POLITICA
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Varato il certificato verde «agricolo» |
Nel collegato alla finanziaria.
Per gli impianti alimentati da biomassa proveniente dalla filiera corta il
nuovo certificato «agricolo» prevede un coefficiente moltiplicativo pari a
1,8 e una tariffa omnicomprensiva di 300 euro/MWh.
Dopo un tribolato iter parlamentare lo scorso 28 novembre sono stati
finalmente approvati i nuovi certificati verdi di tipo «agricolo», previsti
nella conversione in legge con modificazioni del dlgs 159/2007, meglio
conosciuto come «Collegato alla Finanziaria». Si tratta di una forma di
incentivo previsto per la produzione di energia elettrica mediante impianti
alimentati da biomasse e biogas che presenta caratteristiche innovative e
molto interessanti sotto il profilo economico, in particolare per il settore
agricolo, se lo saprà utilizzare con lungimiranza.
Questa forma di sostegno può essere riconosciuta a precise condizioni:
- che le biomasse e il biogas derivino da prodotti agricoli, da allevamento
e forestali, inclusi i sottoprodotti come ad esempio i residui delle
colture, ramaglie e potature derivanti dall’attività agricola e
selvicolturale, liquami zootecnici e altro;
- che questi prodotti siano ottenuti nell’ambito di intese di filiera o
contratti quadro così come disciplinati dagli articoli 9 e 10 del dlgs
102/2005, oppure da filiere corte, cioè quelle in cui i prodotti sono
ricavati entro un raggio di 70 km dall’impianto che li utilizza per generare
elettricità.
Per beneficiare dell’incentivo è necessario che la produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili sia stata autorizzata successivamente al
31-12-2007. La legge prevede due categorie distinte di incentivo a seconda
della potenza elettrica degli impianti: superiori o inferiori a 1 MW.
Impianti di oltre 1 MW
Nel primo caso la forma del beneficio economico viene calcolata per ciascun
impianto attraverso il riconoscimento di certificati verdi (uno per ogni MWh)
in numero pari all’energia elettrica prodotta nell’anno precedente,
moltiplicata per il coefficiente 1,8.
Per tradurre in pratica un meccanismo così poco chiaro poniamo il caso di
un’azienda agricola che nel gennaio 2008 abbia realizzato un impianto a
biogas con potenza elettrica di 1,5 MW, alimentato con liquami zootecnici e
insilato di mais prodotti nella stessa azienda, quindi una filiera
decisamente corta. Durante il 2008 l’impianto produce 10.500 MWh (1,5 MW u
7.000 ore di funzionamento). Nell’anno successivo avrà diritto a 18.900
certificati verdi (10.500 u 1,8). A questo punto è necessario dare un valore
a ciascun certificato verde.
Ogni anno il Gse (Gestore servizi elettrici) pubblica il valore di
riferimento del certificato, che per il 2007 è pari a 137,49 euro/MWh,
prezzo che va a incidere nella trattativa della compravendita dei
certificati stessi. Ipotizzando che nella contrattazione si riesca a
ottenere un valore effettivo di vendita di 125 euro/MWh, il titolare
dell’azienda agricola potrebbe incassare nel 2009, 2.362.500 euro da
certificati verdi.
È utile mettere in evidenza che l’art. 30-bis della Finanziaria 2008, al
comma 7, prevede che a partire dallo stesso anno, e fino al raggiungimento
dell’obiettivo minimo della copertura del 25% del consumo interno di energia
elettrica da fonti rinnovabili, il Gse, su richiesta del produttore, ritiri
i certificati verdi in scadenza nell’anno, oltre a quelli necessari ad
assolvere all’obbligo della quota minima, a un prezzo medio pari a quello
riconosciuto nell’anno precedente dal Gestore del mercato elettrico.
Ciò significa che non si correrà alcun rischio di mancato collocamento dei
certificati considerato, in pratica, l’obbligo di ritiro del Gse. Anche gli
aspetti di negoziazione ne potranno trarre beneficio.
Impianti sotto 1 MW
Per gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1 MW il produttore ha
diritto, in alternativa ai certificati verdi e su specifica richiesta, a una
tariffa fissa omnicomprensiva pari a 0,30 euro per ogni kWh. In pratica si
tratta di un meccanismo simile al «conto energia» applicato attualmente
all’energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici.
Esemplificando, in un’azienda agricola con lo stesso impianto a biogas del
caso precedente, ma della potenza elettrica di 500 kW, i risultati economici
dell’incentivo sarebbero i seguenti: 3.500 MWh prodotti all’anno
moltiplicati per 300 euro/MWh = 1.050.000 euro/anno.
Peraltro questa forma di conto energia «agricolo» avrebbe il vantaggio si
essere più semplice, saltando gli oneri della collocazione dei certificati
verdi sul mercato.
Durata
In entrambi i casi la legge prevede una durata dei certificati verdi per un
periodo di 15 anni. Ogni 3 anni, con decreto dei Ministeri competenti, potrà
essere aggiornato sia il coefficiente di moltiplicazione per gli impianti
sopra al MW sia la tariffa omnicomprensiva.
Cumulabilità
Per i medesimi impianti, qualunque ne sia la potenza elettrica, è previsto
che l’accesso agli incentivi fin qui descritti sia cumulabile con altri
incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in
conto capitale o conto interessi con capitalizzazione anticipata, non
eccedenti il 40% del costo dell’investimento.
Tracciabilità e rintracciabilità
Con apposito decreto dei Ministeri competenti saranno stabilite le modalità
con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di
biomasse e biogas che hanno le caratteristiche fin qui descritte saranno
tenuti a garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera,
condizione necessaria per accedere agli incentivi.
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