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Diritti pac inutilizzati, Bruxelles ringrazia |
Persi fondi per decine di milioni di euro
Gli agricoltori italiani, per varie ragioni, lasciano nelle casse
comunitarie ogni anno somme ingenti. La soluzione del problema non è agevole
C'è un elemento nuovo, e per
certi versi non messo in preventivo, che sta riservando delle spiacevoli
sorprese nell’ambito del processo di applicazione della pac del 2003. È la
questione del mancato utilizzo del plafond finanziario messo a disposizione
dall’Unione Europea all’Italia per le varie tipologie di pagamenti. Questo
fatto può verificarsi per effetto di alcuni fattori, tra i quali i
principali sono: il mancato utilizzo annuale dei diritti pac disaccoppiati
che sono stati attribuiti agli agricoltori storici e le insufficienti
domande di accesso ai regimi di aiuto accoppiato previsti nel regolamento Ce
n. 1782/2003.
Il primo caso si verifica allorquando un agricoltore si ritrova con un certo
numero di diritti e non ha a disposizione un numero di ettari ammissibili
sufficienti per eseguire l’abbinamento e incassare in tal modo i contributi.
Calcoli precisi sull’ammontare dei pagamenti disaccoppiati non richiesti non
sono ancora disponibili, anche perché le erogazioni non sono ancora
complete, ci sono dei contenziosi aperti e il quadro della situazione è in
evoluzione. Tuttavia, si sa che sono in ballo diverse decine di milioni di
euro, solo per l’anno solare 2005.
Questi mancati incassi da parte degli agricoltori italiani si traducono
direttamente in risparmi di bilancio dell’Unione Europea che, evidentemente,
è l’unica a guadagnarci.
Ma perché i diritti assegnati non vengono utilizzati? Le ragioni sono molte,
ma due sono le più plausibili. In primo luogo, il calcolo dei titoli è
svolto sulla base di dati storici collegati al periodo di riferimento
(generalmente il triennio 2000-2002), mentre il nuovo regime è iniziato nel
2005, quando molte situazioni aziendali erano cambiate. È il caso, ad
esempio, di agricoltori che hanno cessato l’attività l’attività e non hanno
più superfici disponibili o ne hanno in maniera insufficiente.
Un’altra ragione è data dalla complessità e dalle numerose pieghe della
normativa comunitaria e nazionale di applicazione del regime del pagamento
unico aziendale, che hanno indotto molti agricoltori a massimizzare il
numero e il valore dei diritti da farsi assegnare, anche non disponendo
della superficie ammissibile sufficiente. A tale riguardo, si sono
utilizzate ampiamente le operazioni di trasformazione aziendale, ma non
solo.
Muovendosi abilmente nella complessa fase di prima applicazione, è successo,
allora, che molti agricoltori si sono trovati con diritti in eccesso che non
riescono a utilizzare per le intrinseche difficoltà a trovare terreni
disponibili.
Una volta avuti i titoli non è facile perderli. Per la revoca è necessario
che vi sia un mancato utilizzo per almeno 3 anni. Pertanto, il problema di
lasciare a Bruxelles i fondi europei destinati all’Italia non è un fenomeno
agevolmente risolvibile.
Il secondo caso, relativo alle insufficienti domande di accesso ai regimi di
pagamento accoppiato, almeno per il momento, è ristretto al settore del
frumento duro, per il quale, come noto, è attivo il premio per la qualità,
il cui importo è di 40 euro/ha ed è riconosciuto da Bruxelles entro i limiti
della superficie massima garantita pari per l’Italia a 1,6 milioni di
ettari. Ora, nei primi due anni di applicazione della riforma, l’Italia ha
perso fior di quattrini, per il semplice fatto che le domande del premio
qualità sono state di gran lunga inferiori alla soglia massima stabilita.
Sono mancati all’appello 360.000 ha nel 2005, con un mancato introito di
fondi Ue per 14,4 milioni di euro e circa 500.000 ha nel 2006, per una
rinuncia a fondi europei per 20 milioni di euro.
In definitiva siamo di fronte a un problema serio di rinuncia ad acquisire
fondi Ue che, nel complesso, i più pessimisti stimano essere intorno a 100
milioni di euro all’anno.
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