POLITICA
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Suinicoltura italiana tutta da ripensare |
Intervista a Giandomenico Gusmaroli.
Secondo il presidente dell’Anas, per far uscire il settore dalla crisi in
cui è precipitato, occorrono interventi istituzionali ma anche un cambio di
mentalità,reso necessario da un mercato che ha cambiato faccia.
«Nel
nostro comparto, come in altri dell’agricoltura, abbiamo sempre avuto crisi
congiunturali. Ma oggi, purtroppo, il mercato suinicolo è sprofondato in una
crisi che è ormai strutturale. E uscirne non sarà facile». Giandomenico
Gusmaroli, presidente dell’Anas, l’Associazione nazionale allevatori suini,
parla con tono calmo, appena marcata l’inflessione lombarda. È un esponente
Coldiretti di quelli tosti, crede in quello che fa e soprattutto
nell’impegno personale, elemento fondamentale per realizzare la solidarietà.
«Gli ultimi anni “buoni” – continua – sono stati quelli tra il 2001 e il
2002. Poi siamo entrati in un tunnel dove si sono accavallati problemi di
mercato, sanitari e gestionali, di produzione e di prezzi tali che non
sappiamo più come uscirne. Fino ad allora il mercato si era regolato da sé,
anche perché non c’è una ocm suini».
Presidente, ci sono problemi anche sul fronte degli accordi
interprofessionali?
Credo che l’interprofessione vada ripensata. Con i Consorzi del San Daniele
del 1961 e del Parma del 1963 siamo andati avanti con alti e bassi e qualche
risultato. Ma alla fine abbiamo capito che bisogna mantenere più margini
agli anelli più deboli della catena, perché la forza di una catena si misura
proprio sull’anello più debole. E in questo caso il più debole è il
produttore.
Cosa bisognerebbe fare allora?
Dobbiamo cambiare mentalità come settore agricolo. Arrivati a questo punto
non è più sufficiente stare chiusi in azienda a lavorare. Il lavoro
materiale non basta più.
E cosa fare dunque?
Dobbiamo cambiare mentalità cambiando lo statuto dell’Anas, mettendo tutta
la suinicoltura in un unico posto. E intensificare i rapporti con il mondo
agricolo, sia con le professionali che, soprattutto, con le op. Dobbiamo
ridiscutere a fondo i nostri problemi e uniti affrontarli, gestirli e
superarli. Dobbiamo affrontare i problemi della qualità, sia sul versante
nazionale che estero, dobbiamo comunicare di più sia al nostro interno che
nelle sedi istituzionali e comunitarie. E considerare anche il fatto che gli
altri anelli della filiera non ci valorizzano e che i nostri margini sono
ormai irrisori. E soprattutto dobbiamo finalmente capire che il mercato è
cambiato radicalmente.
Cosa è successo?
Di tutto. Chi vuole stare sul mercato con i metodi di dieci anni fa
morirebbe subito.
Cosa si faceva?
La catena era mediatore-commerciante- macellatore. Oggi è tutto cambiato, ci
sono i contratti con i quali ci impegniamo con i macellatori e le
prenotazioni a 1-2 mesi. Così in pratica scompare il meccanismo di domanda e
offerta. I tempi di pagamento si sono allungati e si allarga sempre più la
pratica delle anticipazioni.
Cosa succede in questo modo?
Che si è innescato un meccanismo perverso che sfocia nel cannibalismo: la
grande distribuzione schiaccia i macellatori che schiacciano gli allevatori
di suini grassi che a loro volta schiacciano gli allevatori di suinetti. Ma
il prezzo finale delle carni non può fare il prezzo dei suinetti. Poi c’è il
discorso dei costi di produzione.
Che vanno come?
Dall’esterno si fanno conti diversi, ma i nostri sono in linea con quelli
registrati sei mesi fa dal Crpa e collegati ai costi dei cereali. Invece il
prezzo pagato al produttore allora era di 1,39 euro/kg e oggi siamo a 1,17
euro/kg.
Vie d’uscita?
Abbiamo aperto il tavolo della filiera suinicola e interprofessionale a
Bologna. Ci siamo incontrati il 1° ottobre scorso. Ora chiediamo al
Ministero alcune cose: un mercato unico nazionale, nuove regole per le
classificazioni delle carcasse, declaratorie separate per dop e i suini non
marchiati e un’altra declaratoria per i suini esteri, etichettatura per le
carni suine nazionali. Inoltre bisogna ridurre la produzione di suini
certificati per il circuito Parma-San Daniele e pensare al suino leggero e
medio-leggero.
Che ne è del progetto del Suino padano?
Ci crediamo ma siamo preoccupati. Con questa dop potremo valorizzare tutti
gli altri tagli dei suini che ora alleviamo solo per i prosciutti: spalle,
lombi e tagli da salumi saranno certificati. Ma tuttora manca il parere
vincolante di molte Regioni, in particolare del Centro-sud.
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