UNIONE EUROPEA |
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I «favori» agli agricoltori |
Le accuse alla pac sul Corriere della Sera
L’articolo del prof. Francesco Giavazzi dal titolo «Togliere il pane
agli affamati», pubblicato sul Corriere della Sera del 30 luglio,
mostra un attaccamento alla tesi desiderata tale da oscurare la reale
situazione dei fatti.
Appare in primo luogo puramente demagogico citare il principe Alberto di
Monaco e la Regina Elisabetta d’Inghilterra quali percettori di cospicui
aiuti comunitari europei. E’ evidente che se costoro sono proprietari di
terreni agricoli e se degli stessi hanno una diretta conduzione con
organizzazione dei mezzi necessari e dipendenti a proprio carico, non si
vede come possano essere esclusi dall’aiuto comunitario.
È invece vero che le risorse comunitarie contribuiscono fra l’altro al
mantenimento del paesaggio, alla qualità dell’ambiente, alla qualità
dell’allevamento e dei prodotti derivati.
Se Giavazzi avesse qualche dubbio in proposito è invitato a visitare
campagne dove l’attività agricola è svolta con continuità e campagne dove
per un solo anno non vi sia stata attività agricola.
Si può dire che non si è interessati al paesaggio e alla campagna e si
preferiscono le biblioteche o gli studi, intesi come spazi interni, ma
questo non vale per la stragrande maggioranza della popolazione, sempre più
sensibile alla tutela dell’ambiente e alla ricerca della genuinità dei
prodotti.
Quanto al chiodo fisso delle liberalizzazioni, non è vero che la pac abbia
frenato o freni il fenomeno.
I dati italiani in materia di allevamento bovino recano i seguenti elementi
salienti:
Aziende zootecniche per la produzione di latte:
– anno 1989: 180.000;
– anno 2006: 45.000;
Prezzo del latte alla stalla:
– anno 1997: 770 lire/litro;
– anno 2006: 0,32 euro/litro.
Dunque in poco più di quindici anni i tre quarti dei
produttori hanno abbandonato l’attività; in meno di dieci anni i prezzi sono
diminuiti del 25% circa, oltre alla perdita di potere d’acquisto della
moneta.
Se questo è il risultato del «favore alla rendita degli agricoltori» non si
vede proprio in che cosa la stessa consista e come mai gli agricoltori siano
in continuo calo.
La verità è che negli Stati industrializzati, dove gli agricoltori fanno le
vendite a prezzi internazionali e la spesa ai maggiori costi dell’industria,
se si vuole garantire ai consumatori di avere a disposizione i migliori
formaggi, le migliori carni, i migliori vini, ecc. e a lustrarsi la vista
con i paesaggi, specie italiani, nei quali molto contribuisce l’ordine delle
campagne, non vi è altro modo che quello in atto nei Paesi avanzati, a meno
che qualcuno sostenga la preferenza per territori fatti di rovi o deserti e
per alimentazioni a base di ortaggi spontanei.
Siccome ciò non è evidentemente possibile non rimarrebbe che la totale
dipendenza dall’importazione.
Ma su questo tema le grandi Nazioni non possono rinunciare alla posizione
fondamentale e strategica, quella di avere una produzione agricola
significativamente rilevante da essere al riparo da un qualsiasi
sommovimento ai confini o nei Paesi di importazione delle derrate.
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