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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
 
24
 9-15 Giu.

  2006
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Attualità POLITICA

Zucchero: la torta da spartire non c'è

Il parere del direttore di Anb sul prezzo delle bietole

L' articolo sul prezzo della bietola del prossimo anno, pubblicato sul numero 23 di questa rivista, a pagina 8, richiama alcune precisazioni e offre lo spunto per qualche considerazione di prospettiva.
In buona sostanza l’articolo sostiene che il mercato dello zucchero europeo, a seguito delle profonde modifiche introdotte con la riforma dell’ocm di settore, farà registrare un forte calo dell’offerta e, quindi, genererà un margine di mercato di cui beneficerà solo l’industria trasformatrice, lasciando invece a bocca asciutta i produttori.
La colpa di ciò, sostiene «perfidamente e con fare innocente» l’autore, sarebbe da addebitarsi alle Associazioni bieticole, incapaci, a suo dire, di cogliere le novità degli scenari apertisi e di porre nelle trattative dell’accordo interprofessionale, conclusesi lo scorso febbraio, il tema della partecipazione dei produttori ai margini di mercato acquisiti dall’industria trasformatrice.
Cercheremo di replicare a questa velata accusa di incompetenza, sperando di unire sintesi a chiarezza su un tema molto difficile. E, volendo, molto appassionante, nella misura in cui si tratta di scendere nelle pieghe di una riforma e di taluni scenari economici che costituiscono l’essenza di quanto potrà accadere al settore.
Partiamo dalla erroneità di alcuni presupposti dell’articolo, su cui si regge poi la condanna di incompetenza.
Presupposti non corretti
A parte alcune sviste (il prezzo di riferimento dello zucchero nel 2006 non sarà di 505 euro circa alla tonnellata bensì di 631 euro – la differenza essendo data dall’applicazione del contributo alla ristrutturazione gravante sulle Società – il che cambia la costruzione di alcuni assunti), va detto che il riferimento fatto alle quotazioni mondiali dello zucchero sono improprie. Esse infatti non centrano niente con il mercato europeo, che è nettamente isolato rispetto a quello mondiale, con le importazioni blindate da dazi elevati e le esportazioni sostanzialmente vietate dalle norme e dai pronunciamenti giudiziari delle Wto.
In queste condizioni, il solo effetto osmotico tra i due mercati potrà riferirsi al rubinetto dei flussi delle importazioni preferenziali, ma altri effetti economici non ve ne saranno.
Il secondo presupposto erroneo è che il mercato europeo possa essere libero di muoversi secondo giochi di domanda e offerta. La realtà è infatti diversa. Con la nuova ocm si perpetuano le quote zucchero, teoricamente superiori ai consumi, ma la Commissione, nel rispetto degli obblighi internazionali, intende esercitare uno stretto controllo della offerta, intervenendo con ritiri obbligatori in modo tale da limitare la produzione comunitaria disponibile al livello del consumo interno meno le importazioni.
Grazie ad un osservatorio prezzi appositamente costituito, la Commissione cercherà di rendere il mercato piatto e tendenzialmente in perenne equilibrio: in modo tale che i prezzi potranno adattarsi stabilmente a quelli di riferimento.
La elevata protezione daziaria attuale (ma quanto potrà durare con la rinegoziazione Wto alle porte?) consentirebbe sulla carta ai prezzi zucchero di lievitare, ma dubitiamo fortemente che questa condizione, che peraltro non potrebbe che essere temporanea, non verrebbe prontamente smorzata da importazioni francesi e tedesche, che da qualche anno a questa parte, pur in vigenza del vecchio regime di prezzo di intervento, giungono in Italia allo stesso livello di prezzo minimo del prodotto nazionale (se non di meno), quasi come se non esistessero i costi di trasporto (nota fuori campo: un giorno forse qualcuno spiegherà perché nell’Europa dello zucchero si sia praticato così disinvoltamente una politica di dumping).
Difficile che i prezzi crescano
Con questi presupposti, appare difficile poter sostenere che si stanno creando premesse per una consolidata lievitazione dei prezzi dello zucchero: e se non c’è questa condizione, non ci può essere neanche la partecipazione dei bieticoltori a auspicabili ma del tutto teorici margini commerciali.
Questa analisi è sbagliata? Speriamo, ma crediamo di no . E con noi lo credono anche le Istituzioni comunitarie, lo Stato italiano (ricordiamo, a proposito, che nel «Piano di razionalizzazione del settore» si parla di una industria che realizzerà 43 euro di perdita per ogni tonnellata, se non si realizzeranno alcune soluzioni), e gli industriali dello zucchero (che sarebbero veramente singolari se, immaginando un «bengodi» sui prezzi, decidessero, come stanno facendo, di chiudere, chiudere e chiudere ancora zuccherifici).
E naturalmente egualmente pessimiste sono state le Associazioni bieticole, che hanno quindi avuto atteggiamenti conformi agli scenari attendibili del momento.
Va rilevato come le Associazioni abbiano da sempre sostenuto, durante la vecchia ocm, la necessità di fare partecipi i bieticoltori ai margini di mercato dell’industria trasformatrice: ciò non è però successo, nonostante in quel periodo il prezzo dello zucchero avesse livelli di garanzia molto superiori agli attuali. Oggi che tali garanzie sono state indebolite (il prezzo di intervento è stato sostituito dal prezzo di riferimento) sarebbe paradossale che le Associazioni riuscissero a prevalere in questa battaglia.
Senza contare che una richiesta in tal senso in sede di accordo avrebbe potuto legittimare una controrichiesta di parte industriale di una partecipazione agricola agli eventuali minus commerciali (ricordiamoci che già la Commissione, nelle sue bozze intermedie dei regolamenti aveva pensato ad una cosa del genere, per equilibrare i rischi tra agricoltura e industria).
Aggiungiamo solo che tutte le nostre speranze devono concentrarsi sulla possibilità che un margine di mercato possa effettivamente realizzarsi, come conseguenza di una maggiore libertà del mercato stesso, e come fattore di consolidamento di una industria saccarifera economicamente non precaria e in grado di rispondere a una domanda di maggior remunerazione della bietola, anche come elemento di garanzia per stabilizzare i flussi di approvvigionamento delle fabbriche.
Fino a che tale situazione non si verrà a creare appare velleitaria (e, fino a quel momento, scarsamente sostenibile) la rivendicazione di partecipazioni economiche a qualcosa che ancora non c’è.

 

Sommario rivista

Carlo Biasco
Direttore Associazione nazionale bieticoltori



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