POLITICA
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Prezzi e contratti, nuova vita ai cereali |
Intervista al presidente di Assincer.
Record dei prezzi per grano duro e tenero, crescita della fiducia nei
contratti di filiera e ritorno dell’interprofessione. Anche secondo Valerio
Marchioni il 2007 è stato un anno decisamente movimentato per la
cerealicoltura italiana.
Per
chi si occupa di agricoltura il 2007 sarà ricordato sicuramente come «l’anno
del grano».
Il frumento, sia duro che tenero, è entrato a pieno diritto tra i
protagonisti indiscussi di quest’anno, ormai agli sgoccioli, grazie a
diversi avvenimenti: sicuramente il primo che viene in mente è l’impennata
dei prezzi alla produzione e il conseguente circo mediatico che ne è
scaturito. Si è parlato di lievitazione dei prezzi «dal chicco al pane» di
20 volte e di produttori di pasta in ginocchio.
Ma il 2007 è stato anche l’anno in cui i contratti di filiera hanno
cominciato a conquistare la fiducia di un numero sempre crescente di
agricoltori (vedi «Agricoltori e industria più vicini con gli accordi di
coltivazione» pubblicato su L’Informatore Agrario n. 34/2007) e si è tornati
a parlare di interprofessione cerealicola (vedi «L’interprofessione è una
priorità per i cereali» su L’Informatore Agrario n. 38/2007).
Di tutti questi aspetti, e non solo, abbiamo parlato con Valerio Marchioni,
presidente di Assincer e amministratore delegato di Unione seminativi,
organizzazione recentemente promossa organizzazione di produttori.
Dottor Marchioni, l’Unione seminativi ha appena ottenuto il
riconoscimento come op. Come si evolverà il suo ruolo?
L’Unione seminativi nasce con l’ obiettivo di concentrare e valorizzare
l’offerta di cereali, oleaginose e proteiche. Il riconoscimento ottenuto
ufficializza il ruolo dell’Unione per negoziare e firmare gli accordi quadro
del settore e per partecipare ai tavoli organizzati dal Mipaaf su cereali e
oleaginose.
Inoltre, compito dell’Unione seminativi sarà coordinare le attività delle op
cerealicole, costituire fondi di esercizio per realizzare i programmi,
gestire le crisi di mercato sia per sovrapproduzione sia, oggi più che mai,
per scarsità di prodotto, e per svolgere azioni di supporto alla
commercializzazione anche creando società di servizi.
A proposito di programmazione: è appena nata Ati, nuovo contratto di
filiera per il grano duro, qualche anticipazione?
Il contratto di filiera «Frumento di qualità» è stato promosso dall’Unione
seminativi, che è anche capofila dell’ononima Associazione temporanea di
imprese (Ati), e coinvolge 30 diversi soggetti tra consorzi agrari,
cooperative, industrie e ditte sementiere.
La plv coinvolta è di oltre 150 milioni di euro, pari a circa 700.000 t di
frumento tenero e duro.
Si tratta probabilmente del più grande raggruppamento di imprese cerealicole
che abbia mai proposto un progetto di sviluppo del comparto, tant’è che sono
coinvolte 11 Regioni d’Italia.
Per quanto riguarda gli aspetti commerciali siamo alla ricerca di una
contrattualistica comune da proporre alle parti interessate.
Certamente, è possibile che si giunga presto alla stipula di contratti di
filiera in Emilia-Romagna e Toscana, ma stiamo andando avanti anche in altre
zone.
L’esperienza con Sigrad vi sarà indubbiamente utile.
Sicuramente, il modello è quello già sperimentato nell’ambito della Sigrad e
prevede degli incentivi per l’impresa agricola in funzione dei livelli
qualitativi raggiunti, nell’ambito di un sistema di qualità ben definito.
Per i contratti di filiera è essenziale che tutti i Psr parlino la stessa
lingua: la realtà dei fatti però è ben diversa...
I problemi sono molti: in primo luogo la sostanziale autonomia delle Regioni
rende difficile un reale coordinamento per una politica di settore. Basti
pensare che il piano strategico nazionale è stato redatto in assenza di
specifici piani di settore e oltretutto prima che venissero predisposti i
piani regionali.
Allo stesso tempo, in materia di filiere agroalimentari i piani si
presentano in modo piuttosto eterogeneo: alcune Regioni prevedono una
priorità nei bandi per i progetti di filiera, altre appaiono invece
concentrate su tematiche prettamente localistiche.
Possiamo solo auspicare che il Ministero elabori in tempo utile il piano di
settore cerealicolo e che venga avviato il confronto con le Regioni per un
pianificazione degli investimenti da parte delle imprese della filiera.
Di interprofessione si è parlato a GranoItalia lo scorso settembre e
Assincer si è candidata come organismo interprofessionale. Ci sono novità?
Novità sul fronte dei contenuti: dopo GranoItalia è stato realizzato un
documento che illustra il ruolo e le attività dell’organismo
interprofessionale, che è stato presentato al tavolo di coordinamento
dell’Unione seminativi, al quale partecipano le organizzazioni professionali
agricole, la cooperazione e Assocap. Il documento è stato approvato e ora
sono in itinere i contatti con le altre componenti della filiera.
In sintesi, l’interprofessione dovrebbe impostare strategie commerciali
condivise da tutta la filiera, in modo da rendere più competitive le filiere
italiane e non lasciarle in balia delle oscillazioni del mercato,
facilitando la realizzazione di accordi e contratti tra la produzione e la
trasformazione.
Dovrebbe anche essere un punto di raccordo della domanda di ricerca da parte
degli operatori, che indicano le priorità, ma anche una rete che renda
maggiormente fruibili i risultati.
È necessario che ci sia armonia e condivisione delle iniziative di ricerca,
che purtroppo spesso sono polverizzate, non coordinate e faticano a
raggiungere i destinatari finali.
Prezzi dei cereali: una parte dei mass media ha «giocato» sulla notizia
parlando di impatto senza precedenti sulle tasche dei consumatori. Forse si
è un po’ esagerato.
La situazione dei prezzi, come è noto, riguarda complessivamente molti
settori, tra i quali anche quello agroalimentare. Secondo l’indagine
realizzata da Ismea e AcNielsen Homescan, il prezzo medio della pasta
rispetto allo scorso anno ha evidenziato un incremento pari al 7%,
portandosi a 1,07 euro/kg; riflettiamoci, si parla di un prezzo poco più
alto di quello di un caffè al bar.
Anche per il pane non si può certo parlare di impennata dei prezzi.
Sempre citando la stessa indagine, il prezzo medio del pane è salito da 2,36
euro/kg del 2006 a 2,50 euro/kg del 2007, +6% circa. L’aumento è riferito
quindi a pochi euro all’anno. Direi che anche in questo caso non stiamo
parlando di grandi numeri e ritengo che non sia giustificato tanto
allarmismo, considerato oltretutto che la materia prima è aumentata in
misura molto maggiore.
Più che sulle tasche dei consumatori, quindi, il «caro-prezzo» cereali ha
impattato su quelle di mugnai e pastai.
È chiaro che in questo contesto sono soprattutto i primi trasformatori ad
avere difficoltà, visto e considerato che al consumo i prezzi non sono
cambiati sostanzialmente, mentre il costo della materia prima per il
frumento tenero è quasi raddoppiato e per il duro è quasi triplicato.
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