UNIONE EUROPEA |
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Quanto rendono nel mondo le colture biotech |
Due studi, uno della Commissione europea e l’altro di un’istituzione
statunitense, hanno cercato di quantificare i vantaggi economici derivanti
dall’utilizzo di varietà gm. I numeri sono positivi anche se non si tratta
dell’unico parametro da considerare
L'inizio dell’anno è il momento ideale per fare delle
analisi di scenario e di prospettiva sui diversi aspetti che a vario titolo
coinvolgono il settore agricolo. Tra le tematiche più interessanti, e
sicuramente tra le più dibattute, vi è quella delle agrobiotecnologie.
La linea de L’Informatore Agrario su questo tema è sempre stata
chiara: osservare con attenzione lo sviluppo, dare voce alla ricerca,
stimolare un dibattito il più possibile libero da pregiudizi ideologici.
E nessuna cosa meglio dei numeri riesce a essere, in qualche modo,
imparziale.
Per qualsiasi commento, quindi, riteniamo fondamentale partire dai numeri, e
in questa direzione particolarmente interessanti sono due rapporti
pubblicati verso la fine dello scorso anno, uno della Commissione europea e
uno del National center for food and agricultural policy (Ncfap)
statunitense.
Nel primo si analizza l’impatto economico dell’utilizzo di colture gm nel
mondo nei primi dieci anni di commercializzazione (1996-2005), mentre nel
secondo ci si sofferma sull’impatto delle colture geneticamente modificate
esclusivamente negli Stati Uniti.
Il dato che accomuna entrambi i rapporti è che l’utilizzo di colture
geneticamente modificate, nonostante il perdurare della moratoria
dell’Unione Europea, le continue proteste del mondo ambientalista e le
preoccupazioni dell’opinione pubblica di molti Paesi continuano ad
aumentare.
Secondo gli ultimi dati dell’Isaaa (International service for the
acquisition of agri-biotech applications), la più importante società
coinvolta nelle informazioni relative all’utilizzo delle agrobiotecnologie
nel mondo, ci stiamo avvicinando ai 100 milioni di ettari (erano 2,8 nel
1996) coltivati ormai in 21 Paesi (vedi L’Informatore Agrario 2/2006,
pag. 12).
Ci sono vantaggi economici?
Ma i due rapporti, oltre che a ricordare questi numeri, si addentrano,
finalmente, sulle valutazioni economiche. In sostanza si è voluto dare
risposta a due domande strategiche: l’utilizzo delle colture geneticamente
modificate è economicamente conveniente per gli agricoltori che le
utilizzano? Con questa tipologia di colture si riduce l’utilizzo di
fitofarmaci?
Le risposte dei due rapporti non coincidono perfettamente anche se in
ambedue emerge come la notevole crescita di utilizzo di colture gm nel mondo
negli ultimi dieci anni sia stata dettata da numerose ragioni tra le quali,
indubbiamente, l’elemento economico ha giocato e gioca un ruolo importante.
Nel rapporto della Commissione europea, infatti, che riunisce i risultati di
ricerche svolte in numerosi Paesi che da dieci anni utilizzano colture gm,
emerge come questo tipo di coltivazioni, mediamente, non ha portato a
vantaggi economici significativi per gli agricoltori ma a un sostanziale
miglioramento della gestione delle colture.
In particolare, è scritto nel rapporto dell’Ue, l’utilizzo di soia
tollerante agli erbicidi (la coltura gm più utilizzata nel mondo) negli Usa
non ha portato ad aumenti della produttività ma a una semplificazione della
gestione colturale e alla relativa diminuzione delle ore lavoro da dedicare
a essa. L’aumento, però, del costo della semente (tra i 24 e i 28 dollari a
ettaro) ha praticamente azzerato quelli che potevano essere alcuni vantaggi
dal punto di vista del risparmio dei costi di produzione. Sempre negli Usa,
secondo alcune ricerche, l’utilizzo di soia bt ha comunque ridotto la
variabilità derivante dagli andamenti stagionali.
Il rapporto della Commissione Ue evidenzia anche come i vantaggi derivanti
dall’utilizzo delle colture gm siano superiori nelle aree geografiche dove
maggiore è l’impatto di fitopatologie da parassiti (l’esempio più classico è
quello della piralide). Ovvio che in aree dove non vi sono particolari
problematiche dal punto di vista fitosanitario questo vantaggio si riduce.
Riguardo, invece, la domanda sulla riduzione dell’utilizzo di fitofarmaci
con l’adozione di colture gm, dal rapporto dell’Ue emerge come questa
diminuzione è evidente in colture come il cotone bt , per il quale c’è stata
una riduzione dell’utilizzo di insetticidi di ben il 25%. L’utilizzo di mais
bt, invece, avrebbe portato a diminuzioni decisamente minori.
Per quanto concerne la soia tollerante agli erbicidi, il suo utilizzo ha
portato alla sostituzione di numerosi erbicidi con un solo erbicida (il
glifosate). L’utilizzo di questo erbicida, però, è ovviamente aumentato
notevolmente. L’adozione di questa varietà di soia ha però portato a una
riduzione del consumo di carburante per ettaro e a una diminuzione delle
lavorazioni del terreno.
Complessivamente, comunque, secondo le ricerche prese in esame nel rapporto
Ue, gli effetti economici dell’utilizzo di piante gm nel mondo in questi
dieci anni sono stati positivi in termini di miglioramento del benessere
nelle regioni dove esse sono state utilizzate. Il valore di questi
miglioramenti varia a seconda dei Paesi e, nella maggioranza dei casi, si
tratta di effetti benefici in larga misura a vantaggio degli agricoltori.
È evidente, inoltre, visto l’attuale scarso utilizzo nei Paesi dell’Ue, che
è molto difficile fare valutazioni di questo genere per l’Europa, a parte la
Spagna dove, secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero dell’agricoltura
iberico, nel 2006 si è arrivati a quasi 54.000 ha
coltivati a mais bt (il 14,8% della superficie totale coltivata a mais).
La situazione negli Stati Uniti
Molti più dati, ovviamente, sono a disposizione negli Usa.
Nel rapporto del Ncfap emerge più forte la convenienza delle colture gm.
Secondo i ricercatori del Centro statunitense, infatti, l’utilizzo di
coltivazioni geneticamente modificate (che nel 2005 ha raggiunto i 50
milioni di ettari), ha portato, nel 2005, a un incremento delle rese pari a
circa 3,78 milioni di tonnellate (vedi tabella), con un beneficio
economico complessivo per gli agricoltori che ha raggiunto i 2 miliardi di
dollari e una riduzione di 31.593 t di agrofarmaci utilizzati in campo.
Secondo il rapporto Ncfap, il maggior beneficio economico è stato tuttavia
meno evidente perché in parte controbilanciato dall’incremento dei costi di
produzione e da una flessione dei prezzi del cotone e del mais del mercato.
Sempre secondo il rapporto dell’Ncfap, le colture gm stanno avendo effetti
positivi anche sulla crescita di mais da destinare alla trasformazione in
biocarburanti.
Durante il primo decennio di coltivazione di piante gm gli agricoltori
americani hanno aumentato la produzione di masi di circa 17,6 milioni di
tonnellate. Questo miglioramento della produzione equivale, secondo i
ricercatori dell’Ncfap, a circa 7 milioni di ettolitri di etanolo.
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