
Le varietà più diffuse sono: Quarantina (A), Sessantina (B), Novantina (C), Centoventina (D), o 120 giorni o Gennarese. Di queste varietà esistono alcune selezioni.
Nelle regioni settentrionali è consigliato adottare quelle più precoci (Quarantina, Sessantina) per poter raccogliere prima delle forti gelate invernali.
Nel centro-sud sono in commercio, oltre a quelle menzionate, varietà e selezioni che si possono trovare localmente, come Aprilatica (E) e diverse altre.
Si adatta a vari tipi di terreno
L’adattabilità della cima di rapa a vari tipi di terreno è piuttosto elevata. Essendo una coltura che trascorre spesso nel terreno l’autunno e pure l’inverno, bisogna curare che lo sgrondo dell’acqua dalle aiole avvenga nel modo più rapido possibile.
La reazione (pH) del terreno più adatta è attorno a 7 (suoli neutri).
È necessario lasciar trascorrere almeno due anni prima di far tornare la cima di rapa nella stessa aiola o dopo ortaggi che appartengono alla sua stessa famiglia botanica, quella delle Crucifere (o Brassicacee), come ad esempio cavolo cappuccio, verza, broccolo, cavolfiore, cavolo di Bruxelles, cavolo toscano, cavolo rapa, cavolo cinese, rapa ed anche ravanello e rucola.
Qualche suggerimento pratico per la coltivazione
Concimazione organica.
Per quanto riguarda la concimazione, bisogna essere molto prudenti nella distribuzione di concimi azotati perché questo ortaggio può accumulare nitrati (soprattutto nello stelo e nelle foglie),
sostanze che potrebbero presentare problemi per la nostra salute.
In un piccolo orto si può fare anche a meno di usare concimi azotati, accontentandosi di produzioni meno abbondanti. È pure sconsigliabile distribuire letame o compost prima dell’impianto. È invece opportuno mettere a dimora la cima di rapa dopo una coltura letamata (per esempio lo zucchino) perché possa usufruire di quanto la coltivazione precedente ha lasciato nel terreno (fertilità residua).
Concimazione minerale.
Per completare/integrare la dotazione di elementi nutritivi del terreno si possono poi distribuire, se possibile metà quando si vanga e metà durante i lavori di lavorazione superficiale prima del trapianto, circa 40 grammi per metro quadrato di perfosfato minerale-19 e 25-30 grammi di solfato di potassio-50.
È opportuno impiegare l’azoto solo nei terreni più poveri e nelle coltivazioni più stentate e solamente alla coltura in atto – cioè in copertura – a seconda di come si presenta la vegetazione. Si potrebbe intervenire in media tre volte impiegando in totale 15-25 grammi di solfato ammonico-20 per metro quadrato (5-8 grammi per volta).
La concimazione in copertura inizia, dopo il trapianto, quando le piante sono ben attecchite, e si ripete a intervalli di 10-12 (15) giorni. Solo in caso di vegetazione stentata si può eseguire un’altra concimazione azotata in copertura, che in ogni caso va effettuata lontano dall’inizio della raccolta (almeno un mese).
Per la concimazione sia prima dell’impianto che in copertura si possono adoperare concimi contenenti guano (ammessi nelle colture biologiche) facendo attenzione perché contiene azoto (bisogna verificare la percentuale di azoto nel concime che si usa e attenersi per le quantità da impiegare alle istruzioni allegate ai singoli prodotti).
Sistemazione del terreno.
Prima di trapiantare – o seminare direttamente – bisogna curare la sistemazione delle aiole in modo che sgrondi facilmente l’acqua. In suoli compatti e pesanti è consigliabile sistemare il terreno a porche (quindi formando le aiole ad arco).
Semina.
Pur essendo possibile e praticata la semina diretta seguita dal diradamento, un piccolo coltivatore può prodursi facilmente le piantine con il pane di terra da trapiantare.
A questo scopo la semina si esegue direttamente in contenitori alveolati (ad esempio delle dimensioni di cm 50x30, con 45-50 alveoli), sempre utilizzando l’apposito terriccio per semine, ponendo per sicurezza due semi per alveolo (una volta avvenuta la germinazione si tiene la piantina migliore). In un grammo sono contenuti in genere più di 500 semi.
La temperatura migliore per la germinazione è attorno ai 25° C. Le piantine, in genere, sono pronte per la messa a dimora dopo 25-35 giorni dalla semina.
In pianura padana l’epoca di semina più indicata per questa coltura è compresa tra la fine di giugno e la fine di luglio. Per le altre zone della penisola, a mano a mano che ci si sposta verso il meridione, le semine si possono ritardare fino a tutto settembre, tranne nelle aree più fresche dove è opportuno seminare circa nello stesso periodo della pianura padana. Al contrario, nelle località con i climi più miti parte delle semine vengono eseguite pure in inverno per raccolte primaverili. In ogni caso la coltura più diffusa nei piccoli orti è quella che va da metà-fine estate ad inizio primavera.
Nel meridione è diffusa la semina diretta. In questo caso, al momento della semina si tengono tra le file le distanze che si ritengono più adatte alla varietà coltivata (40-50 centimetri). In seguito, non appena le piantine si possono maneggiare, si diradano sulla fila, sempre in rapporto allo sviluppo delle varietà (20-30 centimetri). Per seminare un metro quadrato si impiegano 0,1-0,15 grammi di seme. Il seme va interrato pochissimo, al massimo 2-3 millimetri.
Trapianto.
Le distanze d’impianto sono abbastanza variabili perché possono andare, a grandi linee, da 40-50 centimetri tra le file e 20-30 centimetri sulla fila. In ogni caso tali distanze dovranno venire adeguate allo sviluppo delle varietà, che è maggiore in quelle tardive.
Nel nord Italia per ottenere un regolare sviluppo delle piante è consigliabile trapiantare non oltre la terza decade di agosto.
Qualora si disponesse di piante troppo cresciute in altezza, invece che affondarle maggiormente nel terreno, è consigliabile sorreggerle con un piccolo tutore.
Pulizia dalle erbe infestanti.
I lavori di coltivazione si limitano al diserbo – che si esegue con una piccola zappa e/o con un estirpatore – che deve essere molto accurato quando le piantine sono nelle prime fasi di crescita. In seguito le cime di rapa, sviluppandosi, ricoprono (ombreggiano) il terreno e gli interventi quindi si diradano o terminano.
Pacciamatura.
Anche per questa coltura la pacciamatura (in special mo-do se si esegue il trapianto), pur non essendovi mol-te esperienze, potrebbe dare buoni risultati. Si possono impiegare teli plastici scuri – pure degradabili nel terreno – oppure paglia.
Irrigazione.
Le colture vanno seguite già dal momento del trapianto con moderate e ripetute irrigazioni fino a quando è avvenuto l’attecchimento.
In seguito vanno irrigate in modo costante, specialmente nelle annate con andamento stagionale siccitoso.
È necessario però evitare eccessi che possono provocare ristagni e causare ingiallimenti alle foglie.
Si può coltivare senza interventi antiparassitari
Di regola la cima di rapa si ottiene senza alcun trattamento antiparassitario. Tuttavia in alcune annate potrebbero verificarsi forti attacchi di rapaiola (Pieris rapae, attorno ai 30 mm, vedi foto sotto) che potrebbero risultare particolarmente dannosi quando le piante sono nelle prime fasi di sviluppo. Se le larve sono in numero limitato è possibile raccoglierle a mano, mentre in caso di forti infestazioni si può intervenire con un prodotto a base di Bacillus thuringiensis, < COLOR="#36a6e8">non classificato (10-20 grammi in 10 litri d’acqua, 3 giorni di tempo di sicurezza, ammesso nelle colture biologiche). È più indicato trattare quando le larve sono nei primi stadi di sviluppo e verso sera.
La coltivazione organica (biologica)
La coltivazione organica risulta simile a quella sopra esposta. Nelle colture organiche invece dei concimi minerali indicati sopra è possibile adoperare, come accennato, fertilizzanti a base di guano, con la prudenza suggerita dal fatto che contengono azoto.
I prodotti antiparassitari a base di Bacillus thuringiensis indicati sopra sono ammessi anche in agricoltura biologica.
In commercio sono disponibili sementi che provengono da coltura organica (varietà Sessantina).
La raccolta si esegue prima che i fiori si aprano
La raccolta si esegue quando le infiorescenze sono completamente formate. Bisogna però eseguire il taglio prima che i piccoli fiori inizino ad aprirsi. Quando si raccoglie in ritardo, ed i fiori si presentano aperti, le cime di rapa perdono qualità. Assieme all’infiorescenza si raccolgono anche le foglie che la circondano.
Una volta asportata l’infiorescenza principale, se le condizioni climatiche lo permettono, si sviluppano i germogli laterali, che a loro volta si raccoglieranno non appena giunti a maturazione.
Quando si raccoglie l’infiorescenza principale si deve eseguire il taglio piuttosto «alto», in modo da non impedire la formazione dei germogli laterali (occorre lasciare almeno 15 centimetri di fusto). Per la raccolta si può usare un coltello ben affilato, oppure forbici da potatura.
Le cime di rapa, una volta raccolte, si pongono con delicatezza in una cassetta e si portano in un locale riparato. È da ricordare che le infiorescenze ed i germogli sono particolarmente delicati e quindi bisogna trattarli con tutte le cautele necessarie per evitare rotture che possano togliere pregio a questo prodotto.
Da 10 metri quadrati di coltivazione si possono raccogliere da 10 a 20-25 chilogrammi di prodotto, a seconda del numero di raccolte (infiorescenza principale più germogli laterali; in genere si ottengono minori quantità con le varietà precoci) che è possibile eseguire.
Va tenuto presente che nelle regioni meridionali, dove la coltura è più diffusa, il prodotto si può trovare tutto l’anno, con maggiore richiesta tra settembre e maggio.
Ecco come cucinarla
Il piatto più classico con le cime di rapa è quello che si prepara unendole alle orecchiette, possibilmente confezionate a mano. Sono apprezzate anche come contorno, semplicemente lessate e condite, oppure ripassate in padella con un po’ di aglio. Così cucinate si accompagnano bene ai formaggi, soprattutto a quelli stagionati ad iniziare dal pecorino.
Sono ottime se cucinate con le salsicce, ma nel centro-meridione i modi per prepararle sono numerosi.
Si può poi, mettendo assieme un prodotto del nord come il riso e del sud come le cime di rapa, preparare un gustoso risotto.
Una particolare attenzione si dovrà prestare nel pulirle per eliminare, eventualmente, le parti un po’ troppo «dure» (come ad esempio alcuni piccioli delle foglie o una loro porzione).
Va ricordato che dopo la scottatura in acqua bollente, ed il completo raffreddamento, si può conservarle in congelatore in sacchetti di polietilene per alimenti.

(1) Il nome botanico della cima di rapa (che appartiene alla Famiglia delle Crucifere o Brassicacee) è Brassica rapa, ma in alcuni testi viene espresso in modo più preciso: Brassica rapa, subspecie sylvestris varietà esculenta.
(2) L’infiorescenza della cima di rapa è un corimbo, i singoli fiori cioè sono portati da peduncoletti di lunghezza diversa in modo che dall’esterno paiono tutti alla stessa altezza.

Di seguito riportiamo l’indirizzo di alcune ditte sementiere che dispongono di semi di cima di rapa delle varietà citate nell’articolo; tra parentesi sono riportate le varietà che hanno in catalogo:
F.lli Ingegnoli - Via O. Salomone, 65 - 20138 Milano - Tel. 02 58013113 - Fax 02 58012362, vendono a privati e per corrispondenza (A-B-C-D). Sconto «Carta Verde»: 5% valido fino al 30/11/2006.
Hortus Sementi - Via Emilia, 1820 - 47020 Longiano (Forlì Cesena) - Tel. 0547 57569 - Fax 0547 57499, segnalano il rivenditore (A-B-C-D-E).
L’ortolano - Via Calcinaro, 2425 - 47023 Cesena (Forlì Cesena) - Tel. 0547 381835 - Fax 0547 639280, segnalano il rivenditore (A-B-C-D).
Oxadis - Via Cappuccini, 4/B - 26100 Cremona - Tel. 0372 434943 - Fax 0372 435572, segnalano il rivenditore (B-C).
Royal Sluis - Via Pacinotti, 10 - 41037 Mirandola (Modena) - Tel. 0535 24157 - Fax 0535 21750 (A-B-C-D).

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