POLITICA
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Mozzarella di bufala nella bufera |
Prime ripercussioni dell’allarme diossina.
Come era facile prevedere, l’allarme diossina nel latte di bufala,
giustificato o meno che sia, sta provocando danni gravissimia uno dei più
pregiati prodotti dell’agroalimentare italiano.
Tanto
tuonò che piovve. Dopo che da settimane si parlava sugli organi di stampa di
pericolo diossina in Campania come conseguenza dell’emergenza rifiuti, ecco
arrivare le prime conseguenze: a pagare, per il momento, è la mozzarella di
bufala, con la decisione di Corea e Giappone di sospendere le importazioni
del formaggio campano in attesa di ulteriori accertamenti.
Sul piano pratico non si tratterebbe di un grande problema, viste le ridotte
quantità coinvolte, ma è evidente che in casi come questo l’effetto valanga
è quasi inevitabile.
Si ha un bel dire che l’allarme è eccessivo e che il pericolo reale è assai
modesto, ma a livello di immagine il danno è già fatto ed è gravissimo.
Continuano i controlli sul territorio
Nei giorni scorsi, intanto, i Carabinieri del Nas e del Nucleo operativo
ecologico, al fine di verificare l’eventuale presenza di diossina, hanno
effettuato nuovi interventi in 80 allevamenti di bufale della provincia di
Caserta e in 25 caseifici, due dei quali in provincia di Avellino, dove è
stata accertata nella mozzarella un tasso di contaminazione superiore alla
norma.
L’intento è scoprire chi ha venduto ai caseifici campani latte con diossina.
Dopo che in questi mesi sono stati raccolti dall’Istituto zooprofilattico
sperimentale di Portici (Napoli) i campioni inviati ai laboratori per le
diossine, si attende l’esito dei risultati per individuare le
responsabilità. L’Istituto ha prelevato da gennaio 2007 a oggi 326 campioni
prevalentemente su latte e derivati in 165 caseifici e in 25 casi è stata
evidenziata un’anomalia.
La positività, spiega il commissario Antonio Limone, «è in valori di poco
superiori alla soglia consentita». L’elenco di 66 allevamenti che sono stati
individuati per avere conferito il latte ai 25 caseifici in questione è
stato ampliato con altri 17, sui quali si è deciso di concentrare i
controlli. «Siamo partiti – spiega Limone – dai caseifici che rappresentano
l’anello finale della catena perché la priorità è la tutela del consumatore.
Poi siamo andati a ritroso per arrivare alle aziende conferenti».
Il metodo di monitoraggio e di distruzione del latte che presenta
percentuali di diossina superiore alla norma, così come deciso da Regione e
Asl, viene contestato dagli allevatori. La norma prevede che le analisi sui
campioni di latte vengano effettuate direttamente nei caseifici e, nel caso
che in una partita si riscontri concentrazione di diossina superiore a 6
picogrammi per 1 grammo di grasso, oltre i parametri previsti dalla norma,
si procede al sequestro preventivo di tutti i fornitori di latte del
caseificio.
Occorre fare al più presto chiarezza per separare «la poca zizzania dal
tanto grano» e tutelare l’immagine di uno dei prodotti più rappresentativi
del made in Italy come la mozzarella di bufala, afferma la Coldiretti, che
sottolinea la volontà di costituirsi parte civile nei confronti di eventuali
comportamenti criminosi e chiede una rapida conclusione delle indagini.
È necessario tutelare gli allevatori dall’uso inconsapevole dei mangimi
contaminati e per questo – sottolinea Coldiretti – occorre rafforzare i
controlli da parte delle Asl e garantire la qualità con la rintracciabilità
e la certificazione. Serve subito una task force con il potenziamento del
personale veterinario, per garantire la salute dei consumatori e gli stessi
allevatori e produttori di mozzarella.
Di mozzarella di bufala ne vengono prodotte circa 33.000 t, con un fatturato
di oltre 300 milioni di euro e 20.000 occupati. È al quarto posto per
produzione tra i formaggi dop in Italia e in Campania si ottiene circa il
90% del prodotto trasformato, mentre il basso Lazio e la provincia di Foggia
ne trasformano il 10%. Anche se è soprattutto il mercato italiano che
assorbe la produzione, il 16% della produzione viene esportata, soprattutto
nei Paesi europei, ma si sta estendendo anche al Giappone e ad altri Paesi
extraeuropei, a cominciare dalla Russia.
In merito alle operazioni effettuate da parte dei Nas e del Noe dei
Carabinieri, il Consorzio di tutela mozzarella di bufala campana ha tenuto a
precisare che nel caso dei caseifici è stato effettuato il semplice
sequestro probatorio di alcuni prodotti lattiero-caseari, al fine di
verificare in essi l’eventuale presenza di diossine. Nessun caseificio è,
quindi, sotto sequestro.
Tale attività – informa il Consorzio di tutela – è un atto dovuto. È stata
infatti svolta su delega dell’autorità giudiziaria, che per prassi riceve
dalle Asl competenti per territorio i verbali di sequestro degli allevamenti
sui quali vi era il sospetto di produzione di latte con diossine oltre la
soglia di legge. Tali sequestri comportano obblighi tanto per i caseifici
(il non ritiro del latte dagli allevamenti sequestrati) quanto per gli
allevatori, che non possono in nessun caso vendere il latte per scopi
alimentari.
Le ispezioni dei Carabinieri sono volte ad accertare che i caseifici abbiano
ottemperato all’ordine dell’autorità sanitaria di non ritirare più il latte
presso gli allevamenti posti sotto sequestro fino a nuovo ordine: da qui il
prelievo di campioni (così detto sequestro probatorio) di prodotti lattiero
caseari.
Comunque vada a finire questa vicenda, sarebbe un bel segnale per il nostro
Paese se venisse accertato chi ha le responsabilità per tutto ciò e se
qualcuno pagasse.
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