POLITICA
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Le strategie italiane per dare ossigeno al
settore bieticolo |
Al necessario accordo interprofessionale manca la firma di abi.
Gli aggiustamenti alla riforma dell’ocm zucchero permetterebbero al nostro
Paese di avere qualche vantaggio, ma serve una unità di intenti che al
momento latita.
Da diversi mesi L’Informatore Agrario sta cercando di raccontare la
cosiddetta «riforma della riforma» del settore zucchero.
In tali occasioni si è posto l’accento sui complessi aspetti di una
revisione di metà percorso, finalizzata a dare nuovo slancio alle chiusure
di attività e a provocare ulteriori ridimensionamenti alla produzione
europea nelle «zone deboli delle regioni forti» (ne esistono anche in
Francia e Germania) come in quelle costituzionalmente più vulnerabili (come
l’Italia).
Superata la genesi normativa con la pubblicazione dei regolamenti sulla
Gazzetta Ufficiale Ue, si è ora entrati nella fase due di questo capitolo,
vale a dire l’ applicazione in Italia delle nuove norme, sulla base di
intese interprofessionali concertate con il Ministero delle politiche
agricole.
In coerenza con una unanime richiesta fatta a luglio dall’intero Tavolo
interprofessionale bieticolo-saccarifero, le categorie produttrici hanno
cercato fin dall’inizio di trarre i maggiori vantaggi dalla deroga alla
norma generale, ottenuta con successo e con determinazione dal ministro
Paolo De Castro e dai dirigenti del Mipaaf in fase negoziale a Bruxelles,
deroga volta ad attenuare l’impatto delle misure incentivanti il
ridimensionamento volontario delle produzioni.
Accordo interprofessionale necessario ma difficile
La deroga, lo ricordiamo, consente di concentrare in un solo zuccherificio
da chiudere la perdita di quota zucchero altrimenti distribuibile su tutte
le restanti fabbriche d’Italia attraverso un meccanismo che lascerebbe ai
bieticoltori la facoltà di decidere individualmente se presentare domanda di
aiuto per un corrispondente massimo del 10% della quota di fabbrica.
Tale indirizzo è stato perseguito attraverso apposito accordo
interprofessionale – posto quale conditio sine qua non dall’Ue – il cui
raggiungimento si è rivelato fin dall’inizio problematico.
Una prima intesa, già raggiunta agli inizi di ottobre, è infatti abortita
per la defezione della terza sigla associativa, l’Abi.
La posta in gioco era tuttavia troppo alta per non richiedere una prova
d’appello ed è stato così che un secondo tentativo, portato avanti con
maggiore determinazione, è approdato al risultato, anche stavolta, peraltro,
senza la firma di Abi.
Le altre componenti dell’interprofessione hanno però tirato avanti e hanno
proceduto comunque al deposito dell’atto al Mipaaf che ora, di concerto con
Agea, sta «cucinando» i decreti attuativi.
Cosa prevede l’accordo
Quali sono i punti essenziali dell’intesa? In realtà si tratta di due
accordi, strettamente interconnessi.
Con il primo si chiede allo Stato di adottare la deroga alla norma generale
e di concentrare sulla chiusura di Pontelagoscuro (già decisa dalla Sfir) la
perdita di quota diversamente applicabile alle altre fabbriche italiane. In
altri termini, limitare i danni alla perdita di sole 130.000 t di quota,
senza il sovradosaggio di ulteriori 62.500 t da distribuire tra Pontelongo,
Minerbio, San Quirico, Jesi e Termoli.
Vero è che la deroga impedirà ai singoli bieticoltori di queste ultime
fabbriche di presentare domanda individuale di aiuto alla ristrutturazione
2008, fino a un massimo del 10% del contingente zucchero, sulla base di una
aliquota che sulla carta vale 30 euro a tonnellata bietola; ma, attenzione,
si sarebbe comunque trattato di una aspettativa illusoria di fronte alla
facoltà data alle imprese di subentrare ai produttori, ridimensionando
l’entità dell’aiuto a 3 euro/t.
In compenso, si è potuto eliminare un fattore di debolezza – la riduzione
della dotazione in quota per ciascuna fabbrica – e disinnescare la miccia di
potenziali chiusure nei bacini più vulnerabili del sistema produttivo
nazionale (in particolare, Marche, con Jesi, e Sud, con Termoli).
L’accordo interprofessionale ha voluto impedire che ciò potesse accadere ed
è chiaro l’orientamento di associazioni bieticole e società saccarifere
verso la fedeltà alle premesse del dopo riforma comunitario per puntare al
consolidamento di un dignitoso apparato produttivo nazionale con una
produzione di 625.000 t di zucchero all’anno.
Il secondo accordo implica una verifica entro la fine del prossimo gennaio
circa l’andamento delle semine 2008, viste come termometro per misurare la
temperatura al settore e capire se, al di là della marcia trionfale dei
cereali, le imprese agricole delle zone vocate concepiscano ancora in
termini adeguati un futuro di fedeltà alla bietola.
La data serve a capire se, in caso di riscontro negativo, non sia il caso di
pensare seriamente – e di comune accordo tra produttori e industriali –
all’opportunità di un’inversione di rotta, con ipotesi di chiusura di
fabbriche a rischio entro i termini comunitari utili (31-1-2008) per
accedere agli aiuti addizionali bieticoli 2008, estensibili nella
fattispecie anche al 2009 (altra deroga alla norma generale introdotta da
Bruxelles su pressione spagnola, ma utilizzabile anche dall’Italia).
Se viceversa la risposta dei produttori per la contrattazione 2008 dovesse
essere adeguata, non vi sarà alcun problema se non quello di una possibile
defezione delle imprese con chiusura di fabbriche non giustificata da
carenza di approvvigionamento, differite nei prossimi anni quando non sarà
più possibile per i produttori godere degli aiuti addizionali.
Per scoraggiare tale evenienza, l’accordo prevede penali a carico delle
industrie, da versare nelle tasche dei produttori.
Coronano i due accordi altri aspetti significativi per i produttori, come la
garanzia di conferma in futuro dei diritti di consegna goduti dai produttori
nel 2007. Le parti hanno inoltre assunto il comune impegno a ottenere la
riapertura dei termini di presentazione della domanda di aiuto alla
ristrutturazione per i produttori colpiti dalle chiusure nel biennio
2006-2007 che, pur avendone diritto, non hanno presentato la domanda entro
le scadenze di legge; una riapertura che consentirebbe loro di accedere agli
aiuti addizionali 2008 che l’Ue ha riconosciuto retroattivamente anche per
il 2006 e il 2007.
Impegno comune di associazioni e imprese anche per giungere a un chiarimento
sulla possibilità per i produttori già interessati alla ristrutturazione, di
produrre ancora bietole in futuro con società diverse da quelle di origine.
Tutti aspetti interessanti che, superato il vaglio della compatibilità
normativa, potranno essere realizzati secondo modalità che verranno
precisate nei prossimi giorni con l’emanazione dei decreti e delle circolari
attuative del Mipaaf e dell’Agea.
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