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Allarme! Rincara il frumento tenero |
L’Italmopa, Associazione industriali mugnai e pastai
d’Italia, ha emesso il 14 settembre scorso un comunicato stampa in cui
denuncia «la preoccupante evoluzione del mercato del frumento tenero
verificatasi nel corso delle ultime settimane» e chiede alla Commissione
europea «l’urgente adozione di misure atte a garantire il corretto
approvvigionamento dell’industria molitoria».
È risaputo che ciascuno tira l’acqua al suo mulino, e a maggior ragione, non
c’è da stupirsi se lo fanno anche i mugnai, che con i mulini ci campano, ma
forse qualche considerazione sulla vicenda è opportuna.
Cominciamo dai numeri, che nella loro oggettività aiutano a capire le cose:
effettivamente, tra luglio e agosto i prezzi del frumento tenero hanno
registrato, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, aumenti
variabili tra il 10 e il 14% a seconda delle tipologie. È anche vero però,
come ha scritto Angelo Frascarelli (vedi L’Informatore Agrario n.
33/2006, pagina 47), che nella campagna di commercializzazione 2005-2006 (1
luglio-30 giugno) i prezzi si sono mantenuti stabili tra 120 e 130 euro/t,
«che corrispondono ai livelli più bassi degli ultimi 40 anni».
Le ipotesi, a questo punto, sono due: o l’Italmopa negli scorsi anni ha
emesso comunicati allarmati per gli eccessivi ribassi dei prezzi della
materia prima e noi ce li siamo persi, oppure ci troviamo di fronte a un
classico caso di «liberismo a intermittenza»: il libero mercato è una bella
cosa finché ci si guadagna, altrimenti è bene che intervengano le
istituzioni. L’Italmopa prosegue la sua denuncia rilevando che «il forte
incremento delle quotazioni della materia prima non potrà che ripercuotersi
negativamente sui consumi e, di conseguenza, sull’industria di
trasformazione». Come dire: non lamentatevi se poi aumentano i prezzi di
pane e pasta.
Per replicare a queste affermazioni lasciamo la parola alla Coldiretti,
secondo la quale «i prezzi del pane e della pasta dipendono per oltre il 90%
da voci diverse dal costo del grano ed è del tutto ingiustificato minacciare
aumenti a causa dell’andamento di mercato del grano». Tanto più –
sottolinea Coldiretti – che «i prezzi di pasta, pane e dolci negli ultimi
anni non sono mai diminuiti nonostante i progressivi cali che si sono
verificati nei prezzi pagati agli imprenditori agricoli per il grano. La
minaccia di spinte inflazionistiche è un falso pretesto che non trova
riscontro nella realtà attuale, poiché – prosegue Coldiretti – per produrre
1 kg di pane occorre circa 1 kg di grano (800 g di farina) che costa da 16 a
18 centesimi di euro, mentre 1 kg di pane, tipo casereccio, costa intorno a
2 euro al chilo, con un’incidenza del costo del grano pari ad appena l’8%
sul prezzo del prodotto finito; percentuali ancora più basse si riscontrano
per la pasta e per i dolci».
Per concludere segnaliamo una delle richieste di Italmopa alla Commissione
europea per risolvere i problemi (loro): modificare il regime delle
importazioni di frumento tenero dai Paesi terzi attualmente soggette
all’applicazione di un sistema di contingenti tariffari. Cioè: togliete i
dazi e lasciateci importare quel che vogliamo dall’estero. Evviva il made in
Italy!
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