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L'Informatore Agrario

Sommario rivista

Approfondimento

   
48
 8-14 Dic.

  2006
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Attualità UNIONE EUROPEA

Buone prospettive per la carne bovina

Analisi della Commissione europea

Il mercato della vecchia Ue a 15 vedrà un leggero aumento dei consumi nel 2007 mentre tornerà a crescere l’import dal Brasile. Prezzi medi in tendenziale calo, fatta eccezione per l’Italia

La tendenza all’aumento della produzione di carne bovina prevista per quest’anno non si prolungherà nel 2007 ma riprenderà il suo calo strutturale.
L’Unione Europea consoliderà il suo deficit produttivo rispetto ai consumi interni e le difficoltà conseguenti a decisioni politiche e sanitarie rallenteranno le importazioni, per cui i prezzi alla produzione si manterranno su livelli elevati.
Queste le conclusioni dell’analisi della Commissione europea in merito alle previsioni del mercato interno delle carni bovine presentate a Bruxelles nei giorni scorsi.
Il consueto appuntamento quest’anno era maggiormente atteso perché poteva fornire le prime tendenze conseguenti all’applicazione della nuova pac decisa con l’accordo di Lussemburgo del 26-6-2003. Tutti i Paesi hanno applicato il regime di aiuti disaccoppiati totalmente o parzialmente dalle produzioni. Altri fatti importanti sono stati poi il superamento della prima fase di impatto con il mercato unico da parte dei 10 nuovi membri e il ritorno del Regno Unito sul mercato continentale dopo dieci anni di esclusione a causa della Bse. Infine sono state abolite le restituzioni all’esportazione di carni bovine ai Paesi terzi che da anni sostenevano la produzione di alcuni Paesi. Secondo i dati forniti dalla Commissione tutto ciò ha portato degli effetti sul mercato ma al momento attuale gli stessi non sono stati così forti da stravolgere le tendenze già in atto.
In effetti a fine 2005 il patrimonio bovino nei 25 Paesi dell’Unione si è assestato a 85,8 milioni di capi con un leggero calo (0,8%) rispetto all’anno precedente.
Il dato è il risultato di tendenze opposte con leggeri cali in Germania, Belgio, Italia e Regno Unito, mentre Danimarca, Polonia e Repubblica Ceca aumentano tra il 2 e il 3%. Stabile invece la principale mandria europea: quella francese. Il calo è determinato soprattutto dal minor numero di vacche da latte (–2%) e quindi è indipendente dalla nuova ocm, mentre quello delle vacche nutrici è generalmente stabilizzato, fatto salvo piccoli aumenti in Francia, Spagna e Austria. Tuttavia nel 2005 solo alcuni Paesi avevano applicato il nuovo regime.
Stime 2006 e previsioni 2007
Più indicative sono le stime produttive per l’anno in corso e le previsioni per il 2007 che sono state effettuate sui 15 vecchi Paesi membri non essendovi dati storici di stime semestrali nei 10 nuovi aderenti prima del loro ingresso nell’Unione.
Come evidenziato nella tabella la produzione di carne bovina nel 2005 si è attestata a circa 7,85 milioni di tonnellate di cui 7,28 nei tradizionali 15 Paesi membri, mentre per il 2006 è previsto un aumento di circa il 2,2% sull’anno precedente. Tale tendenza dipende principalmente dal Regno Unito (+14,8%), che quest’anno ha ripreso a produrre per il consumo a seguito del termine del programma di distruzione delle carni di animali di oltre 30 mesi, e pure Irlanda e Germania hanno aumentato le macellazioni. In calo, ma su livelli contenuti, l’Italia, la Spagna e la Francia. Le previsioni per il 2007 prevedono invece un leggero calo delle macellazioni dell’1%, a 7,36 milioni di tonnellate.
Solo la Francia e la Spagna avranno un’offerta stabile, mentre sarà minore in Irlanda, Germania e Regno Unito.
Vengono confermate quindi le precedenti previsioni a lungo termine fatte dalla Commissione stessa. Dopo una fase iniziale di adattamento viene consolidato il deficit produttivo dell’Unione nei prossimi anni, archiviando così gli eccessi di produzione causati dalle precedenti ocm.
Nei 15 Paesi i consumi sono stati nel 2005 di circa 7,68 milioni di tonnellate e si prevede un leggero incremento sia quest’anno che per il 2007. La Commissione ritiene quindi che la carne bovina non abbia beneficiato in modo eccezionale degli effetti dell’influenza aviare ma che essa abbia recuperato definitivamente la fiducia dei consumatori dopo la crisi della Bse, consolidando la propria quota di mercato.
Considerato che le esportazioni hanno subito un tracollo (vengono infatti stimate a poco più di 220.000 t nel 2006 e ancora meno per l’anno prossimo, a causa dell’eliminazione delle restituzioni di cui beneficiavano i bovini da macello e dello smantellamento progressivo di quelle accordate alle carni), il deficit di produzione dovrebbe scendere dalle 355.000 t dello scorso anno a 268.000 quest’anno per poi risalire ulteriormente a 359.000 t nel 2007. Tale deficit dovrebbe essere coperto dalle importazioni da Pesi terzi, Brasile e Argentina in particolare.
Nel 2006 le importazioni dovrebbero ridursi a circa 475.000 t a causa dell’afta epizootica in Brasile e del blocco delle esportazioni deciso per motivi di politica interna dalle autorità argentine, mentre nel 2007 cresceranno, soprattutto dal Brasile, a seguito del previsto miglioramento della situazione della sanità animale in quel Paese.
Il deficit di produzione influenzerà direttamente i prezzi, che manterranno un livello elevato.
Come evidenziato nel grafico, per i vitelloni maschi di categoria R3 presi come riferimento, un consistente aumento dei prezzi (+10%) è già avvenuto nel corso del primo semestre 2006 e in modo generalizzato in tutti i Paesi. I prezzi sono poi calati nel terzo trimestre, tuttavia a fine anno dovrebbero contenere la perdita in un 3%.
Nel 2007 i prezzi medi saranno pressoché stabili. La Commissione prevede inoltre un andamento della curva dei prezzi simile a quello verificatosi nel 2006, con aumento nel primo semestre e calo nel secondo.
Il caso Italia
A questa tendenza farebbe tuttavia eccezione il mercato italiano, laddove si prevede un primo semestre 2007 con prezzi leggermente più bassi rispetto allo stesso semestre del 2006, ma comunque maggiori degli attuali, e in ulteriore aumento nella seconda metà del 2007.
Si tratta quindi di previsioni positive per il mercato italiano che comunque, nonostante l’attendibilità della fonte, devono essere valutate con molta prudenza poiché questo scenario accentuerà fortemente la competizione delle carni prodotte negli altri Paesi dell’Unione, che cercheranno di approfittare dell’aumento del differenziale di prezzo e saranno molto competitive rispetto a quelle italiane.
Da vedere è poi l’effetto della competizione con le carni suine e avicole che sono meno costose.
Queste previsioni confermano che il vero problema di mercato nel prossimo anno non sarà rappresentato dai prezzi di vendita della carne bovina, perché il mercato europeo in genere e quello italiano in particolare li manterranno su livelli elevati.
Il vero elemento critico per gli ingrassatori italiani è invece rappresentato dall’eccessivo costo dei vitelli da ristallo sui mercati di origine, che compromette il risultato dell’allevamento nonostante uno scenario di mercato positivo.
Su questo devono concentrare la propria attenzione gli allevatori italiani.
Innanzitutto essi devono acquisire la consapevolezza di essere i principali compratori di ristalli in Europa e che tale primato, che paradossalmente ha finora rappresentato un fattore di debolezza a causa dell’incredibile atomizzazione dei compratori stessi abbinata spesso alla scarsa conoscenza dei mercati, deve essere trasformato urgentemente in un punto di forza, pena la scomparsa dell’attività di ingrasso in Italia.

 

Sommario rivista

Daniele Bonfante


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