POLITICA |
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Fondi per la ristrutturazione, ai bieticoltori
solo le briciole |
Poco riconosciute le necessità degli agricoltori
La distribuzione dei fondi per la riconversione bieticola effettuata
in Irlanda testimonia come nel nostro Paese il trattamento riservato ai
coltivatori di bietole sia largamente inferiore al dovuto. Le questioni da
risolvere per accedere agli aiuti
Comincia a emergere la verità sul tipo di trattamento che hanno subito
gli agricoltori italiani durante il processo di applicazione della recente
riforma dell’organizzazione comune di mercato per il settore dello zucchero.
Ormai non ci sono più incertezze. C’è stato un trattamento pessimo che non
ha tenuto conto delle esigenze dei coltivatori di bietole e, in maniera
assai strabica, ha preso in considerazione le esigenze e le pretese di altri
soggetti della filiera con particolare riferimento alla componente
dell’industria saccarifera.
Il comunicato dell’Anb
A mettere a nudo, se ancora ve ne fosse bisogno, questo stato di cose, è
intervenuta nei giorni scorsi l’Anb con un comunicato stampa assai chiaro in
merito.
L’Associazione nazionale bieticoltori ha commentato le decisioni del
ministro dell’agricoltura irlandese, il quale ha riconosciuto «il 32,3%
dell’aiuto comunitario per la ristrutturazione del settore zucchero alla
componente agricola della filiera (lasciando il restante 67,7%
all’industria). Di questo 32,3%, ben l’85% è andato ai bieticoltori e solo
il 15% ai contoterzisti».
In Italia, invece, agli ex coltivatori di bietole è andato, sotto forma di
aiuti per la ristrutturazione, appena il 4% del budget disponibile, mentre a
quelli irlandesi è stato riconosciuto oltre il 27%: una bella differenza di
trattamento che non può essere agevolmente giustificata.
«Una decisione di segno ben diverso da quella assunta dal ministro
dell’agricoltura italiano» ha affermato Anb nel comunicato. «Il decreto 341
del 21-6-2006 – prosegue l’Associazione – ha riconosciuto rispettivamente il
10% dell’aiuto alla componente agricola (e il 90% all’industria), di cui
solo il 40% ai bieticoltori (il 60% ai contoterzisti). I dati si commentano
da soli! Le spiegazioni fornite a suo tempo dai funzionari del Mipaf per
giustificare il trattamento riservato ai bieticoltori, a parere di Anb, si
sciolgono come neve al sole di fronte all’esempio irlandese, che smentisce
clamorosamente le tesi esibite dai funzionari stessi per dimostrare
l’ineludibilità di un provvedimento così punitivo per i bieticoltori».
L’Associazione dei bieticoltori non si ferma qui e si rivolge direttamente
al ministro italiano. «Sarebbe gradito ora avere qualche spiegazione dal
ministro Paolo De Castro o, meglio, un ripensamento: peccato però che la
richiesta di incontro formulata da oltre due mesi dalle associazioni
bieticole giaccia ancora inevasa».
Problemi da risolvere
Mentre si riaccende la polemica sulle decisioni politiche assunte a livello
nazionale per l’applicazione della riforma della pac nel settore dello
zucchero, restano ancora alcuni punti in sospeso.
Il primo è di natura tecnica e riguarda la gestione dell’aiuto accoppiato
per l’annata in corso, spettante ai coltivatori di barbabietole, in
relazione alla quantità di materia prima prodotta e consegnata all’industria
e dello zucchero prodotto in quota.
Per questa partita sono disponibili circa 20 milioni di euro, destinati a
crescere negli anni successivi. L’importo unitario del premio accoppiato
pagato con fondi Ue ammonta per il 2006 a circa 25 euro per ogni tonnellata
di zucchero, corrispondenti a 3,32 euro/t di bietole.
I problemi da risolvere sono due. Il primo è definire una procedura semplice
e lineare che consenta all’organismo pagatore di perfezionare i pagamenti a
favore dei beneficiari, sulla base dei contratti stipulati e delle
produzioni effettivamente realizzate. A riguardo si sta studiando un
meccanismo che prevede il coinvolgimento delle associazioni bieticole, delle
imprese industriali e dell’organismo interprofessionale.
Il secondo aspetto problematico è di natura congiunturale e deriva
dall’esiguo tempo che c’è stato a disposizione per attuare una riforma molto
complessa e innovativa per il settore. In concreto, Agea ha verificato una
non perfetta corrispondenza tra i dati relativi alle superfici dichiarate
nei contratti tra impresa saccarifera e coltivatore e quelli successivamente
indicati dall’agricoltore nella domanda unica 2006.
In gergo tecnico, si è verificato il problema del «disallineamento» dei dati
e ora è necessario mettere in atto una procedura di correzione, tale da far
collimare le due realtà. Niente di speciale, considerata la mole di lavoro
cui è ormai abituato il sistema Agea e caa. Il problema è che il tempo a
disposizione è davvero limitato e le energie residue sono quasi nulle,
considerato il super lavoro cui si sono assoggettati gli organismi pagatori
e i centri di assistenza agli agricoltori.
Una secondo capitolo aperto si riferisce alla delicata questione della
gestione della dotazione finanziaria nazionale per gli interventi di
riconversione e diversificazione dei bacini bieticoli disattivati a seguito
delle decisioni delle imprese saccarifere di cessare l’attività e incassare
i ricchi contributi comunitari.
Il budget disponibile ammonta a 128 milioni di euro che ora il Mipaaf e le
Regioni dovranno sapientemente utilizzare, magari cercando di rimediare ai
torti subiti dalla componente agricola fino a questo momento. All’inizio di
luglio l’Unione Europea ha varato il regolamento 968/2006 che ha stabilito
le regole e le procedure da seguire per l’utilizzo dei fondi.
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