POLITICA
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Banche e speculatori contro le aziende sarde |
5.000 imprese agricole a rischio.
La vicenda dei debiti contratti da migliaia di agricoltori, che si erano
fidati di una legge regionale poi bocciata dall’Ue, deve trovareuna
soluzione che permetta di salvare l’attività agricola.
La
mobilitazione dei contadini e pastori sardi che rischiano di vedere vendute
all’asta oltre 5.000 aziende per avere sperato nello sviluppo sbandierato da
una legge regionale, la n. 44/88, e che da quindici anni si ritrovano a
dover far fronte ai debiti accumulati con le banche, si è ormai estesa a
macchia d’olio. Dalla sala consigliare del Comune di Decimoputzu, nel basso
Campidano, dove si è tenuto un duro sciopero della fame, si è allargata alle
altre province dell’Isola, coinvolgendo istituzioni regionali e locali, e ha
superato il Tirreno, facendo sentire gli echi oltre i confini nazionali.
Purtroppo, nel bel mezzo della lotta, si sono registrati anche gravi casi di
intimidazione nei confronti di agricoltori impegnati in prima persona, come
l’incendio di parte dell’azienda e le minacce di morte. «Sappiamo che in
questo grande business che si sta consumando sulla pelle dei contadini sono
coinvolti in molti. Diversi interessi si coltivano dietro la vendita delle
aziende e a molti converrebbe che su questa vicenda non si accendessero i
riflettori. Ci sono in ballo i 700 milioni di euro che chiedono le banche
agli agricoltori sardi, ci sono gli interessi dei tanti speculatori che
cercano di comprare le aziende, spesso per alimentare la speculazione
edilizia lungo le coste o in aree di investimenti turistici. Speculazioni
possibili nel silenzio e nell’ombra, ma non con una denuncia forte
all’opinione pubblica nazionale» si legge in una nota dell’esecutivo
nazionale di Altragricoltura Sardegna.
L’indebitamento complessivo delle aziende interessate, prodotto dagli
effetti negativi della 44/88 con la quale la Regione finanziò una serie di
prestiti a tasso agevolato senza richiedere alla Commissione europea il
prescritto parere di conformità, e dichiarata successivamente illegittima,
raggiunge 676 milioni: 200 milioni sono classificati come debiti «a
sofferenza», cioè già inseriti nella fase legale esecutiva; altri 200 sono
classificati «a incaglio» o in pre sofferenza, i restanti milioni sono
giudicati «insoluti», cioè non ancora avviati all’incaglio.
La situazione più grave è quella dei debiti a sofferenza: l’azienda è ormai
in sede di asta giudiziaria e in ogni eventuale intervento potrebbe
ravvisarsi un aiuto di Stato.
L’Ue vieta qualsiasi forma di sostegno alle aziende del comparto agricolo in
crisi finanziaria, perché giudicate incapaci di estinguere il debito.
Per quelle a incaglio si può intervenire attraverso un accordo con le banche
perché si astengano dal promuovere azioni legali che porterebbero al
pignoramento e programmino una ristrutturazione del debito.
La situazione rischia, quindi, di precipitare se non si troveranno delle
soluzioni immediate, ma anche rispettose delle normative dell’Ue.
La Regione Sardegna ha già dato la propria disponibilità, ma gli istituti di
credito, «pur convocati a più riprese, non hanno mai voluto firmare un
accordo. È stato aperto un tavolo di lavoro con i nostri tecnici e le
organizzazioni agricole per convincere le banche, che sono l’unica figura
creditrice, a cedere il loro credito alla Regione a certe condizioni con la
costituzione di un’apposita società. Era stata approvata una delibera di
Giunta poi disconosciuta dallo stesso istituto, con il quale si era trovato
l’accordo pochi giorni prima. Oggi la Regione non ha gli strumenti tecnici
per costringere le banche a stare alle nostre condizioni. Occorre perciò una
svolta anche con l’interessamento concreto del Governo nazionale», ha
dichiarato agli agricoltori l’assessore regionale dell’agricoltura,
Francesco Foddis.
Lo stesso Foddis ha quindi incontrato il ministro delle politiche agricole
Paolo De Castro. Durante la lunga riunione, alla quale hanno partecipato
anche il capo di Gabinetto del ministro nonché direttore generale di Ismea,
Ezio Castiglione e il sottosegretario Guido Tampieri, De Castro, pur non
nascondendo la complessità della vicenda e sottolineando le difficoltà
derivanti dai vincoli comunitari, si è impegnato a convocare un incontro con
i vertici delle banche interessate per verificare la loro disponibilità a
rivedere le proprie posizioni.
Intanto, il Comitato di lotta ha sospeso lo sciopero della fame e una
delegazione è impegnata a Roma in incontri con istituzioni e movimenti per
chiedere il blocco immediato delle vendite all’asta e un intervento urgente
del Governo nazionale e della Regione. Dopo l’incontro con alcuni componenti
della Commissione agricoltura del Senato, il 16 ottobre scorso il Comitato
ha incontrato il presidente della Commissione agricoltura della Camera,
Marco Lion, con il quale è stato concordato un incontro formale con tutti i
membri della Commissione, da tenersi a breve. Potrebbe essere l’occasione
per definire un atto di indirizzo nei confronti del Governo e per trovare,
di concerto con la Regione Sardegna e le parti sociali, la soluzione
sperata.
Mercoledì 17 ottobre, mentre la delegazione teneva una conferenza stampa
nella sala riunioni dei Gruppi consigliari del Comune di Roma, alcuni
parlamentari hanno presentato un emendamento alla Finanziaria con
l’obiettivo di adottare una norma che blocchi, per almeno un anno, tutte le
vendite all’asta delle aziende; contemporaneamente, dovranno essere
recuperate le risorse sufficienti a coprire il pagamento degli interessi
legali alle banche per un anno, ovvero per tutto il periodo durante il quale
verranno bloccate le vendite all’asta.
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