POLITICA |
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Il triste primato italiano dei fondi europei non
spesi |
Bisogna eliminare le cause di inefficienza
Il ministro De Castro assicura che la cifra in gioco per il 2005 non è
420 milioni di euro ma 180. Serve una seria riflessione per evitare che il
problema si ripresenti anche nei prossimi anni
La diffusione da parte della Commissione europea dei dati sui pagamenti
diretti disaccoppiati erogati nell’anno solare 2005 a favore degli
agricoltori dei 10 Paesi membri che hanno deciso di avviare il regime del
pagamento unico aziendale ha suscitato dibattiti, polemiche e
preoccupazioni.
Ad accendere la miccia (L’Informatore Agrario aveva già anticipato il
tema nel n. 37/2006 e successivamente nel n. 45/2006, n.d.r.) è stata
Confagricoltura, la quale alla lettura della tabella ufficiale della
Commissione, con i dati aggiornati riferiti all’1-9-2006, ha emesso un
comunicato denunciando la situazione non proprio confortante per il nostro
Paese. Si è inserito nella discussione il parlamentare di Alleanza
nazionale, Massimo Bellotti, il quale ha espresso sorpresa e preoccupazione.
Alla fine è intervenuto il ministro Paolo De Castro per fornire spiegazioni
e precisare che i dati della Commissione non sono aggiornati.
«Il dato richiamato è profondamente sbagliato – ha assicurato il ministro –
in quanto si riferisce a tabelle vecchie e con dati provvisori. Gli aiuti
non spesi ammontano a 180 milioni di euro, un valore comunque difficile da
accettare, frutto della scelta di attuare da subito la riforma della pac,
senza aver avuto il tempo necessario per una più attenta ed efficace
applicazione e diretta conseguenza anche dei vincoli e dei freni posti dal
trasferimento dei titoli. Su questo punto – ha detto De Castro − stiamo
studiando interventi per dare maggiore flessibilità al sistema e quindi
risolvere il problema».
In sostanza, da un lato il titolare del Dicastero di via XX settembre
fornisce dati più aggiornati e replica in modo determinato ai commenti
effettuati da Confagricoltura e dall’onorevole Bellotti. Dall’altro
riconosce che il problema del mancato utilizzo dei fondi comunitari non è
frutto della fantasia di qualcuno e confessa di avere già pronte alcune
soluzioni e possibili efficaci rimedi.
I numeri dell’Ue
Ora è opportuno, però, confrontare i dati che sono stati forniti sul
delicato argomento: quelli di origine comunitaria, riferiti a 10 Stati
membri e quelli di fonte nazionale, dichiarati dal ministro.
Partiamo dalle statistiche europee (tabella 1), premettendo
che, in base all’articolo 50, comma 1, lettera b) del regolamento 795/2004,
«gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione per via elettronica,
entro il 1° settembre, i dati definitivi sul numero totale di domande
presentate nell’ambito del regime del pagamento unico aziendale accettate
per l’anno precedente e il corrispondente importo totale dei pagamenti
erogati».
Pertanto, la tabella della Commissione è stata redatta in applicazione a
tale chiara disposizione e i dati che sono stati inseriti derivano,
evidentemente, dalle comunicazioni effettuate da ogni singolo Stato membro.
Il massimale per l’Italia ammontava per il 2005 a 2,3 miliardi di euro. Le
domande di aiuto accettate dagli organismi pagatori sono state 555.840,
mentre l’importo totale dei pagamenti diretti eseguiti è stato di 1,9
miliardi euro. Si deve considerare, inoltre, una riserva nazionale calcolata
al 3-12-2005 di poco meno di 10 milioni di euro. Tutto ciò considerato,
facendo qualche semplice calcolo, si evince che il nostro Paese ha lasciato
a Bruxelles 490 milioni di euro, pari al 17,9% del massimale finanziario
nazionale.
Ad impressionare non è solo la cifra assoluta dei fondi inutilizzati, ma
anche il rapporto rispetto alla dotazione finanziaria disponibile. Per la
maggior parte dei Paesi membri la percentuale di risorse lasciate nelle
casse Ue è di poco superiore al 3%, per l’Italia, come visto, si sfiora il
18%.
Anche considerando, come giustamente richiama il ministro De Castro, la
modulazione e aggiornando i dati alla metà di ottobre, la sostanza del
discorso non cambia. La perdita per l’Italia si riduce, ma resta sempre
relativamente elevata rispetto ai partner. Si arriva comunque a quasi l’8%
di fondi inutilizzati, contro pochi punti decimali dei Paesi virtuosi in
termini di gestione del regime del pagamento unico aziendale (la modulazione
c’è anche per loro).
Le cifre del ministro
Analizziamo ora i dati nazionali forniti dal ministro (tabella 2).
Per prima cosa è stata fatta una precisazione di metodo, considerando la
modulazione obbligatoria, al tasso del 3% che ha portato a un prelievo
complessivo di circa 70 milioni di euro. Tale importo non è, come
giustamente precisa il comunicato ministeriale, un mancato utilizzo di
risorse, giacché i fondi non erogati transitano sulla politica di sviluppo
rurale e quindi vengono recuperati.
L’altra precisazione riguarda l’entità del non erogato che, chiarisce De
Castro, è stato di 180 milioni di euro, di cui 50 milioni per domande
presentate e considerate irregolari, 20 per anomalie non ancora sanate e
110 milioni di euro di titoli assegnati ai beneficiari ma non utilizzati,
per effetto della mancata presentazione della domanda di aiuto o per il
mancato abbinamento a una superficie agricola ammissibile.
E finalmente emerge la principale causa dell’inutilizzo dei fondi
comunitari. La presenza di titoli disaccoppiati regolarmente fissati dai
beneficiari che non hanno trovato utilizzazione per l’anno 2005 per carenza
di terreni disponibili. Non a caso tra i rimedi che sono stati indicati si
parla di dare maggiore flessibilità al sistema e, in particolare, della
possibile eliminazione dei vincoli e dei freni ai trasferimenti dei titoli.
Forse sarebbe necessario anche eseguire preliminarmente un’analisi
approfondita per leggere e interpretare meglio il fenomeno.
Una seria riflessione si impone, così come è necessario fare qualche cosa
per evitare che nei prossimi anni (ormai il 2006 si può dire archiviato) il
problema si ripresenti.
L’Italia è sempre molto generosa con Bruxelles. Basti pensare alla questione
delle quote latte (regaliamo ogni anno dai 150 ai 200 milioni di euro sotto
forma di prelievo supplementare) e, rimanendo in tema di pac, ai mancati
utilizzi del premio qualità per il frumento duro per effetto della riduzione
delle semine al di sotto della superficie massima garantita di 1,6 milioni
di ettari.
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