POLITICA
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Zucchero: parte la riforma della riforma |
Nuove modifiche all’ocm di settore.
A distanza di due anni dal varo della nuova ocm l’Ue corre ai ripari per
cercare di migliorare i risultati fin qui ottenuti, largamente inferiori
alle attese. All’Italia serve un patto tra bieticoltori e industria per dare
un futuro a ciò che resta del settore nel nostro Paese.
A fine settembre il Consiglio agricolo dell’Ue ha licenziato la cosiddetta
«riforma della riforma» dell’organizzazione comune di mercato per il settore
dello zucchero.
Lo ha fatto riprendendo in larga misura la nota proposta della Commissione,
integrata da correttivi sollecitati dagli Stati membri, tra i quali l’Italia
si è distinta per efficacia diplomatica.
La necessità di intervenire sulla normativa avviata appena due anni fa era
parsa chiara dopo i primi risultati del Fondo di ristrutturazione. Tale
Fondo, che aveva costituito la vera novità della riforma, ha infatti
conseguito nel primo biennio risultati largamente inferiori alle attese. In
luogo di un calo di 6 milioni di tonnellate, la retrocessione di quote da
parte delle imprese saccarifere al Fondo ha raggiunto appena 1,8 milioni di
tonnellate.
Gli operatori sono rimasti cioè alla finestra (non tutti: quelli italiani
sono stati per così dire i più solerti, contribuendo da soli per 803.000 t)
in attesa di saperne di più su entità e forma degli interventi sulle quote
da qui al 2010, data fatidica in cui l’Ue valuterà gli squilibri del mercato
e deciderà se applicare (ma la cosa è certa) un taglio definitivo e non
compensato alle quote stesse.
Le novità
In questo contesto è maturata la decisione dell’Esecutivo comunitario di
intervenire con fermezza e lucido cinismo, adottando strumenti
tecnico-normativi di forte e rapido impatto, per evitare tagli troppo
drastici nel 2010.
- Il primo degli strumenti utilizzati elimina l’incertezza per le imprese
saccarifere sull’ammontare dell’aiuto alla ristrutturazione da incassare:
d’ora in avanti solo il 10%, pari a 62,5 euro/t di zucchero (circa 8 euro in
equivalente tonnellata bietole), verrà dirottato ai bieticoltori (e ai
contoterzisti) e gli Stati membri non potranno più ritoccare al rialzo
quella che nel precedente ordinamento era solo una soglia minima.
- Il secondo meccanismo introduce un aiuto addizionale dedicato ai soli
produttori, il cui importo è pari a 237,5 euro/t di zucchero retrocesso al
Fondo di ristrutturazione (circa 31 euro in equivalente tonnellata bietole).
Tale importo sarà corrisposto per le dismissioni del 2008 e,
retroattivamente, per quelle del 2006 e 2007.
- Il terzo meccanismo dà ai produttori la facoltà di cedere i propri diritti
di produzione bietole fino a un massimo del 10% della quota zucchero
assegnata alla fabbrica cui hanno conferito il prodotto. Le domande di
cessione, individuali per ciascun produttore, saranno accettate in base alla
norma del «prima arrivato, prima servito».
• Il quarto meccanismo consente ai Paesi già rinunciatari al 60% della
propria quota di essere esclusi dai provvedimenti restrittivi futuri sulle
quote stesse, come i ritiri annuali che potrebbero essere applicati nel 2008
e nel 2009, nonché il taglio finale non compensato del 2010. Taglio che si
abbatterà come una mannaia su tutti coloro che non avranno proceduto per
tempo a fare la loro parte nella cessione, potremo dire volontaria e
incentivata, della quota.
Posto il quadro generale, numerose altre sono le particolarità delle
decisioni adottate. Vale la pena soffermarsi su alcune di esse, anche per il
potenziale rilievo che potranno avere sullo scenario nazionale, partendo
dalla vera novità di questa riforma bis: la facoltà data ai produttori di
cedere i propri diritti di consegna, trasformandoli poi in quota zucchero da
sottrarre all’impresa e da conferire al Fondo di ristrutturazione.
Con tale meccanismo l’Ue fa scaltramente leva sui produttori e li porta ad
agire di propria iniziativa, con ciò puntando a togliere di mezzo, anche
contro la volontà delle imprese, circa 2,2 milioni di tonnellate.
Visto dalla parte dei produttori si tratta della concessione di un potere di
iniziativa reso ancora più allettante dalla rilevante entità dell’aiuto
introdotto per loro. Ma si tratta in parte di un’illusione: la norma dà
infatti facoltà alle imprese saccarifere di subentrare alle domande dei
produttori e di sostituirsi a essi, a patto di cedere più quota di quanto
fatto dai produttori. A questo punto è intuibile che le imprese coglieranno
questa possibilità per gestire la retrocessione sul territorio. Insomma,
tutti perdenti, tranne il banco.
I riflessi italiani
Altro commento spendibile riguarda l’Italia, che porta a casa da Bruxelles
alcune cose importanti.
Innanzitutto la retroattività dell’aiuto addizionale che mette nelle tasche
dei bieticoltori italiani colpiti dalle retrocessioni dell’industria nel
biennio scorso circa 191 milioni di euro.
In secondo luogo la possibilità di essere esclusa dai provvedimenti
restrittivi sulle quote, sempreché abbia complessivamente ceduto al Fondo di
ristrutturazione il 60% della quota nazionale. Condizione questa che sarà
raggiunta con la più volte annunciata – e difficilmente opponibile – volontà
della Sfir di chiudere l’unica fabbrica rimastale – quella di Pontelagoscuro
(Ferrara) – al termine della campagna 2007, cedendo per intero la quota di
130.000 t di zucchero di cui oggi dispone.
Da ultimo, se lo si riterrà opportuno e sempreché si raggiunga un accordo
interprofessionale in merito, l’Italia potrà concentrare nella sola cessione
della quota Sfir l’insieme delle quote cedibili per iniziativa dei
produttori su tutte le restanti fabbriche. Il che comporta il vantaggio di
evitare al sistema Paese di perdere ulteriore quota oltre alle 803.000 t del
biennio e alle 130.000 t di Sfir del 2008, con il rischio di mettere ancora
più in forse la sopravvivenza della filiera in alcuni degli areali rimasti
attivi, nonostante una forte presenza di produttori vogliosi di mantenere la
bietola tra le colture opzionabili.
Si tratta di aspetti comunque complessi e ancora difficili da decifrare,
visto che i regolamenti attuativi saranno pronti a fine ottobre: la prudenza
è dunque d’obbligo. Sulla materia si sta comunque discutendo in sede
interprofessionale relativamente all’indirizzo da assumere in tempi brevi.
Concludendo, la «riforma della riforma» avrà certamente effetti importanti e
criticità diffuse in termini attuativi in tutta Europa, con abbandoni di
quota nel 2008 del 13,5% in quasi tutti gli Stati membri.
L’Italia rimane in una sorta di cono d’ombra e defilata rispetto al
movimento generalizzato europeo: perderà il 17% di quota per la decisione di
Sfir di abbandonare l’attività, ma dovrebbe poter scansare, anche grazie a
questo abbandono, l’applicazione dei meccanismi restrittivi ideati in questa
fase 2 della riforma.
Il tema è strettamente connesso all’impegno di entrambe le parti, bieticola
e industriale, di mantenere l’attività e di difendere quel che resta del
settore dopo la riforma, cercando di razionalizzarlo e di farlo proseguire
lungo la strada della competitività nei prossimi tre anni che ci separano
dalla verifica del 2010; appuntamento al quale sarà necessario presentarsi
con forze integre per affrontare, con la fine della fase transitoria della
normativa, l’abbandono delle protezioni di mercato per lo zucchero europeo e
del regime degli aituti accoppiati per la bietola.
Sommario rivista |
Carlo Biasco
Direttore generale
Associazione nazionale bieticoltori |
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