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L'agroalimentare italiano che conta |
I dati del rapporto di Mediobanca
Barilla Holding è il primo gruppo di questo
settore e il 20° nella classifica per fatturato delle società industriali e
di servizi italiane; seguono Ferrero, Nestlè Italiana e Veronesi. Il primo
in classifica tra i gruppi vinicoli, Caviro, è oltre il 500° posto nella
graduatoria generale
Sono stati recentemente resi noti
i dati dei fatturati 2005 delle principali società industriali e di servizi
italiane, pubblicati dall’ufficio
studi di Mediobanca (scaricabile dal sito
www.mbres.it).
Sono oltre 240 pagine di numeri relativi alle principali società italiane
che fatturano tra i 73 miliardi di euro (è il fatturato dell’Eni che è la
società più «ricca» d’Italia) e i 50 milioni di euro.
Si tratta di 950 gruppi e 2.701 imprese con una graduatoria che lo scorso
anno ha visto in testa, nell’ordine, Eni (73,7 miliardi di euro), Fiat
(46,5), Enel (32), Grtn-Gestore sistema elettrico nazionale (23,6), Telecom
Italia (17,1), Finmeccanica (10,9), Esso Italiana (9,8), Poste Italiane
(9,1), Erg (8,9), Riva Fire (8,5).
Noi, ovviamente, siamo andati a scoprire come si collocano, in questa
graduatoria del «Gotha» industriale italiano, le imprese dell’agroalimentare
(agricole, alimentari e affini, molitorie e della pastificazione,
conserviere, casearie, olearie, saccarifere e dolciarie, enologiche,
alimenti zootecnici). Abbiamo analizzato i dati riferiti alle società
maggiormente afferenti all’agroalimentare, tralasciando quelle che
realizzano il loro fatturato in attività talvolta decisamente lontane da
questo segmento.
La prima è la Barilla Holding (4,6 miliardi di euro) che si colloca al
ventesimo posto di questa classifica. A questo proposito è opportuna una
prima importante annotazione: Barilla raggiunge questo fatturato con oltre
20.000 dipendenti, mentre una società petrolifera come Erg fattura il doppio
con poco più di 2.500 addetti.
Si tratta, dal nostro punto di vista, di una significativa sottolineatura
che evidenzia come l’importanza di un’impresa vada valutata anche in
relazione al suo impatto a livello occupazionale. A questo proposito, lo si
vedrà anche più avanti, l’agroalimentare italiano rappresenta un segmento
strategico fondamentale anche
in termini di bacino di occupazione.
Dopo Barilla, l’azienda leader internazionale nel settore della pasta,
troviamo il noto marchio piemontese Ferrero e al terzo posto Nestlè
Italiana.
Decisamente importante la posizione della Veronesi Finanziaria, la società
capogruppo di Veronesi, un vero colosso dell’agroalimentare italiano con
marchi storici come Veronesi Mangimi, Aia, Negroni, Montorsi, Italsalumi,
Fini, tanto per citare i più noti.
Uno spazio rilevante lo occupano anche le società e i gruppi impegnati sul
versante lattiero-caseario italiano. Primo fra tutti, in questo contesto, il
gruppo Galbani seguito da Parmalat che nel 2005, fortunatamente, dopo le
disgraziate vicende ha ripreso a correre, e Granlatte (la società
cooperativa capogruppo di Granarolo).
A proposito di Parmalat va evidenziato come tuttora rappresenti uno dei
gruppi più importanti anche per quanto concerne l’occupazione, dando lavoro
a oltre 15.500 dipendenti.
Spostandosi sul versante conserve e succhi, il leader è Conserve Italia.
Nel comparto zootecnico troviamo, invece, al primo posto Unipeg, leader
cooperativo delle carni fresche e Inalca, il noto marchio del gruppo
Cremonini che, ricordiamo, con l’altro marchio Marr è anche tra i leader
nazionali nel settore della ristorazione collettiva.
Da sottolineare, inoltre, come al 279° posto di questa classifica troviamo
la Cooperativa produttori bieticoli (Coprob) a dimostrazione che, nonostante
le note difficoltà, il settore bieticolo-saccarifero rappresenta un
importante segmento dell’agroalimentare italiano.
Un capitolo a parte, in conclusione, lo dedichiamo alle società vitivinicole
che non occupano i primi posti di questa classifica. La prima, infatti, la
troviamo al 505° posto ed è Caviro, con un fatturato di circa 264 milioni di
euro, seguita da Gruppo Italiano Vini con 257 milioni di euro, Ilva Saronno
(la holding che detiene marchi importanti come il Duca di Salaparuta) con
230 milioni e dalla trentina Cavit con 162 milioni di euro.
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