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Investire nella filiera, strada obbligata |
L’agricoltore deve cercare di acquisire maggiore valore aggiunto e
potere di mercato all’interno della filiera puntando a sviluppare idee
nuove, valorizzando la collaborazione con altri agricoltori e partecipando
finanziariamente in misura maggiore rispetto al passato
L’agricoltore ha bisogno della filiera agroalimentare? Sicuramente sì.
Non è scontato porsi questa domanda, perché ancora oggi molti agricoltori
sono convinti che il loro ruolo sia semplicemente quello di produrre materie
prime agricole, perché poi qualcuno (ma chi?) dovrebbe preoccuparsi di
collocarle sul mercato.
L’agricoltore non può fare a meno di un adeguato rapporto con il mercato e
su questo versante deve investire oggi più di ieri; anzi, proprio oggi la
competitività dell’impresa agricola si gioca sempre più sull’integrazione di
filiera.
Come fare?
Una direzione percorribile è sicuramente la cosiddetta filiera corta. La
vendita dei prodotti in azienda o in punti organizzati da uno o più
operatori, nelle fiere o nelle città, ha rappresentato negli ultimi anni una
delle forme economicamente più interessanti.
Una puntualizzazione. È errato pensare che la filiera corta non richieda
professionalità: anzi, il commercio al dettaglio, ovvero il rapporto diretto
con il consumatore finale, richiede grandi doti professionali, capacità
strategiche, organizzative e personali.
Bene la filiera corta, per chi è capace di perseguirla e per chi ha le
condizioni (dipende dalla tipologia di prodotto e dal territorio in cui si
opera), ma può riguardare solo una piccola parte della produzione agricola
italiana (10-15%). Il resto deve ricorrere alla filiera lunga. Su questo
fronte, la maggior parte degli agricoltori italiani incontra grandi
difficoltà. Si lamenta il fatto che il prezzo al produttore sia stagnante,
spesso in diminuzione, mentre il prezzo al consumatore aumenta costantemente
nel tempo. È vero, è così!
Anche i dati ufficiali lo dimostrano. Ismea rileva che su 100 euro di spesa
di un consumatore, nel 1995, il 15,1% arrivava al produttore agricolo; dopo
nove anni, nel 2004, tale quota è scesa al 10,8%.
La forbice tra prezzo alla produzione e prezzo al consumo è molto ampia ed è
destinata ad allargarsi. È inutile che l’agricoltore si lamenti: questa
situazione è frutto dell’evoluzione dei consumi, dei costi di distribuzione
e della struttura del mercato.
Sono inutili certi slogan, del tipo «pari dignità nella filiera
agroalimentare», che fanno pensare che la filiera agroalimentare sia una
tribuna politica o sindacale.
Nel mercato la dignità si conquista.
Altra affermazione, altrettanto fuorviante, riguarda l’intermediazione
parassitaria, che secondo alcuni sarebbe la causa di tutti i mali.
L’intermediazione parassitaria non esiste, esistono dei soggetti che fanno
cose che altri non fanno o che occupano spazi lasciati liberi dagli
agricoltori che sono incapaci di organizzarsi.
L’agricoltore deve attrezzarsi per fornire maggiore valore aggiunto al suo
prodotto e acquisire potere di mercato lungo la filiera.
Come fare?
Deve impegnarsi e investire negli stadi successivi alla produzione agricola,
deve riappropriarsi in modo significativo degli spazi all’interno della
filiera, dove si forma la parte preponderante del valore dei prodotti
alimentari finali. Investire vuol dire creare nuove forme societarie di
trasformazione e commercializzazione (cooperative e non solo, ma anche
società o semplici Ats -
associazioni temporanee), creare imprese efficienti con una forte
partecipazione finanziaria dei produttori e con un management adeguato.
Oppure creare una rete contrattuale stabile con le imprese a valle della
filiera.
In questo campo la cooperazione agricola, in alcuni casi, ha dato risultati
eccellenti, ma altre volte questo non è avvenuto. Perché? Le cooperative non
hanno un’adeguata partecipazione finanziaria da parte degli agricoltori, i
consigli di amministrazione sono eletti con logiche politiche e il
management non viene adeguatamente selezionato. Non solo. Molto spesso sono
troppo piccole e, invece di fondersi o collaborare, sono dedite a farsi
concorrenza tra di loro.
Bisogna chiudere le strutture associative che non funzionano; quando una
cooperativa non funziona, prima chiude, meglio è per tutti. Magari viene
assorbita da un’altra che funziona bene o si crea un’altra iniziativa
imprenditoriale, con i produttori agricoli che vi partecipano
finanziariamente.
Agli agricoltori «dico» che creare una filiera efficiente è difficile, ma il
mercato non è un nemico, e non si può aspettare che qualcuno venga a
risolvere i problemi.
Tre parole chiave: idee, collaborazione imprenditoriale tra agricoltori,
partecipazione finanziaria nella filiera. Meglio dedicare qualche ora in
meno ai campi e qualche ora in più alla filiera.
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