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L'Informatore Agrario

Sommario rivista

Approfondimento

   
46
 24-30 Nov.

  2006
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Attualità POLITICA

Il grano duro italiano comincia a riprendere fiato

Le superfici tornano a crescere

L’aumento degli investimenti è stimato tra i 60.000 e i 120.000 ha. Il fenomeno è aiutato da un livello delle quotazioni che non si registrava da anni

Nel giro di tre annate, le semine italiane di frumento duro sono diminuite di oltre 500.000 ha, persi per effetto della riforma della pac del 2003, ma segnali di inversione di tendenza si stanno concretizzando nelle ultime settimane.
La potenza del disaccoppiamento ha prodotto i suoi prevedibili effetti, nella misura in cui sopprime la spinta dell’agricoltore alla ricerca del premio differenziale, giacché, con il regime del pagamento unico aziendale, gli aiuti della pac sono costanti e non dipendono più dalle scelte produttive.
Inoltre, c’è stato un visibile maggiore orientamento al mercato da parte delle imprese agricole che ha portato molti a sostituire il grano duro con coltivazioni maggiormente performanti, tenuto conto delle condizioni agronomiche, aziendali e mercantili nelle quali si opera.
Il ridimensionamento produttivo ha allarmato sia gli operatori economici della filiera, sia le istituzioni, preoccupati entrambi dei possibili contraccolpi negativi sul sistema produttivo nazionale della semola e della pasta: prodotti simbolo dell’agroalimentare italiano. Sono perciò state avviate iniziative per individuare misure utili a rivitalizzare un settore che rischia un eccessivo ridimensionamento e qualche primo segnale di risveglio e di disponibilità è stato notato, sia a livello nazionale, che localmente.
Ad aiutare il processo di inversione di tendenza sono intervenuti due eventi. Il primo è l’equilibrio nel mercato cerealicolo internazionale che ha subito un forte contraccolpo a seguito di una allarmante situazione di eccesso della domanda sull’offerta, le cui conseguenze si sono avvertite anche sul segmento del frumento duro.
L’effetto più eclatante di questo fenomeno lo si può rinvenire osservando il livello delle quotazioni. Lo scorso anno di questo periodo erano stabili attorno a 15 euro/t, oggi si attestano su 19 euro/t.
È chiaro che con tali prezzi molti agricoltori rivedono le condizioni di convenienza economica che negli ultimi anni erano svanite.
Certo, si deve considerare che il mercato dei cereali tipicamente è soggetto a fenomeni di accentuata volatilità dei prezzi (un altro boom si era verificato alla metà degli anni Novanta). Quindi non si sa fino a che punto si sia in presenza di una situazione strutturale o passeggera.
Filiera, qualcosa si muove
Il secondo evento che induce a ritenere possibile l’inizio di una nuova fortunata stagione per il grano duro in Italia è la crescente e generalizzata consapevolezza della necessità di una razionalizzazione e di una più moderna organizzazione della filiera a livello nazionale.
Operatori economici e istituzioni hanno compreso questa esigenza e hanno iniziato a formulare delle risposte operative che vanno nella giusta direzione.
Il progetto Sigrad (vedi anche L’Informatore Agrario n. 43/2006, pag. 14) mette insieme i principali operatori dell’agricoltura, del commercio e dell’industria e li unisce in una esperienza che, nel caso avesse successo, dovrebbe favorire una nuova mentalità e diffondere l’impiego di strumenti quali la programmazione, l’approccio contrattuale, la produzione secondo disciplinari e il pagamento differenziato in base ai requisiti mercantili richiesti dagli utilizzatori.
In Sicilia stanno prendendo piede iniziative di coordinamento della filiera che vedono impegnati tutti gli attori della filiera. Uno degli esempi che sta riscuotendo un forte interesse da parte degli operatori è il consorzio Crisma, che propone disciplinari di coltivazione e pagamenti supplementari rispetto al prezzo base nel caso siano rispettate alcune caratteristiche merceologiche (tenore di proteine), logistiche (stoccaggi differenziati) e tecniche.
Non mancano iniziative spontanee di agricoltori che si mettono insieme, si coordinano per aggregare l’offerta e si presentano nei confronti degli acquirenti con un pacchetto prodotti-servizi calibrato rispetto alle esigenze della domanda.
Sullo sfondo, vi sono alcune certezze che non sono mai mancate e che non hanno mai fatto venire meno la fiducia degli operatori nei confronti della filiera del grano duro in Italia.
A differenza di molti altri prodotti alimentari (ad esempio, l’ortofrutta), i consumi domestici di pasta sono tendenzialmente in aumento, anche se in modo lieve. Nel contempo, le esportazioni italiane continuano a crescere, sia in quantità che in valore. Produrre grano duro e pasta in Italia è per gli operatori economici un’attività strettamente legata al mantenimento di un sistema produttivo vitale che consolida l’antico primato a livello internazionale.
Semine in crescita
L’insieme degli elementi citati ha prodotto un primo segnale di risveglio di attenzione da parte degli agricoltori che si sta concretizzando nell’aumento delle semine autunnali di frumento duro. Le stime che circolano indicano un aumento compreso tra 60.000 e 120.000 ha che coinvolge tutte le circoscrizioni geografiche (il Nord, il Centro e il Meridione). La maggior parte degli operatori che conoscono l’andamento del mercato prevedono un balzo compreso tra il 5 e il 10%. I più ottimisti vanno oltre e prefigurano nel medio termine il superamento della soglia di 1,65 milioni di ettari.
È prematuro però sbilanciarsi in considerazioni eccessivamente ottimistiche. Potrebbe anche essere una fiammata passeggera e presto si potrebbe tornare al trend discendente del 2005 e del 2006.
Ecco perché si avverte il bisogno di azioni mirate che creino le condizioni per una autentica modernizzazione e un vero risveglio di interesse.
Sotto tale profilo, il primo è più urgente progetto sul quale lavorare è la valorizzazione della qualità, con incentivi allettanti per le imprese agricole.
 

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