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L'Informatore Agrario

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Approfondimento

 
37
 29 Set.-5 Ott.

  2006
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Attualità POLITICA

Diritti pac inutilizzati, Bruxelles ringrazia

Persi fondi per decine di milioni di euro

Gli agricoltori italiani, per varie ragioni, lasciano nelle casse comunitarie ogni anno somme ingenti. La soluzione del problema non è agevole

C'è un elemento nuovo, e per certi versi non messo in preventivo, che sta riservando delle spiacevoli sorprese nell’ambito del processo di applicazione della pac del 2003. È la questione del mancato utilizzo del plafond finanziario messo a disposizione dall’Unione Europea all’Italia per le varie tipologie di pagamenti. Questo fatto può verificarsi per effetto di alcuni fattori, tra i quali i principali sono: il mancato utilizzo annuale dei diritti pac disaccoppiati che sono stati attribuiti agli agricoltori storici e le insufficienti domande di accesso ai regimi di aiuto accoppiato previsti nel regolamento Ce n. 1782/2003.
Il primo caso si verifica allorquando un agricoltore si ritrova con un certo numero di diritti e non ha a disposizione un numero di ettari ammissibili sufficienti per eseguire l’abbinamento e incassare in tal modo i contributi. Calcoli precisi sull’ammontare dei pagamenti disaccoppiati non richiesti non sono ancora disponibili, anche perché le erogazioni non sono ancora complete, ci sono dei contenziosi aperti e il quadro della situazione è in evoluzione. Tuttavia, si sa che sono in ballo diverse decine di milioni di euro, solo per l’anno solare 2005.
Questi mancati incassi da parte degli agricoltori italiani si traducono direttamente in risparmi di bilancio dell’Unione Europea che, evidentemente, è l’unica a guadagnarci.
Ma perché i diritti assegnati non vengono utilizzati? Le ragioni sono molte, ma due sono le più plausibili. In primo luogo, il calcolo dei titoli è svolto sulla base di dati storici collegati al periodo di riferimento (generalmente il triennio 2000-2002), mentre il nuovo regime è iniziato nel 2005, quando molte situazioni aziendali erano cambiate. È il caso, ad esempio, di agricoltori che hanno cessato l’attività l’attività e non hanno più superfici disponibili o ne hanno in maniera insufficiente.
Un’altra ragione è data dalla complessità e dalle numerose pieghe della normativa comunitaria e nazionale di applicazione del regime del pagamento unico aziendale, che hanno indotto molti agricoltori a massimizzare il numero e il valore dei diritti da farsi assegnare, anche non disponendo della superficie ammissibile sufficiente. A tale riguardo, si sono utilizzate ampiamente le operazioni di trasformazione aziendale, ma non solo.
Muovendosi abilmente nella complessa fase di prima applicazione, è successo, allora, che molti agricoltori si sono trovati con diritti in eccesso che non riescono a utilizzare per le intrinseche difficoltà a trovare terreni disponibili.
Una volta avuti i titoli non è facile perderli. Per la revoca è necessario che vi sia un mancato utilizzo per almeno 3 anni. Pertanto, il problema di lasciare a Bruxelles i fondi europei destinati all’Italia non è un fenomeno agevolmente risolvibile.
Il secondo caso, relativo alle insufficienti domande di accesso ai regimi di pagamento accoppiato, almeno per il momento, è ristretto al settore del frumento duro, per il quale, come noto, è attivo il premio per la qualità, il cui importo è di 40 euro/ha ed è riconosciuto da Bruxelles entro i limiti della superficie massima garantita pari per l’Italia a 1,6 milioni di ettari. Ora, nei primi due anni di applicazione della riforma, l’Italia ha perso fior di quattrini, per il semplice fatto che le domande del premio qualità sono state di gran lunga inferiori alla soglia massima stabilita.
Sono mancati all’appello 360.000 ha nel 2005, con un mancato introito di fondi Ue per 14,4 milioni di euro e circa 500.000 ha nel 2006, per una rinuncia a fondi europei per 20 milioni di euro.
In definitiva siamo di fronte a un problema serio di rinuncia ad acquisire fondi Ue che, nel complesso, i più pessimisti stimano essere intorno a 100 milioni di euro all’anno.
 

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