Conti economici di un digestore anaerobico in provincia di Cremona
Dalla digestione dei liquami di 5.500 suini e 200 bovini all’ingrasso con
l’aggiunta di silomais si ottengono 75-85 m3/ora di biogas. I tempi di
ammortamento dell’impianto senza alcun contributo pubblico si aggirano
intorno ai 4 anni
Biogas: un sistema sicuro per fare reddito in agricoltura. Questo è il
messaggio che sempre più spesso emerge dai numerosissimi convegni sulle
agroenergie.
Allora abbiamo deciso di fare i conti in tasca a un allevatore che gestisce
da un anno un impianto di produzione di biogas alimentato con deiezioni
animali e in piccola parte con mais ceroso. L’intento non è certo quello di
affrontare la questione in modo esauriente né di redarre un trattato
economico sul biogas, ma solo di verificare in campo con dati reali la
convenienza economica di questo tipo di attività.
L’azienda agricola dove sorge il digestore è Agrosocietà S. Eurosia di
Alfonso Rinaldi e figli: Paolo e Carlo, soci fondatori di Agroenergia,
l’associazione di Confragicoltura deputata ad occuparsi specificamente delle
filiere bioenergetiche.
L’impresa agricola svolge la propria attività nella pianura cremonese e più
precisamente nel comune di Formigara, dove i Rinaldi allevano 5.500 suini,
tutti all’ingrasso, e 200 bovini da carne.
Il fondo è invece costituito da circa 100 ha di terreno dove sorgono stalle,
magazzini e depositi, abitazioni e un digestore anaerobico.
L’impianto di produzione
L’impianto di digestione anaerobica è stato costruito nel 2004 dalla società
Liquitech del gruppo Brevetti Cremonesi (Cremona) ed è entrato in funzione a
luglio dello stesso anno. È costituito da due vasche circolari, ciascuna di
20 m di diametro e 6 m di altezza per un volume complessivo di quasi 5.500
m3. All’interno delle vasche vengono convogliate tutte le deiezioni animali
(circa 60 m3/giorno) più un’aggiunta di ceroso pari al 3-4% in volume (poco
più di 2-3 m3/giorno) dei reflui zootecnici.
I reflui rimangono nella prima vasca per circa 30 giorni dopodiché vengono
trasferiti nella seconda, dove sostano altri 30 giorni.
I digestori – le vasche – sono riscaldati: la prima a una temperatura di
circa 35 °C e la seconda tra 44 e 50 °C. Queste condizioni consentono lo
sviluppo di batteri metanigeni mesofili, che potendo agire per un periodo
piuttosto lungo (complessivamente 60 giorni) trasformano fino al 75% della
materia organica in biogas.
I liquami contenuti nei digestori fermentano e producono 75-85 m3/ora di gas
costituito prevalentemente da metano (65-70% circa) e anidride carbonica, a
cui si aggiungono vapore acqueo, idrogeno, ecc. Il biogas viene captato
dalla sommità dei digestori e raffreddato per permettere la condensazione
dei gas solforati che vengono eliminati. A questo punto il gas privato dello
zolfo viene convogliato ai cogeneratori. Si tratta di due motori a ciclo
otto (Iveco-Aifo) adattati per il combustibile biogas e capaci di produrre
fino a 80 kW elettrici ciascuno. È importante che i gas solforati non
arrivino ai motori, ai quali potrebbero causare gravi danni e in tempi
brevi.
I motori, a quanto dichiarato da Carlo Rinaldi, lo scorso anno hanno
funzionato per oltre 7.500-8.000 ore.
Dal punto di vista infrastrutturale l’impianto è costituito, oltre che dalle
due grandi vasche-digestore, da una centrale termoelettrica in calcestruzzo
che ospita i cogeneratori, i quadri di comando e controllo e le
apparecchiature elettriche per la messa in rete dell’energia. A questo
proposito bisogna tenere presente che i cogeneratori producono energia
elettrica a bassa tensione; che può essere immessa direttamente nella rete
solo fino a potenze di 50 kW.
Per potenze superiori, come nel caso in esame (160 kW), la messa in rete
deve avvenire in media tensione, pertanto bisogna verificare la presenza
della rete di media tensione in prossimità dell’azienda ed eventualmente
provvedere alla realizzazione di una cabina per trasformare l’energia da
bassa a media tensione.
Per quanto riguarda invece il riscaldamento dei digestori (che devono essere
opportunamente coibentati) il calore viene ricavato dai fumi di scarico e
dal circuito di raffreddamento dei motori endotermici.
I conti economici
L’impianto di digestione anaerobica e produzione dell’energia elettrica
costruito dai Rinaldi è costato, chiavi in mano, 750.000 euro.
L’energia elettrica prodotta ammonta a 1,19 milioni di kWh per un incasso
complessivo di circa 220.000 euro. Di questi, circa 125.000 derivano dalla
cessione dei certificati verdi il cui valore nominale di riferimento nel
2005 è stato fissato a 108,92 euro/MWh (vedi riquadro a pag. 44) e 95.000
rappresentano invece il ricavo della vendita dell’energia elettrica in base
alla delibera 34/2005 dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas
(www.autorita.energia.it/elettricita/index.htm), che fissa dei prezzi
agevolati per la promozione della produzione dell’energia elettrica
rinnovabile su piccola scala.
La delibera a grandi linee prevede la remunerazione dell’energia elettrica
in base alle dimensioni dell’impianto:
- per produzioni annue fino 500.000 kWh elettrici il prezzo è di 95 euro/MWh;
- per produzioni annue comprese tra 500.000 e 1.000.000 di kWh elettrici il
prezzo è di 80 euro/MWh;
- per produzioni annue comprese tra 1.000.000 e 2.000.000 di kWh elettrici
il prezzo è di 70 euro/MWh.
Ai ricavi vanno sottratti i costi di manutenzione annua che ammontano a
circa 40.000 euro. Va precisato che esiste la possibilità di stipulare
contratti di manutenzione e sorveglianza annuali o pluriennali con i
costruttori dell’impianto stesso o con aziende specializzate. Il costo si
aggira a seconda del servizio richiesto, delle dimensioni dell’impianto,
ecc. da 0,025 a 0,040 euro/kWh.
Tornando ai calcoli economici, l’utile di gestione annuo dell’impianto al
netto dei costi di manutenzione e di produzione del silomais ammontano a
180.000 euro. Il tempo di ritorno dell’investimento, pertanto, è stimato in
modo molto semplice (costo investimento/utile di gestione) ed è pari a poco
più di 4,2 anni. Va anche detto che il tempo di ritorno mediamente è
compreso tra i 4 e i 6 anni a seconda del tipo di reflui, di progettazione e
di gestione dell’impianto.
È ovvio che dopo questo periodo, quindi, una volta ammortizzato
l’investimento e almeno per i successivi 4 anni, l’utile di gestione
previsto sarà di oltre 150.000 euro/anno.
Progetti futuri
L’azienda Agrosocietà sta incrementando la capacità di allevamento dei suini
per altri 3.000 capi circa. A fronte di nuove disponibilità di deiezioni i
Rinaldi hanno pensato di costruire un altro impianto di digestione
anaerobica. Sono già state realizzate a opera della Wolf system di Campo di
Trens (Bolzano) le vasche, che verranno poi gestite con la tecnologia della
società Uts di Brunico (Bolzano).
L’investimento previsto per la costruzione dell’impianto è di circa 2,5
milioni di euro e la potenza elettrica installata sarà di oltre 1 MW.
Il contributo del silomais nell’alimentazione del digestore stavolta sarà
decisivo: 65 t/giorno, pari a oltre 23.000 t annue. Le rotazioni delle
colture aziendali, infatti, stanno per essere programmate proprio per
soddisfare le esigenze del digestore. E per il 2006 la sau sarà investita a
mais ceroso e triticale scegliendo tra le varietà che forniscono materiale
della migliore qualità per il digestore.
Vuoi conoscere in anteprima la nuova
grafica de L'Informatore Agrario?
Scarica qui gratuitamente l'articolo completo in formato
pdf zippato (Kb 142)
|