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L'Informatore Agrario
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27
 30 Giu. - 6 Lug.

  2006
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Attualità POLITICA

L’allarme siccità è sempre alto

La situazione nei campi resta difficile

La risalita delle acque salmastre genera i problemi più gravi nell’area del Delta del Po. L’Anbi chiede che il grande fiume sia assunto come emergenza nazionale. Si attendono i rilasci d’acqua dei bacini idroelettrici lombardi

La vera emergenza idrica, per ora, si chiama «risalita del cuneo salino» e affonda le radici in una serie di concause. Come riconosciuto anche dall’Autorità di bacino del fiume Po «l’area del Delta è già da considerarsi in situazione critica»: nella zona rodigina, infatti, il mare risale nell’entroterra anche per oltre 20 km, impedendo i prelievi irrigui e cominciando a pregiudicare le adduzioni di alcuni acquedotti.
Le barriere antisale del Consorzio di bonifica Delta Po Adige, peraltro posizionate su rami secondari, si rivelano inadeguate di fronte agli attuali flussi di acqua salata; studiate per contrastare la risalita marina sul fondo dell’alveo, vengono ormai costantemente «stramazzate» da un’imponente corrente, praticamente senza opposizione.
Molte falde dell’area polesana denunciano ormai gravi tassi di salinità. A risentire della situazione sono soprattutto le colture risicole, colpite in una fase quantomai delicata della crescita: si teme che il 50% del raccolto di riso polesano sia irrimediabilmente compromesso, proprio mentre prosegue l’iter per il riconoscimento della igp!
Per rimediare alla gravissima situazione, in un’apposita riunione, promossa il 28 giugno a Rovigo dall’Autorità di bacino, è stato deciso di garantire una portata del fiume Po, a Pontelagoscuro (Ferrara), pari ad almeno 330 m3al secondo, indispensabile per fermare la risalita marina. Per raggiungere tale obiettivo è necessario incrementare l’attuale portata di almeno 100 m3 al secondo e per farlo saranno richiesti ulteriori rilasci dai bacini idroelettrici montani e dai grandi laghi e sarà necessario un taglio del 10% nei prelievi a monte della località ferrarese. Un apposito documento sarà inviato ai Ministeri delle politiche agricole, delle attività produttive e dell’ambiente.
Situazione non facile, ma meno drammatica, vivono le colture orticole e maidicole bagnate anche dagli impianti irrigui afferenti al fiume Adige.
Il problema del «cuneo salino» comincia a evidenziarsi pure alle foci di fiumi che interessano la provincia di Venezia (Tagliamento e Piave) così come alcuni corsi d’acqua minori che sfociano nella Laguna: qui il sistema di paratoie regge, ma sono le falde a monte che denotano preoccupanti segnali di affievolimento.
Situazione grave si vive nella parte ferrarese del Delta, dove i ridotti prelievi dal fiume Po sono peraltro compensati dagli apporti del Canale Emiliano Romagnolo, che integrano le adduzioni dell’impianto Pilastresi, dove è in funzione solo il recente impianto sussidiario, mentre il principale è fermo da giorni per l’impossibilità di «pescare» in alveo.
Il Po emergenza nazionale
Accanto al sempre presente pericolo della subsidenza (ovvero il fenomeno di abbassamento del suolo), l’intrusione salina è quindi l’altro grande problema che interessa i litorali dell’alto Adriatico. A provocarlo sono fiumi che, già con portate ridotte, arrivano alla foce «stremati» da ripetuti prelievi, privi di un coordinamento tempestivo sulla base delle disponibilità di flusso. Non a caso il fiume Po è ormai da considerare un «grande malato»: l’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni (Anbi) chiede sia assunto come emergenza nazionale e che la cabina di regia diventi permanente. Perché, se è vero che l’emergenza idrica 2006 è frutto di alcuni elementi concomitanti (piogge inferiori alla media in maggio e giugno in Piemonte e Lombardia, improvviso abbassamento delle temperature tra fine maggio e inizio giugno con blocco dello scioglimento delle nevi montane, successivo improvviso innalzamento delle temperature con forte evapotraspirazione dai terreni, invasamento di risorsa idrica nei laghi montani a uso idroelettrico in previsione dell’aumento di richiesta energetica durante i mesi estivi), è altresì vero che il principale fiume italiano soffre da anni di un abbassamento d’alveo (mediamente 10 cm ogni 12 mesi) che lo ha «incassato» in alcuni tratti al punto da trasformarlo in una sorta di canale che oggi, con poca acqua, impedisce il prelievo da alcune pompe irrigue fisse, ma domani, in caso di piena, aumenterà pericolosamente la velocità con cui l’acqua potrebbe «abbattersi» su qualche centro abitato.
A causa dell’evidente squilibrio tra i prelievi di materiali inerti dal greto e la capacità di ripascimento naturale del fiume (il rapporto è perlomeno di 7 a 1) il letto fluviale è oggi a una quota inferiore alle golene, nelle quali potrebbero espandersi durante l’anno le acque in esubero.
È stato stimato che il ripristino idraulico del fiume con il conseguente recupero delle golene potrebbe portare allo stoccaggio di 150 milioni di metri cubi d’acqua, un autentico tesoro per periodi come quello attuale. Nel frattempo la situazione idrica nel bacino padano risulta sostanzialmente stabile rispetto alla scorsa settimana in attesa degli auspicati apporti idrici, che dovrebbero giungere dai concordati rilasci (fra 10 e 15 milioni di metri cubi al giorno) dai bacini idroelettrici lombardi (vedi anche quanto riportato a pag. 20).
La situazione nel Nord-ovest
Nell’area occidentale del Paese le derivazioni irrigue variano fra il 50 e l’80% della media del periodo, con maggiori problemi per i prelievi dai fiumi Sesia e Ticino. Pur con tendenze diverse, i grandi laghi (Maggiore e Como in crescita, Iseo, Idro e Garda stazionari) hanno tutti livelli inferiori alla media stagionale. Nell’area cremonese le derivazioni sono inferiori del 40% a quelle del periodo, mentre in Emilia-Romagna si raggiunge anche il –55%.
 

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