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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
38
 12 - 18 Ott.

  2007
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Fiera Cremona 2007

In stallo la soluzione del problema nitrati

Si attendono le decisioni di Bruxelles.
La speranza degli allevatori italiani è che la Commissione europea chiuda la procedura di infrazione e si passi così all’individuazione di adeguate soluzioni tecniche e specifiche misure di accompagnamento per far fronte all’allargamento delle zone vulnerabili.


Nelle prossime settimane, probabilmente a fine anno, l’Italia conoscerà il verdetto della Commissione europea sulla procedura di infrazione relativa all’applicazione della direttiva nitrati.
L’Unione Europea, con specifica comunicazione d’infrazione inviata nell’aprile 2006 (n. 2006/2013, che fa seguito a una precedente sentenza della Corte di giustizia europea dell’8-11-2001), ha chiesto all’Italia di ampliare le «zone vulnerabili da nitrati di origine agricola», nonché di adottare programmi d’azione ulteriormente vincolanti per gli agricoltori.
Problema, peraltro, che non riguarda solo l’Italia. Difatti, a oggi, in relazione all’applicazione della direttiva nitrati la Commissione europea ha avviato procedimenti di infrazione nei confronti di 7 Stati membri, intentati prevalentemente per mancata designazione delle zone vulnerabili ai nitrati e per inadempimento dei programmi di azione.
Le regioni italiane maggiormente interessate alla procedura di infrazione (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana) hanno proceduto ad ampliare le aree vulnerabili e a riformulare i programmi di azione, quindi li hanno inviati a Bruxelles nella scorsa primavera.
Per quanto riguarda l’individuazione delle aree vulnerabili, la trattativa con la Commissione è stata lunga ed estenuante, soprattutto in relazione alla richiesta di designare tutto il bacino della pianura padana.
Su questo aspetto le Regioni padane, supportate dai dati forniti dalle autorità competenti, hanno comunque ribadito la loro decisione di attestarsi sul 60% della sau; questo è il motivo per cui la Commissione, allungando i tempi decisionali, ha richiesto alle Regioni di inviare ulteriore documentazione tecnica, con particolare riferimento ai dati di monitoraggio delle acque.

Decisioni in bilico
In relazione al quadro descritto non è ancora chiaro quali decisioni adotterà la Commissione: se procederà cioè alla chiusura della procedura di infrazione, con valutazione positiva delle osservazioni fornite dalle Regioni italiane, o se chiederà l’apertura di una seconda fase di indagine. L’auspicio è che si possa chiudere il caso, in fretta e positivamente per l’Italia, per due motivi sostanziali:
- il trascorrere del tempo sta agendo come narcotizzante sul problema esplosivo della gestione degli effluenti zootecnici, con la conseguenza che le aziende agricole rischiano di essere abbandonate a se stesse (ad esempio, da quest’anno nei criteri di condizionalità è previsto il controllo dell’attuazione del dm 7-4-2006, che riguarda proprio l’utilizzazione agronomica degli effluenti e la loro gestione nelle aree vulnerabili);
- occorre partire da un punto fermo per costruire tutte quelle azioni dirette a migliorare gli aspetti applicativi della direttiva.
Sul primo aspetto occorre individuare adeguate soluzioni tecniche e specifiche misure di accompagnamento, volte ad attenuare l’impatto negativo dell’allargamento delle zone vulnerabili, nonché sostenere, in via generale, l’applicazione della direttiva nitrati nel settore agricolo, visto che alcune disposizioni si applicano in tutto il territorio nazionale.

Problemi irrisolti
A oggi, al contrario, le uniche certezze per gli agricoltori sono i problemi che si stanno mano a mano manifestando, tra cui:
- poca disponibilità di terreni per lo spandimento degli effluenti zootecnici;
- interpretazioni restrittive della normativa europea e nazionale non solo a livello regionale, ma anche comunale;
- tempi lunghi per la realizzazione di impianti aziendali e consortili in grado di smaltire l’azoto in eccesso;
- scarse risorse finanziarie a disposizione del comparto (oltre ai fondi dei Psr occorrerebbero anche finanziamenti nazionali, con particolare riferimento ai fondi strutturali);
- elevati costi per la gestione tecnica e amministrativa degli effluenti zootecnici;
- scarse indicazioni da parte delle amministrazioni competenti sulle modalità di attuazione dei vari adempimenti (piani di utilizzazione agronomica, trasporto, ecc.);
- ritardi incomprensibili nella soluzione dei problemi legati allo sviluppo della filiera energetica da biomasse, sia in relazione alla revisione dei certificati verdi, sia in relazione al superamento delle interpretazioni restrittive sulla classificazione degli effluenti zootecnici destinati a tale trasformazione (vedi il caso della pollina utilizzata per gli impianti di combustione e gassificazione).
In relazione alla complessità dei problemi e alla necessità di salvaguardare il patrimonio zootecnico italiano, probabilmente la situazione di stallo attuale potrà essere superata solo attraverso l’adozione di strategie di alto profilo, che prevedano anche risorse economiche dedicate.
I segnali in questa direzione non sono purtroppo positivi, visto che anche nella Finanziaria 2008 non si fa cenno a interventi nel settore, anche se va segnalata l’iniziativa parlamentare (disegno di legge n. 2879) finalizzata all’adozione di un Piano nazionale per la riduzione dei carichi azotati.
In relazione al secondo aspetto, cioè la necessità di partire da un punto fermo, valga l’esempio delle deroghe sul superamento dei limiti di spandimento di 170 kg/ha di azoto nelle zone vulnerabili, già concesse a diversi Stati europei che hanno proceduto da molto tempo all’attuazione della direttiva nitrati.
Dall’esperienza scaturita negli altri Paesi europei si evince che solo dopo aver dato applicazione ai contenuti della direttiva, la Commissione è disponibile alla valutazione di soluzioni specifiche per alcune aree territoriali.
Per tale motivo è indispensabile che si chiuda la procedura di infrazione, attivando al più presto il procedimento di deroga al limite di 170 kg/ha di azoto spandibile per le aree vulnerabili della pianura padana, con riferimento alla presenza di colture ad alto assorbimento di azoto, come il mais.

 

Sommario rivista

Donato Rotundo



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