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L'Informatore Agrario

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Approfondimento

 
47
 1-7 Dic.

  2006
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Attualità POLITICA

Il triste primato italiano dei fondi europei non spesi

Bisogna eliminare le cause di inefficienza

Il ministro De Castro assicura che la cifra in gioco per il 2005 non è 420 milioni di euro ma 180. Serve una seria riflessione per evitare che il problema si ripresenti anche nei prossimi anni

La diffusione da parte della Commissione europea dei dati sui pagamenti diretti disaccoppiati erogati nell’anno solare 2005 a favore degli agricoltori dei 10 Paesi membri che hanno deciso di avviare il regime del pagamento unico aziendale ha suscitato dibattiti, polemiche e preoccupazioni.
Ad accendere la miccia (L’Informatore Agrario aveva già anticipato il tema nel n. 37/2006 e successivamente nel n. 45/2006, n.d.r.) è stata Confagricoltura, la quale alla lettura della tabella ufficiale della Commissione, con i dati aggiornati riferiti all’1-9-2006, ha emesso un comunicato denunciando la situazione non proprio confortante per il nostro Paese. Si è inserito nella discussione il parlamentare di Alleanza nazionale, Massimo Bellotti, il quale ha espresso sorpresa e preoccupazione. Alla fine è intervenuto il ministro Paolo De Castro per fornire spiegazioni e precisare che i dati della Commissione non sono aggiornati.
«Il dato richiamato è profondamente sbagliato – ha assicurato il ministro – in quanto si riferisce a tabelle vecchie e con dati provvisori. Gli aiuti non spesi ammontano a 180 milioni di euro, un valore comunque difficile da accettare, frutto della scelta di attuare da subito la riforma della pac, senza aver avuto il tempo necessario per una più attenta ed efficace applicazione e diretta conseguenza anche dei vincoli e dei freni posti dal trasferimento dei titoli. Su questo punto – ha detto De Castro − stiamo studiando interventi per dare maggiore flessibilità al sistema e quindi risolvere il problema».
In sostanza, da un lato il titolare del Dicastero di via XX settembre fornisce dati più aggiornati e replica in modo determinato ai commenti effettuati da Confagricoltura e dall’onorevole Bellotti. Dall’altro riconosce che il problema del mancato utilizzo dei fondi comunitari non è frutto della fantasia di qualcuno e confessa di avere già pronte alcune soluzioni e possibili efficaci rimedi.
I numeri dell’Ue
Ora è opportuno, però, confrontare i dati che sono stati forniti sul delicato argomento: quelli di origine comunitaria, riferiti a 10 Stati membri e quelli di fonte nazionale, dichiarati dal ministro.
Partiamo dalle statistiche europee (tabella 1), premettendo che, in base all’articolo 50, comma 1, lettera b) del regolamento 795/2004, «gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione per via elettronica, entro il 1° settembre, i dati definitivi sul numero totale di domande presentate nell’ambito del regime del pagamento unico aziendale accettate per l’anno precedente e il corrispondente importo totale dei pagamenti erogati».

 

Pertanto, la tabella della Commissione è stata redatta in applicazione a tale chiara disposizione e i dati che sono stati inseriti derivano, evidentemente, dalle comunicazioni effettuate da ogni singolo Stato membro.
Il massimale per l’Italia ammontava per il 2005 a 2,3 miliardi di euro. Le domande di aiuto accettate dagli organismi pagatori sono state 555.840, mentre l’importo totale dei pagamenti diretti eseguiti è stato di 1,9 miliardi euro. Si deve considerare, inoltre, una riserva nazionale calcolata al 3-12-2005 di poco meno di 10 milioni di euro. Tutto ciò considerato, facendo qualche semplice calcolo, si evince che il nostro Paese ha lasciato a Bruxelles 490 milioni di euro, pari al 17,9% del massimale finanziario nazionale.
Ad impressionare non è solo la cifra assoluta dei fondi inutilizzati, ma anche il rapporto rispetto alla dotazione finanziaria disponibile. Per la maggior parte dei Paesi membri la percentuale di risorse lasciate nelle casse Ue è di poco superiore al 3%, per l’Italia, come visto, si sfiora il 18%.
Anche considerando, come giustamente richiama il ministro De Castro, la modulazione e aggiornando i dati alla metà di ottobre, la sostanza del discorso non cambia. La perdita per l’Italia si riduce, ma resta sempre relativamente elevata rispetto ai partner. Si arriva comunque a quasi l’8% di fondi inutilizzati, contro pochi punti decimali dei Paesi virtuosi in termini di gestione del regime del pagamento unico aziendale (la modulazione c’è anche per loro).
Le cifre del ministro
Analizziamo ora i dati nazionali forniti dal ministro (tabella 2). Per prima cosa è stata fatta una precisazione di metodo, considerando la modulazione obbligatoria, al tasso del 3% che ha portato a un prelievo complessivo di circa 70 milioni di euro. Tale importo non è, come giustamente precisa il comunicato ministeriale, un mancato utilizzo di risorse, giacché i fondi non erogati transitano sulla politica di sviluppo rurale e quindi vengono recuperati.
L’altra precisazione riguarda l’entità del non erogato che, chiarisce De Castro, è stato di 180 milioni di euro, di cui 50 milioni per domande presentate e considerate irregolari, 20 per anomalie non ancora sanate e
110 milioni di euro di titoli assegnati ai beneficiari ma non utilizzati, per effetto della mancata presentazione della domanda di aiuto o per il mancato abbinamento a una superficie agricola ammissibile.
E finalmente emerge la principale causa dell’inutilizzo dei fondi comunitari. La presenza di titoli disaccoppiati regolarmente fissati dai beneficiari che non hanno trovato utilizzazione per l’anno 2005 per carenza di terreni disponibili. Non a caso tra i rimedi che sono stati indicati si parla di dare maggiore flessibilità al sistema e, in particolare, della possibile eliminazione dei vincoli e dei freni ai trasferimenti dei titoli.
Forse sarebbe necessario anche eseguire preliminarmente un’analisi approfondita per leggere e interpretare meglio il fenomeno.
Una seria riflessione si impone, così come è necessario fare qualche cosa per evitare che nei prossimi anni (ormai il 2006 si può dire archiviato) il problema si ripresenti.
L’Italia è sempre molto generosa con Bruxelles. Basti pensare alla questione delle quote latte (regaliamo ogni anno dai 150 ai 200 milioni di euro sotto forma di prelievo supplementare) e, rimanendo in tema di pac, ai mancati utilizzi del premio qualità per il frumento duro per effetto della riduzione delle semine al di sotto della superficie massima garantita di 1,6 milioni di ettari.
 

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