UNIONE EUROPEA |
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Buone prospettive per la carne bovina |
Analisi della Commissione europea
Il mercato della vecchia Ue a 15 vedrà un leggero aumento dei consumi
nel 2007 mentre tornerà a crescere l’import dal Brasile. Prezzi medi in
tendenziale calo, fatta eccezione per l’Italia
La tendenza all’aumento della produzione di carne bovina
prevista per quest’anno non si prolungherà nel 2007 ma riprenderà il suo
calo strutturale.
L’Unione Europea consoliderà il suo deficit produttivo rispetto ai consumi
interni e le difficoltà conseguenti a decisioni politiche e sanitarie
rallenteranno le importazioni, per cui i prezzi alla produzione si
manterranno su livelli elevati.
Queste le conclusioni dell’analisi della Commissione europea in merito alle
previsioni del mercato interno delle carni bovine presentate a Bruxelles nei
giorni scorsi.
Il consueto appuntamento quest’anno era maggiormente atteso perché poteva
fornire le prime tendenze conseguenti all’applicazione della nuova pac
decisa con l’accordo di Lussemburgo del 26-6-2003. Tutti i Paesi hanno
applicato il regime di aiuti disaccoppiati totalmente o parzialmente dalle
produzioni. Altri fatti importanti sono stati poi il superamento della prima
fase di impatto con il mercato unico da parte dei 10 nuovi membri e il
ritorno del Regno Unito sul mercato continentale dopo dieci anni di
esclusione a causa della Bse. Infine sono state abolite le restituzioni
all’esportazione di carni bovine ai Paesi terzi che da anni sostenevano la
produzione di alcuni Paesi. Secondo i dati forniti dalla Commissione tutto
ciò ha portato degli effetti sul mercato ma al momento attuale gli stessi
non sono stati così forti da stravolgere le tendenze già in atto.
In effetti a fine 2005 il patrimonio bovino nei 25 Paesi dell’Unione si è
assestato a 85,8 milioni di capi con un leggero calo (0,8%) rispetto
all’anno precedente.
Il dato è il risultato di tendenze opposte con leggeri cali in Germania,
Belgio, Italia e Regno Unito, mentre Danimarca, Polonia e Repubblica Ceca
aumentano tra il 2 e il 3%. Stabile invece la principale mandria europea:
quella francese. Il calo è determinato soprattutto dal minor numero di
vacche da latte (–2%) e quindi è indipendente dalla nuova ocm, mentre quello
delle vacche nutrici è generalmente stabilizzato, fatto salvo piccoli
aumenti in Francia, Spagna e Austria. Tuttavia nel 2005 solo alcuni Paesi
avevano applicato il nuovo regime.
Stime 2006 e previsioni 2007
Più indicative sono le stime produttive per l’anno in corso e le previsioni
per il 2007 che sono state effettuate sui 15 vecchi Paesi membri non
essendovi dati storici di stime semestrali nei 10 nuovi aderenti prima del
loro ingresso nell’Unione.
Come evidenziato nella tabella
la
produzione di carne bovina nel 2005 si è attestata a circa 7,85 milioni di
tonnellate di cui 7,28 nei tradizionali 15 Paesi membri, mentre per il 2006
è previsto un aumento di circa il 2,2% sull’anno precedente. Tale tendenza
dipende principalmente dal Regno Unito (+14,8%), che quest’anno ha ripreso a
produrre per il consumo a seguito del termine del programma di distruzione
delle carni di animali di oltre 30 mesi, e pure Irlanda e Germania hanno
aumentato le macellazioni. In calo, ma su livelli contenuti, l’Italia, la
Spagna e la Francia. Le previsioni per il 2007 prevedono invece un leggero
calo delle macellazioni dell’1%, a 7,36 milioni di tonnellate.
Solo la Francia e la Spagna avranno un’offerta stabile, mentre sarà minore
in Irlanda, Germania e Regno Unito.
Vengono confermate quindi le precedenti previsioni a lungo termine fatte
dalla Commissione stessa. Dopo una fase iniziale di adattamento viene
consolidato il deficit produttivo dell’Unione nei prossimi anni, archiviando
così gli eccessi di produzione causati dalle precedenti ocm.
Nei 15 Paesi i consumi sono stati nel 2005 di circa 7,68 milioni di
tonnellate e si prevede un leggero incremento sia quest’anno che per il
2007. La Commissione ritiene quindi che la carne bovina non abbia
beneficiato in modo eccezionale degli effetti dell’influenza aviare ma che
essa abbia recuperato definitivamente la fiducia dei consumatori dopo la
crisi della Bse, consolidando la propria quota di mercato.
Considerato che le esportazioni hanno subito un tracollo (vengono infatti
stimate a poco più di 220.000 t nel 2006 e ancora meno per l’anno prossimo,
a causa dell’eliminazione delle restituzioni di cui beneficiavano i bovini
da macello e dello smantellamento progressivo di quelle accordate alle
carni), il deficit di produzione dovrebbe scendere dalle 355.000 t dello
scorso anno a 268.000 quest’anno per poi risalire ulteriormente a 359.000 t
nel 2007. Tale deficit dovrebbe essere coperto dalle importazioni da Pesi
terzi, Brasile e Argentina in particolare.
Nel 2006 le importazioni dovrebbero ridursi a circa 475.000 t a causa
dell’afta epizootica in Brasile e del blocco delle esportazioni deciso per
motivi di politica interna dalle autorità argentine, mentre nel 2007
cresceranno, soprattutto dal Brasile, a seguito del previsto miglioramento
della situazione della sanità animale in quel Paese.
Il deficit di produzione influenzerà direttamente i prezzi, che manterranno
un livello elevato.
Come evidenziato nel grafico,
per
i vitelloni maschi di categoria R3 presi come riferimento, un consistente
aumento dei prezzi (+10%) è già avvenuto nel corso del primo semestre 2006 e
in modo generalizzato in tutti i Paesi. I prezzi sono poi calati nel terzo
trimestre, tuttavia a fine anno dovrebbero contenere la perdita in un 3%.
Nel 2007 i prezzi medi saranno pressoché stabili. La Commissione prevede
inoltre un andamento della curva dei prezzi simile a quello verificatosi nel
2006, con aumento nel primo semestre e calo nel secondo.
Il caso Italia
A questa tendenza farebbe tuttavia eccezione il mercato italiano, laddove si
prevede un primo semestre 2007 con prezzi leggermente più bassi rispetto
allo stesso semestre del 2006, ma comunque maggiori degli attuali, e in
ulteriore aumento nella seconda metà del 2007.
Si tratta quindi di previsioni positive per il mercato italiano che
comunque, nonostante l’attendibilità della fonte, devono essere valutate con
molta prudenza poiché questo scenario accentuerà fortemente la competizione
delle carni prodotte negli altri Paesi dell’Unione, che cercheranno di
approfittare dell’aumento del differenziale di prezzo e saranno molto
competitive rispetto a quelle italiane.
Da vedere è poi l’effetto della competizione con le carni suine e avicole
che sono meno costose.
Queste previsioni confermano che il vero problema di mercato nel prossimo
anno non sarà rappresentato dai prezzi di vendita della carne bovina, perché
il mercato europeo in genere e quello italiano in particolare li manterranno
su livelli elevati.
Il vero elemento critico per gli ingrassatori italiani è invece
rappresentato dall’eccessivo costo dei vitelli da ristallo sui mercati di
origine, che compromette il risultato dell’allevamento nonostante uno
scenario di mercato positivo.
Su questo devono concentrare la propria attenzione gli allevatori italiani.
Innanzitutto essi devono acquisire la consapevolezza di essere i principali
compratori di ristalli in Europa e che tale primato, che paradossalmente ha
finora rappresentato un fattore di debolezza a causa dell’incredibile
atomizzazione dei compratori stessi abbinata spesso alla scarsa conoscenza
dei mercati, deve essere trasformato urgentemente in un punto di forza, pena
la scomparsa dell’attività di ingrasso in Italia.
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