POLITICA
|
|
Il libero mercato è una bella cosa, ma non possono
pagare solo i produttori |
Un coro di critiche dal mondo agricolo.
Il forum che la Regione Lombardia ha organizzato a Brescia per discutere del
futuro del settore lattiero-caseario ha fatto ulteriormente emergere alcune
questioni. La presenza all’incontro della commissaria europea
all’agricoltura Mariann Fischer Boel «sono molto interessata a soluzioni
sostenibili» – ha detto – ha aiutato a comprendere l’orientamento che
l’organo esecutivo dell’Unione Europea intende imprimere al settore.
Le sue direttrici di marcia sono tre:
- proposta a dicembre prossimo per un aumento lineare del 2% della quota
europea per la prossima campagna con lo scopo di calmierare l’impennata
mondiale dei prezzi;
- possibile ulteriore aumento della quota a partire dall’approvazione a fine
2008 delle misure contenute nella comunicazione sullo stato di salute della
pac per permettere agli allevatori di prepararsi alla fine del regime delle
quote nel 2015;
- eliminazione delle quote a partire dal 2016.
La
prospettiva, nota da tempo, comincia ad assumere contorni più chiari e
preoccupa, pur con diversa intensità, gli operatori del settore e le
rispettive associazioni. Tuttavia, per il momento, non sembra esserci una
posizione condivisa, anche se il ministro delle politiche agricole Paolo De
Castro sottolinea, come ha fatto proprio a Brescia, che «su alcuni principi
di base il mondo agricolo italiano è unanime. Nessuno – ha aggiunto – vuole
danneggiare gli allevatori che si sono messi in regola».
Su tutta la non facile partita aleggia infatti l’enorme multa che l’Italia
deve pagare anche quest’anno per aver sforato la quota produttiva. Si tratta
di 180 milioni euro il che porta a 3,9 miliardi di euro il totale delle
multe latte accumulate dall’Italia dalla fine degli anni Ottanta a oggi,
come ha calcolato il Centro studi di Cremonafiere.
Proprio partendo da questo dato vi è una posizione abbastanza condivisa che
sollecita la Commissione europea a prevedere sia per la prossima campagna,
sia per quelle future aumenti differenziati tra gli Stati membri. In questo
modo l’Italia, che produce il 60% di ciò che consuma potrebbe ridurre il
proprio rischio sforamento.
La Fischer Boel è contraria a questa ipotesi perché, dice in una intervista
ad Agra Press, una mossa del genere aprirebbe un vaso di Pandora con
conseguenze infernali. Tuttavia nel suo intervento a Brescia ha
diplomaticamente detto di essere disponibile a discuterne.
In ogni caso il direttore generale del Mipaaf, Mario Catania, che tratta a
Bruxelles la questione, pur ritenendo giuridicamente possibile una norma del
genere «perché è il Consiglio dei ministri che decide ed è una decisione
politica», ritiene che almeno per quanto riguarda la prossima campagna ci
siano pochissime possibilità. Qualche speranza in più potrebbe esserci
quando si negozierà a fine 2008 l’accordo complessivo sull’aumento di quota
fino al 2015.
C’è anche chi chiede interventi per la campagna in corso. Lo fa Tommaso
Mario Abrate, presidente del settore lattiero-caserario della Fedagri, il
quale ritiene che se la Commissione europea volesse potrebbe, come ha fatto
nel settore dei cereali, intervenire fin dalla campagna in corso,
introducendo un criterio di compensazione a livello europeo per ridurre la
multa. «Siamo i primi a dire che il prezzo del latte è troppo alto – ha
affermato Abrate – e anche se è chiaro che la guerra per la legalità ci vede
tutti schierati insieme, non si può fermare il mondo».
A giudizio di molti, peraltro, giustificare l’aumento di quota con
l’obiettivo di ridurre i prezzi finali dei prodotti lattiero – caseari è
strumentale. Lo dimostra il fatto che nel corso degli anni, nonostante i
prezzi all’origine non siano aumentati, il consumatore non ne ha
beneficiato.
Critico anche il presidente dell’Unalat Ernesto Folli che ha detto: «non
siamo d’accordo con le ipotesi di lavoro dell’assessore all’agricoltura
della Lombardia Beccalossi che ci sembrano molto più vicine alla posizione
degli industriali che alle richieste dei molto più numerosi produttori di
latte».
Tra coloro che non giudicano del tutto negativo l’aumento contenuto al 2%
c’è il presidente della Legacoop agroalimentare e della Granarolo Luciano
Sita. A suo giudizio l’ipotesi di aumento della produzione per la prossima
campagna è già decisa e condivisa dagli Stati membri ed è da assumere come
provvedimento che cerca di prendere atto che c’è una situazione di
particolare tensione sui mercati mondiali. «Il 2% – ha osservato Sita – è un
normale aumento che non mette in moto meccanismi produttivi aziendali
particolari».
Secondo Sita la proposta di Assolatte, che giudica l’aumento del 2% non
sufficiente, «non tiene conto del fatto che in un anno non si può arrivare a
un livello produttivo più alto del 2% per coloro i quali hanno sempre
rispettato le regole che – ha precisato Sita – mi pare siano i soli
destinatari di questo aumento».
La vera preoccupazione del presidente di Legacoop agroalimentare è la totale
liberalizzazione del settore a partire dal 2016. Secondo lui se ciò è
ineluttabile «la vera partita è come gestire un atterraggio morbido, con
quali criteri e regole farlo per evitare una catastrofe». Tenuto conto che
la decisione sarà presa alla fine dai ministri finanziari della Ue è
necessario, secondo Sita, «trovare elementi di compensazione».
Il responsabile del settore lattiero-caseario della Fedagri, Tommaso Mario
Abrate è altrettanto preoccupato e insiste sul fatto che dopo il 2015 «anche
se forse non si potrà parlare più di quote, è assolutamente necessario
mantenere il controllo della produzione per arginare la liberalizzazione
selvaggia che piace solo a danesi, inglesi, olandesi e tedeschi».
|