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Tutti sognano un vino con meno burocrazia |
Verso la riforma della legge 164/92
Dopo il fallimento della scorsa Legislatura, riparte il dibattito
sulla nuova legge. Ne parlano i presidenti dell’Unione italiana vini e di
Federdoc
Da recente approvazione del decreto sui controlli dei vini
vqprd (vedi L’Informatore Agrario n. 32/2006, pag. 8) ha riaperto di
fatto la discussione sulla riforma della legge 164/92, quella che norma
tutto l’impianto produttivo delle nostre denominazioni d’origine.
Una riforma che ormai è diventata da alcuni anni un sorta di «tormentone»
nel mondo del vino italiano. La scorsa Legislatura doveva essere quella
decisiva per la riforma, come ad ogni occasione ricordava l’allora
sottosegretario all’agricoltura, con delega alla vitivinicoltura, Teresio
Delfino.
Non se ne fece nulla. Oggi tutto è nelle mani, o meglio, nella capacità di
mediazione del ministro Paolo De Castro.
Il ministro ha fatto capire fin da subito che la riforma arriverà attraverso
la concertazione tra le principali organizzazioni di settore. La settimana
prossima pubblicheremo l’intervista al ministro su questo tema chiave per il
nostro comparto vitivinicolo, ma prima abbiamo voluto sentire alcuni dei
responsabili delle organizzazioni professionali per capire su quali punti
c’è accordo e su quali, invece, le posizioni sono ancora lontane.
Abbiamo iniziato questo nostro «tour» di pareri con due importanti
protagonisti della filiera vitivinicola italiana: Andrea Sartori, presidente
dell’Unione italiana vini (la maggiore organizzazione professionale delle
imprese vitivinicole italiane) e Riccardo Ricci Curbastro, presidente di
Federdoc (la confederazione che associa il 90% dei Consorzi di tutela
esistenti).
Una burocrazia folle
Intervistiamo Andrea Sartori appena uscito da un incontro con
Guido Tampieri, il sottosegretario all’agricoltura a cui è stata affidata la
delega alla vitivinicoltura. «Un incontro veramente soddisfacente – ci
spiega Sartori –
perché ci siamo trovati di fronte una persona decisamente competente e
interessata ad affrontare prima di tutto il «problema dei problemi» non solo
del vino ma dell’agricoltura italiana: l’eccesso folle di burocrazia».
A questo proposito il sottosegretario Tampieri sta istituendo un’apposita
commissione che dovrà studiare il metodo e la forma per ridurre l’impatto
della burocrazia nelle imprese agricole. «E mi ha spiegato – ha aggiunto
Sartori – che partirà proprio dalle problematiche delle aziende
vitivinicole, sicuramente le più vessate su questo versante. Se riusciremo a
semplificare l’attività delle imprese enologiche, ci ha detto Tampieri, sarà
più facile farlo per le altre tipologie di aziende».
Per Sartori anche il piano controlli, recentemente riconfermato da De Castro
con la «supervisione» dell’Istituto centrale della repressione frodi, va
visto nel quadro più complessivo di riforma della 164/92 «che deve essere
realizzata all’insegna della semplificazione. Inutile ricordare – ha detto
Sartori – che anche sul versante dei controlli vi sono una miriade di enti
che si sovrappongono in questa attività determinando costi aggiuntivi per le
imprese e aggravi inutili di burocrazia».
Il presidente dell’Unione italiana vini non ha comunque ben «digerito»
questa ennesima attribuzione ai Consorzi di tutela del piano controlli.
«Intanto – ha spiegato Sartori – deve essere un piano controlli dei processi
di produzione e non di prodotto. Deve poi avere carattere nazionale e non
regionale. Qui si rischia, infatti, che la Toscana, solo a titolo di
esempio, possa controllare meglio del Veneto o viceversa. Mi rendo conto che
soluzioni in tasca è difficile averle su un tema così complesso, ma sono
convinto che la scelta finora fatta vada considerata ancora temporanea».
Insomma non è finita la battaglia su chi e come dovrà fare questi controlli.
«La scelta dovrà essere fatta all’interno della riforma complessiva della
164 – ha sottolineato Sartori – in quanto non è nemmeno accettabile il
criterio del 66% di rappresentatività dei Consorzi per essere autorizzati a
fare i controlli. Si tratta di una percentuale relativa alla produzione e
invece dovrebbe essere subordinata al numero complessivo dei produttori di
quella denominazione. Vi sono, infatti, denominazioni dove anche un solo
produttore copre quella percentuale di produzione o, in numerosi casi, pochi
produttori rappresentano gran parte della denominazione. Si rischia che
poche persone possano decidere per tutti, e questo non è accettabile. Per
questo noi chiediamo vi sia una rappresentatività di almeno il 51% dei
produttori».
Sartori auspica che i produttori di vini, a partire dalla sua associazione,
possano avere un ruolo importante in questa riforma. «Riteniamo di avere le
competenze idonee – ha detto Sartori – e soprattutto conosciamo le reali
problematiche quotidiane del settore.
Mi auguro che questa volta si arrivi veramente alla definizione di un
impianto normativo adeguato alle esigenze attuali del settore e del mercato.
Siamo realmente al capolinea, ormai è il mercato che ci chiede di cambiare».
E per cambiamento Sartori intende una normativa più semplice e, soprattutto,
«disciplinari realmente applicabili. Non possiamo più darci leggi
insostenibili»
Il piano controlli è un passo avanti
Anche il presidente di Federdoc Riccardo Ricci Curbastro
concorda sulla necessità di rendere più leggera la burocrazia del settore.
«Tutto ciò che potrà essere fatto sul versante della semplificazione della
nostra attività per quanto riguarda la burocrazia – ha detto Ricci Curbastro
– sarà decisamente apprezzato».
Relativamentre, poi, alla legge di riforma della 164, le posizioni di
Federdoc sembrano ancora abbastanza lontane rispetto a quelle dell’Unione
italiana vini.
«Siamo convinti che il piano controlli così come è stato concepito e
realizzato fino ad oggi – ha sottolineato Ricci Curbastro – sia un grande
passo avanti per il settore vitivinicolo italiano. I Consorzi sono aperti
alla collaborazione con tutti gli enti coinvolti nella produzione
vitivinicola al fine di evitare inutili sovrapposizioni. Proprio in questi
giorni sento che alcune Camere di commercio in Italia stanno richiedendo ai
produttori elenchi dei quantitativi di prodotto imbottigliato e
dichiarazioni di dove è stato venduto. Tutte informazioni che sono già
all’interno del piano controlli dei Consorzi, basta richiederle. Con molte
Camere di commercio stiamo collaborando da tempo e le cose vanno
perfettamente».
Ma Ricci Curbastro non è nemmeno tanto convinto che i disciplinari di
produzione vadano «semplificati per legge».
«Fermo restando – ha detto il presidente di Federdoc – che va utilizzata la
revoca per quelle denominazioni che non vengono rivendicate (basta il
declassamento in igt), penso che ogni caso vada preso singolarmente. Ad
esempio, nella mia zona in Franciacorta abbiamo appena ridefinito il
disciplinare di produzione in termini ancora più restrittivi rispetto al
precedente. Non si può quindi, per legge, andare verso semplificazioni
unitarie per tutte le denominazioni. Quello che è certo è che ciò che
scriviamo sui disciplinari di produzione va rispettato totalmente».
Riguardo poi al problema della percentuale di rappresentanza dei Consorzi
per essere autorizzati ai controlli, Ricci Curbastro ha sottolineato come
«in tutti gli statuti dei Consorzi è stato previsto un equilibrio
all’interno dei consigli al fine di garantire la corretta rappresentatività
da parte di tutte le tipologie di aziende.
Se si va a guardare la composizione dei consigli di tutti i Consorzi
italiani ci si accorge che questo equilibrio è stato tutelato».
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