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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
36
 28 Sett.- 4 Ott.

  2007
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Attualità POLITICA

Consultazione anti ogm «demagogica e pericolosa»

Intervista al direttore di Assobiotec.
Leonardo Vingiani giudica la consultazione per mettere al bando il biotech in Italia totalmente priva di attendibilità ed espressione di un nefasto neocorporativismo.



Non usa mezzi termini Leonardo Vingiani, direttore di Assobiotec (l’Associazione delle imprese biotecnologiche che fa parte di Federchimica), riguardo alla consultazione popolare contro l’introduzione di ogm in agricoltura e nell’alimentazione in svolgimento in questi giorni in Italia, che andrà avanti fino al 15 novembre. «È semplicemente una carnevalata – sottolinea Vingiani – che purtroppo, però, sta condizionando pesantemente il giudizio libero dei consumatori italiani».

I promotori della consultazione sperano di arrivare il 15 novembre a 3 milioni di firme con una dimostrazione forte del dissenso degli italiani nei confronti degli ogm. Intanto bisogna sottolineare come porre quesiti di questo genere su tematiche così complesse e che richiedono una forte competenza da parte di chi deve rispondere, non solo sia altamente demagogico, ma sia anche alquanto pericoloso. Poi, ci tengo a precisarlo, non si tratta di una consultazione referendaria. La legge italiana, come quella dell’Unione Europea, d’altro canto, impedisce la realizzazione di referendum su tematiche che rispondono a normative internazionali. Si tratta, quindi, semplicemente di una massiccia campagna pubblicitaria e di politiche di tipo neocorporativistico e neoprotezionistico.
Ci spieghi meglio.
Mi sembra evidente che dietro questa operazione pubblicitaria si nascondono dei colossi capaci di investire risorse enormi per avere visibilità su tutti i maggiori media nazionali. Mi fa ridere quando sento dire che ci sarebbero dei Golia, noi delle multinazionali, e dei Davide, rappresentati dalle piccole imprese che subiscono l’influenza delle lobby del biotech. Si tratta invece dell’esatto contrario e basta vedere che risorse sono state investite per questa campagna pubblicitaria colossale.
Una campagna, quindi, realizzata da chi?
Prima di tutto dalla Coop, il maggiore gruppo distributivo italiano che sulla campagna anti ogm ha investito un mare di denaro. È evidente l’interesse di Coop a promuovere i prodotti a proprio marchio «cavalcando» strumentalmente la protesta anti ogm. E questo invece di andare a far verificare in maniera seria e approfondita le proprie produzioni «tradizionali» e «biologiche». Poi vi è l’altro pilastro portante di questa operazione mediatica, impegnata sul versante politico: la Coldiretti. Grazie alla sua forte influenza sui media è riuscita a creare un clima di diffidenza e ostilità proprio nei confronti di coloro che invece dovrebbe proteggere: gli agricoltori.
Si tratta di affermazioni pesanti.
È semplicemente la verità e questo è evidente a tutti, anche a molti consumatori italiani.
Che però continuano a dirsi preoccupati e ostili nei confronti degli ogm.
Ma anche questi dati sono stati ben manipolati da questo potente gruppo economico e politico. Secondo i dati dell’Eurobarometro del maggio 2006, infatti, alla domanda «Siete favorevoli agli ogm?» il 37% degli italiani ha risposto con un «Non so, non rispondo» e questo perché evidentemente, è molto difficile avere una opinione su qualcosa che non si conosce. Alla fine, però, è emerso che del rimanente 63% che aveva dato una risposta, la maggioranza era contraria agli ogm. Ma si trattava comunque di percentuali ben diverse da quelle comunicate. Quindi, pur rimanendo consultazioni che non hanno alcun tipo di attendibilità, appare allucinante che si cerchi addirittura di manipolarle.
Quindi voi cosa chiedete?
Che i consumatori italiani possano scegliere in libertà attraverso un’etichettatura chiara e trasparente e che gli agricoltori possano fare altrettanto scegliendo, se lo ritengono interessanti, varietà ufficialmente riconosciute e autorizzate. E a questo proposito vorrei sottolineare che le varietà oggi riconosciute a livello internazionale hanno dovuto passare un iter di controlli e verifiche che non ha eguali per alcun’altra tipologia di prodotto al mondo. Al punto che lo stesso ex commissario alla ricerca europea Philippe Busquin, nell’allora Commissione Prodi, aveva stanziato ben 70 milioni di euro per avviare 400 ricerche sui prodotti ogm. Alla fine i risultati lo portarono a sentenziare la loro assoluta innocuità e, addirittura, ad affermare che tali prodotti presentano maggiori garanzie anche rispetto a quelli tradizionali. Non a caso proprio recentemente una ricerca de L’Espresso e di Altroconsumo avrebbe evidenziato dati alquanto preoccupanti per le produzioni biologiche italiane (vedi anche L’Informatore Agrario n. 32/2007, pag. 11; n.d.r.).
Cosa pensate succederà se entro il 15 novembre vi sarà una inondazione di voti contro gli ogm? Ribadisco intanto che si tratta di una carnevalata e la stessa raccolta di firme avviene senza alcun criterio di garanzia sulla loro veridicità. Non si raccolgono né in comune né in presenza di notai, quindi non sono verificabili. Si tratta solo di un atto di terrorismo contro la libertà dei consumatori e degli agricoltori. E a proposito di quest’ultimi mi dispiace molto che la Coldiretti si presti a un’operazione di questo genere. Si tratta, infatti, di una politica neoprotezionistica.
Loro dicono che è un modo per proteggere la tipicità dell’agroalimentare italiano.
Ma non si può difendere la tipicità italiana negandoci la sfida dell’innovazione. E per migliorare le produzioni tipiche italiane noi siamo convinti che un contributo può venire anche (e non solo) dalle nuove tecnologie del biotech. Negarle con una pregiudiziale di questo genere non solo è grave, ma è altamente pericoloso per la competitività futura del nostro sistema agroalimentare. Difficile, quindi, prevedere cosa potrà succedere per il biotech in Italia.
Io penso che questa campagna mediatica che semina odio attorno al tema delle biotecnologie sia pericolosa per tutti. Mi auguro però che tra un po’ riemerga il buon senso e si possa ritornare a parlare di opportunità senza demagogia e pregiudizi ideologici. Quando infatti le campagne mediatiche diminuiscono, i consumatori italiani esprimono pareri ben diversi in quanto sono meno condizionati. Aspettiamo con serenità quel momento per ritornare a parlare di dati veri, di scienza, di economia, di libertà.

 

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Fabio Piccoli


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