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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
   
44
 10-16 Nov.

  2006
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Editoriale

Aprire i mercati non è sufficiente a eliminare la fame
V. A. Gallerani

Lo sviluppo delle scienze della vita e delle biotecnologie può rendere compatibile il mantenimento dell’agricoltura europea e la lotta alla fame nel mondo

Nessun uomo di buona volontà può restare indifferente alla povertà e alla fame nel mondo. Profonda preoccupazione desta apprendere dal Rapporto 2006 della Fao che l’obiettivo dell’eradicazione di questa piaga, previsto per il 2015, sia ben lontano dall’essere perseguito.
Lo stesso Rapporto indica i principali rimedi nell’apertura dei mercati dei prodotti agricoli, nell’abolizione dei sussidi alle agricolture dei Paesi sviluppati, negli aiuti allo sviluppo dell’agricoltura dei Paesi poveri. Le agricolture dei Paesi sviluppati sono compatibili con l’obiettivo della scomparsa dal mondo della fame e della malnutrizione? Il problema della povertà non può essere affrontato esclusivamente con un processo di redistribuzione della ricchezza, ma deve essere aggredito promuovendo processi di crescita parallela dei Paesi sviluppati e di quelli in via di sviluppo, che portino a un tendenziale avvicinamento degli standard di vita.
Questa prospettiva impone all’Occidente ricco impegni pressanti. Innanzitutto le organizzazioni internazionali si devono far carico di adempiere alla massima evangelica di dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi e curare gli infermi.
Fame e malattie sono, infatti, allo stesso tempo causa ed effetto della povertà. Il mondo delle imprese, da parte sua, deve saper trovare le strade per affrontare una fortissima concorrenza basata prevalentemente su bassi o bassissimi standard salariali. Innovazione tecnologica, organizzazione aziendale, capacità umane sono le strategie di sopravvivenza. Le popolazioni dei Paesi sviluppati dovranno essere più generose e lavorare di più e meglio.
L’esperienza dimostra che la crescita del commercio internazionale non determina necessariamente una rigida specializzazione produttiva a livello regionale, ma che spesso si sviluppa un commercio orizzontale con scambi tra Paesi negli stessi settori produttivi. Il vantaggio derivante dall’apertura dei mercati, dunque, non consiste solo nell’incentivare la specializzazione produttiva, ma anche nel fare le stesse cose in modo diverso.
In questa prospettiva il mantenimento di una significativa presenza dell’agricoltura in Europa risulta non solo possibile, ma anche auspicabile per una serie di motivi quali la multifunzionalità, con particolare riguardo agli aspetti ambientali e sociali, la conservazione dei valori culturali e degli stili di vita del mondo rurale, il contributo al progresso scientifico e tecnologico.
Per l’agricoltura italiana si possono individuare tre linee strategiche: un’agricoltura ambientale, un’agricoltura di qualità e un’agricoltura a elevata tecnologia. Le prime due soluzioni sono quelle meglio note e più sperimentate, anche se presentano tuttora ampi spazi di miglioramento. Meno popolare è la soluzione high-tech, che, invece, presenta formidabili prospettive sia dal lato della riduzione dei costi, rendendo conveniente la produzione di biomasse a uso energetico, sia da quello dell’innovazione di prodotto come gli alimenti funzionali per la salute e il benessere umano. Una lettura superficiale del documento Fao potrebbe far pensare che l’apertura dei mercati agricoli possa risolvere automaticamente i problemi della fame nel mondo e innescare i processi di adattamento delle agricolture nei Paesi sviluppati. La globalizzazione offre enormi potenzialità per il miglioramento della condizione umana a patto che si estenda dal campo economico a quello politico e istituzionale.
Non è sufficiente mettere in pace la cattiva coscienza dei Paesi ricchi sacrificando le loro agricolture senza predisporre i requisiti fondamentali per lo sviluppo economico, quali la pace, l’ordine sociale, la sanità e l’istruzione.
Purtroppo le organizzazioni internazionali quali Onu, World Bank, Fmi, Fao, Wto appaiono ancora troppo burocratizzate e politicamente inadeguate alla vastità e complessità dei problemi da affrontare. Per quanto riguarda le politiche agricole dell’Europa si ritiene che, abbandonate le vecchie e insostenibili forme di protezione, si debbano avviare interventi significativi nel campo della ricerca, istruzione e divulgazione, del credito e delle infrastrutture. In particolare, come è chiaramente enunciato nel VII programma quadro della ricerca, è dallo sviluppo delle scienze della vita e delle biotecnologie che si aprono per l’agricoltura nuovi e affascinanti orizzonti per l’alimentazione, la salute e l’ambiente. Passare dalle buone intenzioni ai fatti concreti consentirà all’Europa di esercitare il proprio diritto di continuare a fare agricoltura e di contribuire a debellare fame e povertà.

Sommario rivista Vittorio Alessandro Gallerani


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