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L'Informatore Agrario

Sommario rivista

Approfondimento

   
34
 8-14 Set.

  2006
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Attualità POLITICA

Finanziamenti e polemiche per una pac riformata a metà

L’attuale politica agricola avvantaggia più i grandi agricoltori che quelli piccoli

Bene ha fatto L’Informatore Agrario n. 32/2006 a rispondere all’articolo di Francesco Giavazzi, «Togliere il pane agli affamati», apparso sul Corriere della Sera del 30 luglio scorso.
Ancora una volta il noto economista e opinion leader critica duramente la pac, accusandola di destinare troppe risorse all’agricoltura con la scusa di proteggere i piccoli agricoltori e di preservare così l’ambiente. Scusa che Giavazzi definisce «falsa», perché sostiene che quelle risorse vengono drenate soprattutto dai grandi e grandissimi agricoltori. Inoltre questa politica concorre ad accrescere il divario tra il Nord e il Sud del mondo, perché impedisce la conclusione degli accordi in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto).
L’Informatore Agrario ha risposto con due articoli: uno nel quale venivano presentate le possibili prossime svolte della pac a causa della posizione sempre più critica assunta dalla politica e dalla stessa burocrazia comunitaria; l’altro, a firma di Andrea Belloli, che accusa Giavazzi di usare argomenti demagogici (ad esempio quello trito e ritrito degli aiuti alla regina Elisabetta) e di non conoscere affatto il settore, tanto che dovrebbe spiegare come mai, malgrado questa politica, il numero degli agricoltori continui a ridursi (ad esempio, tre quarti degli allevatori di vacche da latte hanno chiuso la stalla!) e perché le grandi Nazioni non possano sopportare una significativa contrazione della propria produzione agricola.
Mi dispiace doverlo dire, ma queste due obiezioni di Belloli non possono smontare quanto sostiene Giavazzi, la prima perché gli agricoltori che hanno abbandonato il settore sono proprio i più piccoli e, in assenza di una pronta ristrutturazione fondiaria, sono anche quelli che, con il loro abbandono, sono i più responsabili del degrado dell’ambiente e del paesaggio e, inoltre, perché il cambiamento di questa politica non è detto che metta in crisi la produzione agricola dei grandi Paesi, dove è appannaggio soprattutto delle medie e grandi aziende (come abbiamo già scritto, circa 150.000 aziende garantiscono l’80% della produzione agricola italiana).
Il 12 agosto su Il Sole 24 Ore è seguito un articolo di Giorgio Faini, un altro economista e opinion leader molto ascoltato, che invita l’attuale Governo a rilanciare il proprio impegno a livello europeo, inserendo nell’ampio processo di riforme in programma anche la riforma della pac che «…continua ad assorbire molte, troppe risorse e a pesare in maniera del tutto sproporzionata sul bilancio comunitario». Faini riprende gli argomenti di Giavazzi, proponendo, come altri, di introdurre un tetto ai rimborsi ai quali una singola azienda agricola avrebbe diritto, il cosiddetto plafonamento.
Nello stesso articolo sostiene, poi, che la riduzione del sostegno all’agricoltura potrebbe liberare risorse per la ricerca, lo sviluppo e la formazione, attività strategiche per l’industria e per consentire la conclusione del Doha Round, che potrebbe aprire i mercati dei Paesi emergenti alla nostra industria. Con grande onestà intellettuale, Giavazzi aveva già scritto nel suo articolo che l’industria non può protestare contro questa pac, perché lei stessa riceve aiuti per più del 2% del pil.
Per fortuna che Giovanni Sartori intitola il suo editoriale sul Corriere della Sera del 15 agosto «L’intelligenza decrescente» dove, con il solito spirito dissacratore, porta come massima dimostrazione della perdita di intelligenza dell’uomo moderno il fatto che l’umanità se ne infischia che il mondo stia per colassare sotto la pressione di sei miliardi di viventi.
Secondo me, salvo alcune esagerazioni polemiche, Giavazzi ha ragione: non è la politica a sostegno dell’agricoltura che deve essere criticata, ma questa politica che non ha avuto ancora il coraggio di portare a termine il disegno avviato da Franz Fischler con la riforma di medio termine.
Non è vero che le risorse destinate all’agricoltura, come dicono Giavazzi e Faini, sono troppe e sproporzionate, ma sono troppe e sproporzionate se si vuole continuare a fare questa politica che è più a vantaggio dei grandi e grandissimi agricoltori che dei piccoli, i quali più di tutti sono partecipi dello sviluppo rurale e della tutela dell’ambiente.
Purtroppo «L’intelligenza decrescente», come dice Sartori, ha impedito finora alla società e agli stessi agricoltori di comprendere qual è il vero ruolo dell’agricoltura in un Paese post-industriale, per cui dopo quasi 50 anni di pac e in un mondo globalizzato bisogna prendere atto che l’agricoltura o è diventata «impresa» capace di affrontare la competizione sui mercati internazionali o, se non può diventarlo, è chiamata a svolgere egualmente un ruolo importantissimo per quei sei miliardi di viventi, perché è la presenza dell’uomo agricoltore sul territorio che concorre a conservare il pianeta e le sue bellezze. 

Sommario rivista

Corrado Giacomini


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