POLITICA
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Mercato ancora torbido per l’olio d’oliva |
Prezzi bassi nonostante l'annata scarsa.
Mentre i prezzi di quasi tutti i prodotti agroalimentari crescono, quelli
dell’olio scendono, a dimostrazione di un mercato troppo opaco. È sempre più
indispensabile il decreto sull’origine in etichetta.
Prezzi in lieve calo nel mese di dicembre per tutte le categorie di qualità
dell’olio extravergine d’oliva.
Ancora una volta la legge della domanda e dell’offerta non sembra potersi
applicare al mercato dell’oro verde, soprattutto per quel che riguarda il
prodotto di eccellenza, cioè l’extravergine made in Italy, con notevoli
ripercussioni sul bilancio delle imprese del settore.
Eppure la produzione di quest’anno, ormai già avviata a conclusione in molte
regioni, è piuttosto contenuta. Nonostante le buone rese e l’ottima qualità,
resta la previsione di un quantitativo inferiore alle 500.000 t. Una stima
più volte confermata dall’Ismea e dalla rete di monitoraggio delle Unioni
nazionali delle associazioni degli olivicoltori.
Né l’attuale è una campagna di carica in altri Paesi. La stessa Spagna,
nonostante le sbandierate produzioni sopra il milione di tonnellate, sembra
divenire sempre più il crocevia delle miscele internazionali, triangolando
prodotto marocchino, tunisino e turco. E nonostante questo intreccio, il
prodotto che arriva dalla Spagna è contrattato a un livello di prezzo
superiore, per la prima volta, a quello italiano.
I prezzi (vedi tabella) sono di poco superiori ai 3 euro sulla piazza di
Bari e sono in flessione del 10% sui valori, peraltro non entusiasmanti, di
inizio campagna.
Come mai accade tutto questo? E come mai il prezzo dell’olio extravergine
non sale proprio nell’anno di scarsità della produzione a fronte di un
consumo – anche internazionale – in crescita?
Le scorte delle campagne precedenti sono inoltre esaurite in quasi tutti i
Paesi produttori e dunque non esistono stock da esitare sul mercato a un
prezzo più contenuto.
Nel corso del 2007 si registrano forti rincari – fino a quelli degli ultimi
giorni – di quasi tutti i prodotti agroalimentari: l’unica eccezione è
rappresentata dal mercato dell’olio d’oliva, e come al solito il
beneficiario non è il consumatore finale, ma molto valore è assorbito, in
maniera assai poco trasparente, dalla filiera.
Chi si annida dietro questa congiuntura al ribasso dei prezzi? Cosa c’è di
vero sull’esistenza di un cartello trasversale, vero regista di questo
ribasso e di un anomalo accaparramento di prodotto, sul quale stanno
indagando diversi organismi di controllo?
Serve
l’origine della materia prima
In questo contesto appare tanto più importante la prossima applicazione del
decreto 9 ottobre 2007 sull’indicazione obbligatoria in etichetta
dell’origine della materia prima per gli oli vergini ed extravergini.
I 90 giorni previsti per l’entrata in vigore del decreto scadono il 18
gennaio prossimo. Da allora sarà legge un provvedimento fortemente richiesto
dal mondo agricolo, dai frantoiani, dai confezionatori onesti e da quasi
tutte le associazioni dei consumatori.
I fiumi di inchiostro che si sono versati fino a oggi, invocando impugnative
comunitarie e preoccupazioni del mondo industriale, appaiono destituiti di
ogni fondamento.
Peraltro la stessa Unione Europea con la bozza del regolamento predisposto
dalla Direzione generale salute e tutela del consumatore (la così detta Dg
Sanco) apre, anzi spalanca, le porte al principio dell’indicazione
obbligatoria dei prodotti quando si configurino problemi di sicurezza,
salute e frode nei confronti del consumatore. E appare penoso e miserevole
il tentativo, operato ancora una volta da alcune sedicenti marche
industriali del nostro Paese, che invocano il principio dell’identificazione
dell’origine con il luogo di trasformazione sostanziale, cioè presso lo
stabilimento industriale. In un Paese come l’Italia, dove esistono oltre 350
varietà di olive in produzione e dove quindi la tipicità non è un optional,
continuare a bluffare nei confronti del consumatore appare un esercizio
penoso, peraltro praticato da aziende decotte, come dimostrano i continui
casi di vendita di marchi, così detti italiani, alla corazzata spagnola.
Regole certe per le aziende
Quello che conta non sono le polemiche, né i tentativi di depistaggio. È
invece, ancora una volta, determinante la volontà del ministro Paolo De
Castro di andare avanti e dare ora continuità procedurale al provvedimento.
Il ministro, dopo gli incontri svolti con la Commissione Ue e in terra
spagnola, ha ribadito la volontà di andare fino in fondo con l’applicazione
del decreto nazionale.
Occorre dunque fornire, per tempo, alle imprese interessate la procedura che
dovrà essere seguita.
In particolare va chiarito se verrà o meno confermata l’attuale impostazione
relativa all’applicazione dell’indicazione dell’origine prevista dal
regolamento 1019/02, che prevede l’obbligo per le imprese interessate di
manifestarsi alla Regione, richiedendo con l’iscrizione anche il codice
alfanumerico, l’istituzione di un registro di carico e scarico vidimato
dall’Ispettorato per la qualità dei prodotti agroalimentari (ex Repressione
frodi), l’obbligo di detenere in contenitori differenziati il prodotto
esclusivamente made in Italy e l’altro prodotto frutto di miscele tra oli
provenienti da vari Paesi.
Sarebbe opportuno incrementare l’aspetto della tracciabilità, previsto nel
decreto, e introdurre a campione l’analisi sensoriale del prodotto per
evitare strani maneggi soprattutto presso i fin troppo numerosi
confezionatori «mordi e fuggi» presenti magari solo un anno sul mercato,
cioè il tempo strettamente indispensabile per evitare controlli e sanzioni.
Occorre inoltre stabilire o confermare gli organismi di controllo che
attualmente fanno capo all’Ispettorato per la qualità dei prodotti
agroalimentari che potrà avvalersi dell’Agecontrol.
Un altro aspetto riguarda lo smaltimento del prodotto confezionato in base
alle precedenti normative. Secondo il decreto ministeriale, per le
confezioni già immesse sul mercato sono previsti 18 mesi. Ma il problema
riguarda anche il prodotto confezionato e ancora giacente presso lo
stabilimento del produttore o del confezionatore nonché lo smaltimento delle
confezioni, specie le lattine serigrafate, basate sui principi della norma
precedente. Saranno previste deroghe?
Il Ministero dovrà rispondere in tempi brevi, dato l’approssimarsi della
scadenza e la contiguità delle feste natalizie.
Si dice che il diavolo si nasconde nei dettagli. Ma di tutto c’è bisogno nel
mercato dell’olio d’oliva, fuorché di ulteriori complicazioni e confusioni.
Lo chiedono gli operatori della filiera, gli organismi di controllo;
soprattutto lo chiede il consumatore, sempre più desideroso di trovare un
prodotto di qualità corrispondente alle indicazioni menzionate in etichetta.
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