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Aprire i mercati non è sufficiente a eliminare la
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Lo sviluppo delle scienze della vita e
delle biotecnologie può rendere compatibile il mantenimento dell’agricoltura
europea e la lotta alla fame nel mondo
Nessun uomo di buona volontà può restare indifferente alla
povertà e alla fame nel mondo. Profonda preoccupazione desta apprendere dal
Rapporto 2006 della Fao che l’obiettivo dell’eradicazione di questa piaga,
previsto per il 2015, sia ben lontano dall’essere perseguito.
Lo stesso Rapporto indica i principali rimedi nell’apertura dei mercati dei
prodotti agricoli, nell’abolizione dei sussidi alle agricolture dei Paesi
sviluppati, negli aiuti allo sviluppo dell’agricoltura dei Paesi poveri. Le
agricolture dei Paesi sviluppati sono compatibili con l’obiettivo della
scomparsa dal mondo della fame e della malnutrizione? Il problema della
povertà non può essere affrontato esclusivamente con un processo di
redistribuzione della ricchezza, ma deve essere aggredito promuovendo
processi di crescita parallela dei Paesi sviluppati e di quelli in via di
sviluppo, che portino a un tendenziale avvicinamento degli standard di vita.
Questa prospettiva impone all’Occidente ricco impegni pressanti.
Innanzitutto le organizzazioni internazionali si devono far carico di
adempiere alla massima evangelica di dar da mangiare agli affamati, vestire
gli ignudi e curare gli infermi.
Fame e malattie sono, infatti, allo stesso tempo causa ed effetto della
povertà. Il mondo delle imprese, da parte sua, deve saper trovare le strade
per affrontare una fortissima concorrenza basata prevalentemente su bassi o
bassissimi standard salariali. Innovazione tecnologica, organizzazione
aziendale, capacità umane sono le strategie di sopravvivenza. Le popolazioni
dei Paesi sviluppati dovranno essere più generose e lavorare di più e
meglio.
L’esperienza dimostra che la crescita del commercio internazionale non
determina necessariamente una rigida specializzazione produttiva a livello
regionale, ma che spesso si sviluppa un commercio orizzontale con scambi tra
Paesi negli stessi settori produttivi. Il vantaggio derivante dall’apertura
dei mercati, dunque, non consiste solo nell’incentivare la specializzazione
produttiva, ma anche nel fare le stesse cose in modo diverso.
In questa prospettiva il mantenimento di una significativa presenza
dell’agricoltura in Europa risulta non solo possibile, ma anche auspicabile
per una serie di motivi quali la multifunzionalità, con particolare riguardo
agli aspetti ambientali e sociali, la conservazione dei valori culturali e
degli stili di vita del mondo rurale, il contributo al progresso scientifico
e tecnologico.
Per l’agricoltura italiana si possono individuare tre linee strategiche:
un’agricoltura ambientale, un’agricoltura di qualità e un’agricoltura a
elevata tecnologia. Le prime due soluzioni sono quelle meglio note e più
sperimentate, anche se presentano tuttora ampi spazi di miglioramento. Meno
popolare è la soluzione high-tech, che, invece, presenta formidabili
prospettive sia dal lato della riduzione dei costi, rendendo conveniente la
produzione di biomasse a uso energetico, sia da quello dell’innovazione di
prodotto come gli alimenti funzionali per la salute e il benessere umano.
Una lettura superficiale del documento Fao potrebbe far pensare che
l’apertura dei mercati agricoli possa risolvere automaticamente i problemi
della fame nel mondo e innescare i processi di adattamento delle agricolture
nei Paesi sviluppati. La globalizzazione offre enormi potenzialità per il
miglioramento della condizione umana a patto che si estenda dal campo
economico a quello politico e istituzionale.
Non è sufficiente mettere in pace la cattiva coscienza dei Paesi ricchi
sacrificando le loro agricolture senza predisporre i requisiti fondamentali
per lo sviluppo economico, quali la pace, l’ordine sociale, la sanità e
l’istruzione.
Purtroppo le organizzazioni internazionali quali Onu, World Bank, Fmi, Fao,
Wto appaiono ancora troppo burocratizzate e politicamente inadeguate alla
vastità e complessità dei problemi da affrontare. Per quanto riguarda le
politiche agricole dell’Europa si ritiene che, abbandonate le vecchie e
insostenibili forme di protezione, si debbano avviare interventi
significativi nel campo della ricerca, istruzione e divulgazione, del
credito e delle infrastrutture. In particolare, come è chiaramente enunciato
nel VII programma quadro della ricerca, è dallo sviluppo delle scienze della
vita e delle biotecnologie che si aprono per l’agricoltura nuovi e
affascinanti orizzonti per l’alimentazione, la salute e l’ambiente. Passare
dalle buone intenzioni ai fatti concreti consentirà all’Europa di esercitare
il proprio diritto di continuare a fare agricoltura e di contribuire a
debellare fame e povertà.
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