POLITICA |
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I negoziati sul commercio mondiale a un passo dal
fallimento |
Nessun accordo alla Wto di Ginevra. Le scadenze fissate a
Hong Kong a fine 2005 non sono state rispettate e, alla luce dei contrasti
tra i vari Paesi, in particolare Usa e Unione Europea, prevale il
pessimismo. Di Wto si parlerà ora al vertice del G8 a metà luglio
Quello che si temeva è accaduto. E così, alla fine dei
negoziati di venerdì 30 giugno, alla Wto di Ginevra è stato chiaro che
andava alzata bandiera bianca.
Anche il tentativo di raggiungere entro domenica 2 luglio un consenso sulle
«modalità» del negoziato sui prodotti agricoli e su quelli industriali è
fallito. E ora resta pochissimo spazio di manovra per tentare di chiudere
l’intesa multilaterale sulla liberalizzazione del commercio.
«Siamo in crisi» ha detto il direttore generale della Wto Pascal Lamy,
aggiungendo però subito dopo: «Credo ancora che le distanze non siano
incolmabili; c’è crisi ma non ancora panico».
Il Comitato per i negoziati commerciali (Trade negotiating committee) ha
concluso i suoi lavori sabato 1 luglio non ratificando – come si sperava –
l’intesa tra i ministri presenti a Ginevra, ma piuttosto cambiando metodo di
lavoro e affidando al direttore Lamy la responsabilità di trovare una via di
uscita a questa ennesima impasse.
Si confida così di recuperare il tempo perduto e di rimettere in carreggiata
un negoziato che appare sempre più incerto, anche tirando le somme sugli
appuntamenti mancati e sulla tempistica prossima ventura.
Sostegni agricoli e tariffe i nodi da sciogliere
Quali i principali punti di divergenza?
In primo luogo il sostegno agli agricoltori. Da questo punto di vista sono
stati gli Usa ad essere maggiormente sotto accusa, perché dovrebbero ridurre
effettivamente i sostegni ai loro farmers, specie i pagamenti che distorcono
gli scambi poiché legati alle produzioni e ai prezzi.
Washington è accusata di non proporre un vero taglio ai sostegni, ma
semplicemente di riclassificare le spese in modo non solo di non ridurre ma
addirittura di aumentare i pagamenti agli agricoltori. Il segretario Usa
all’agricoltura Mike Johanns su questo punto è stato netto: gli Stati Uniti
si sono impegnati a ridurre del 60% i sostegni in «scatola gialla» e si
tratterà di veri tagli.
Non solo. Queste riduzioni ci saranno a patto che gli altri Paesi si
impegnino sul fronte dell’apertura dei mercati agricoli, senza «scappatoie».
E qui è l’Europa a essere principalmente sotto accusa.
L’Ue si è presentata confermando la disponibilità a ridurre le tariffe
doganali in media del 39%, mentre gli altri Paesi chiedono almeno dieci
punti percentuali in più di riduzione.
Gli Usa lamentano però che Bruxelles è sì disponibile ai tagli tariffari, ma
chiede – così come i Paesi in via di sviluppo – di mantenere tre deroghe (le
«tre S», vedi riquadro a pag. 16) che possono, a conti fatti, ridimensionare
di molto queste concessioni.
Ad esempio, l’Europa ritiene che almeno per l’8% dei prodotti (i cosiddetti
prodotti «sensibili») si debba applicare una riduzione tariffaria minore
rispetto a quella ordinaria. Per gli Usa dovrebbe godere di tale
agevolazione non più dell’1% dei prodotti.
I prodotti sensibili – si difende Bruxelles – non sono tanti e non sono
esentati completamente da ogni riduzione tariffaria. E soprattutto, per ogni
prodotto sensibile vanno garantiti anche contingenti tariffari agevolati
aggiuntivi, che, come ad esempio per la carne bovina, potrebbero essere
anche notevolissimi.
Il fronte interno europeo
L’Europa sembra comunque avere i maggiori problemi sul fronte interno.
La Commissione ha dato l’impressione di essere pronta a cedere sia
sull’entità dei tagli tariffari che sul numero di prodotti sensibili (che
potrebbero scendere anche al 5%). Ma chiede adeguate contropartite sul
fronte dell’export dei propri prodotti industriali oltre che, soprattutto su
indicazione dell’Italia, sul riconoscimento delle indicazioni geografiche.
Non è stata comunque formalizzata alcuna proposta, anche perché un gruppo di
Paesi, Francia in testa, ha frenato ogni possibile fuga in avanti; con
l’Italia – presenti i ministri Emma Bonino e Paolo De Castro – a fare da ago
della bilancia.
In conclusione, il lungo week end ginevrino non ha portato i frutti sperati
e non si è stati in grado di decidere sulle «modalità» del negoziato
agricolo.
Tutto rinviato, quindi, questa volta a fine luglio, con la riunione del
Consiglio generale della Wto che dovrebbe, tra l’altro, decidere
sull’estensione multilaterale delle denominazioni di origine (possibile una
contropartita alle concessioni agricole?).
Molto dipenderà dal ruolo di «facilitatore» affidato al direttore della Wto
Lamy. Mentre si pensa addirittura di rimettere la materia al G8 di San
Pietroburgo di metà luglio per una decisione politica «alta».
Il G8 è una sede del tutto anomala: ci sono la Russia – che della Wto non fa
ancora parte – e l’Europa, che è invece presente in forze con il presidente
della Commissione e ben quattro Paesi.
Ma pur di conseguire un risultato positivo ...
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