riviste mensili agricole, riviste settimanali agricole, riviste agricoltura, riviste online agricoltura, riviste agricole specializzate, riviste specializzate agricoltura

riviste agricole, mondo agricoltura, riviste agricoltori  
riviste agricoltura, testate agricoltura, edizioni agricoltura
 
   
Home Riviste   L'Informatore Agrario   Vita in Campagna   Vivere La Casa in Campagna   Mad   Origine   International Agricultural Policy  

elenco prodotti in vendita
n°prodotti: 0
Totale: E. 0,00
cassa

chi siamo





riviste agricole, rivista per gli amanti della campagna, rivista sull'agricoltura professionale, riviste sull'agricoltura non professionale, edizioni dedicate al mondo agricolo, riviste specializzate in agricoltura, testate e giornali online agricoltura

Vita in Campagna
Sommario rivista Approfondimento
03
Marzo

  2006
segnala ad un amico  invia ad un amico    scrivi un commento alla redazione  scrivi alla redazione
non in vendita
I LAVORI DI MARZO-APRILE
Il bosco


Scarica l'articolo completo formato pdf zippato (273 Kb)

Per la corretta visualizzazione dei files scaricabili in formato *.PDF, consigliamo l'utilizzo di Adobe Acrobat Reader.
E' possibile scaricare il software gratuitamente cliccando sull'icona qui sotto
 


Bosco naturale
Lavori
I mesi di marzo ed aprile coincidono di solito con il termine del periodo di taglio dei boschi cedui in molte parti delle nostre regioni, ad eccezione delle località poste oltre i 1.000 metri di altezza, ove generalmente si possono eseguire le operazioni di abbattimento fino al 15 maggio. Inizia quindi la fase di esbosco e riordino delle «tagliate» (zone in cui è stato effettuato il taglio delle piante) di cui ci occuperemo in questo bimestre.
Il giudizio che comunemente viene attribuito alla qualità ed al valore di un bosco si basa spesso e volentieri sul concetto di pulizia ed ordine; frequentissimo è infatti il richiamo ed il ricordo dei «boschi del passato» in cui, a detta degli anziani proprietari, si poteva anche... camminare a piedi nudi.
Se da un lato la selvicoltura attuale ritiene che tale concetto sia eccessivamente semplificativo dell’idea di bosco come «ecosistema complesso», è indubbio che anche l’occhio vuole la sua parte e che quindi i lavori di sistemazione delle ramaglie e di esbosco del legname sono altrettanto importanti delle altre operazioni colturali.
Terminato il taglio, si hanno infatti circa trenta giorni di tempo per l’allestimento e lo sgombero del legname; queste due operazioni si devono effettuare senza causare danni alla vegetazione esistente e soprattutto alla rinnovazione, in modo che le giovani piantine che si stanno affermando possano svilupparsi rapidamente andando a sostituire nel tempo quelle appena tagliate.
La ramaglia ed ogni residuo di utilizzazione di diametro inferiore a 10-15 cm devono essere asportati dal bosco o, previo depezzamento a 100-150 cm di lunghezza, ammucchiati in luoghi in cui non ostacolino la crescita della rinnovazione.
Se si decide di accatastare la ramaglia, bisogna avere l’accortezza di distribuirla al meglio, sfruttando – se presenti – gli avvallamenti e le buche del terreno per favorire la decomposizione del cumulo, che va posto comunque ad una distanza di almeno 5 metri da sponde di corsi d’acqua, sentieri e mulattiere, e di almeno 15 metri dal bordo di strade, piste di accesso e viali tagliafuoco.
L’altra soluzione è legata all’eventuale possibilità di bruciare la ramaglia ed i residui di lavorazione: attenzione però ai rischi di innesco di incendi boschivi e ai divieti imposti a livello regionale o locale nei periodi di grave pericolosità, che nelle regioni del nord Italia coincidono con l’inverno e l’inizio primavera.
Consigliamo di limitare al massimo tale pratica, non solo per i rischi di incendio (mai da sottovalutare!), ma anche per il fumo e gli elementi che la legna verde emana bruciando a basso calore (ad esempio il creosoto, un catrame oleoso e nero facilmente riconoscibile sulle canne fumarie o nei camini).
Una volta eliminata o sistemata la ramaglia più fine, si procede al concentramento ed all’esbosco dei tronchi, utilizzando la viabilità o le strutture esistenti. Co­no­scere bene l’esatta dislocazione e condizione delle strade forestali, la dotazione di mezzi meccanici, le attrezzature specifiche, oltre che la conformazione e morfologia del terreno, permette di organizzare al meglio il recupero del legname.
Ad esempio, all’interno delle tagliate è possibile, entro limiti definiti dalle singole «Prescrizioni di massima e polizia forestale» (PMPF) regionali, realizzare piste di esbosco temporanee (con obbligo di ripristino) attraverso le quali far transitare i trattori muniti di verricello per il recupero dei tronchi interi o tagliati «lunghi». Il concentramento a strascico è tuttavia consentito, senza causare danni a suolo e soprassuolo, solo dal letto di caduta sino alla più vicina via di esbosco.
In assenza di viabilità forestale i sistemi da impiegare differiscono in base a fattori quali la pendenza del versante, il tipo di legna da esboscare (alto fusto o ceduo), nonché agli usi e alle abitudini locali.
Nei boschi cedui, dove i tronchi hanno forme e diametri irregolari, spesso si preferisce tagliare i tronchi in lunghezze minori (2-3 metri al massimo), legarli in piccoli fasci e farli pervenire a valle mediante i cosiddetti «palorci» o fili a sbalzo, funi metalliche messe in opera al posto delle più complesse e costose «gru a cavo» di cui però sfruttano i medesimi principi.
Entrambe le strutture necessitano in ogni caso di apposite autorizzazioni, mol­to spesso rilasciate a cura delle singole am­ministrazioni comunali.
Nel caso di boschi d’alto fusto, ancorché di conifera, oltre ai sistemi già descritti, sono molto efficaci sui versanti ripidi le canalette o «risine» di materiale plastico o metallico, che consentono di inviare verso valle, come in un lungo scivolo, la legna tagliata nelle varie parti del bosco.
Quando saranno terminate le operazioni di recupero di tutta la legna e della rama­glia, sarà possibile procedere infine con i lavori necessari per sistemare i solchi lasciati dai trattori o dai tronchi trascinati dal verricello, per livellare o richiudere le piste temporanee realizzate, per smontare le gru a cavo o i fili a sbalzo e per mettere a dimora delle giovani piantine laddove si siano create radure o tagliate troppo ampie senza rinnovazione naturale.

Arboreto da legno
Lavori
L’epoca per la messa a dimora delle piante è compresa tra ottobre e marzo. Non vi è una regola precisa sulla scelta del periodo, anche se è bene tenere presente che in autunno vi sono dei vantaggi dovuti al miglior adattamento delle radici al suolo ancora «caldo» e alla minor traspirazione fogliare.
Le piantagioni nella tarda primavera sono comunque da evitarsi. Le piante infatti, già entrate in vegetazione, subiscono uno «shock» da trapianto e dovranno essere sottoposte a frequenti ed abbondanti irrigazioni. Tuttavia, in funzione dell’andamento stagionale, si può approfittare del mese di marzo con sufficiente tranquillità per impianti, sostituzione di fallanze o arricchimenti.
Tralasciando la descrizione dettagliata di un nuovo impianto, a cui dedicheremo più spazio ne «i Lavori» di settembre-ottobre, nella prima metà di questo bimestre si può procedere a sostituire le fallanze derivanti da impianti effettuati in autunno o negli anni precedenti, eliminando le piante morte o non sviluppate, con l’accortezza di utilizzare le stesse specie ed esemplari, di dimensioni uguali o leggermente superiori a quelli già in vegetazione, per non alterare la struttura e la composizione del popolamento.
Sempre in questo periodo si possono anche eseguire arricchimenti laddove siano state messe a dimora latifoglie pregiate (ciliegio, noce, frassino, quercia, ecc.) in purezza. Il caso è frequente negli impianti di vecchia data dove l’uso delle specie «di accompagnamento» o «accessorie» non era abituale o, addirittura, era considerato competitivo nei confronti delle specie principali.
L’arricchimento è efficace però se fatto entro 3-5 anni al massimo dall’impianto iniziale; dopo tale lasso temporale non si riuscirebbe più a correggere eventuali difetti di crescita e migliorare quindi le caratteristiche produttive (minor ramosità, fusti regolari e diritti, ecc.). Le specie impiegabili sono diverse: pioppo (bianco e nero), olmo, ontano (varie spp.), acero campestre e robinia sono solo alcune di queste.
In entrambi i casi è meglio procurarsi le piantine presso vivai che rilascino la certificazione di provenienza ed il relativo passaporto (per alcune specie è obbligatorio), soprattutto se queste sono da inserire in impianti realizzati mediante finanziamenti del «Piano di sviluppo rurale».
Molte Regioni hanno vivai di proprietà, in cui vengono prodotte latifoglie pregiate con differenti varietà e cloni adatti a specifiche condizioni ambientali, preferibili rispetto a materiale vegetale di origine sconosciuta o proveniente da aree geografiche magari molto lontane da quelle in cui si sta operando.
Prima di effettuare l’acquisto delle piantine, verificate più di un fornitore e, nel dubbio, rivolgetevi agli uffici competenti degli enti locali (Comunità montane, Aziende regionali per le foreste, Corpo forestale dello Stato, Province autonome).

Siepe campestre
Lavori
Nella campagna spesso si trovano luoghi con molte giovani piante. Soprattutto nei boschi appena tagliati e sotto alberi solitari nascono in abbondanza sambuco, acero, evonimo, biancospino, sanguinella, prugnolo, alloro, querce e molte altre specie che possono essere sradicate e trapiantate nelle siepi che hanno subito un taglio di utilizzazione (vedi «i Lavori» di gennaio-febbraio, a pag. 69).
Per le siepi con orientamento est-ovest si devono scegliere specie prevalentemente arbustive e a portamento basso, con l’accortezza inoltre, se possibile, di localizzarle a sud di canali, strade o capezzagne, in modo da ridurre ulteriormente l’ombreggiamento delle coltivazioni.
Diversamente, nelle siepi con andamento nord-sud, si devono inserire alberi a medio e grande sviluppo, che forniranno prodotti legnosi senza ombreggiare i prati o le colture adiacenti.
La piantagione deve rispettare le normali procedure di impianto:
a) scavate delle buche di dimensioni generose (50 x 50 x 50 cm) disponendo una piccola palata di letame maturo sul fondo ricoperta da un successivo leggero strato di terra;
b) scegliete e collocate a dimora piantine di almeno due anni, a radice nuda o con pane di terra, facendo attenzione che il colletto (base del fusto, visibile per il leggero rigonfiamento e per il cambio di colore della corteccia) sia posto al livello che aveva in vivaio o nel vaso (si può affondarlo al massimo per 2 cm);
c) riempite con terra fine dello scavo, comprimendola per farla aderire alle radici;
d) utilizzate dei dischi pacciamanti od altro materiale (cortecce, ramaglie cippate, paglia, ecc.) per contenere lo sviluppo di erbe e ricacci;
e) completate l’impianto posizionando dei pali tutori (che serviranno anche ad individuare le piantine nelle successive manutenzioni) insieme ad eventuali «shelter» o reti per la difesa dai danni che può provocare la fauna selvatica (vedi Vita in campagna 1/2005, pag 49);
f) in ultimo accorciate i rami (tanto più se l’impianto viene effettuato in prossimità della ripresa vegetativa) per evitare una eccessiva traspirazione dovuta ad un eccesso di fogliame rispetto ad un apparto radicale non ancora funzionante.

 
Sommario rivista A cura di: Niccolò Mapelli


la ricerca

trova 

© 2024 Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l. - Tutti i diritti riservati